▼▼ Rapine a raffica nelle banche bresciane: quattro persone arrestate

In manette due malviventi provenienti da Palermo e una coppia bresciana che forniva supporto logistico

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Rapina in banca, foto da Carabinieri

Questa mattina i Carabinieri della Compagnia di Gardone Val Trompia hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre uomini ed una donna ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di rapine e tentate rapine aggravate ai danni di istituti di credito, sequestro di persona e ricettazione avvenuti in provincia di Brescia.

Due pregiudicati, in trasferta da Palermo, trovando il supporto ed il sostegno logistico da parte di una coppia di residenti nella provincia di Brescia incaricati di fungere da autisti e “vivandieri”, si erano organizzati per colpire alcuni istituti bancari dell’area. 

Le rapine

Le indagini, coordinate dal Dottor Alessio Bernardi, Sostituto Procuratore della Procura di Brescia, erano state avviate a seguito di alcune rapine avvenute nel territorio della provincia tra agosto e novembre 2023. In questo periodo erano state colpite le filiali Unicredit e Cassa Padana di Sarezzo (9 agosto e 8 settembre), quelle della Banca di Credito Cooperativo di Nave (22 settembre) e Concesio (18 ottobre), quest’ultima solo tentata poiché i dipendenti, insospettiti, non consentivano l’accesso ai rapinatori.

Infine il 3 novembre il gruppo aveva deciso di colpire la filiale della Banca di Credito Cooperativo di Gardone. I due rapinatori, minacciando gli impiegati con un taglierino, riuscivano ad asportare circa 120.000 euro presenti all’interno della cassaforte. Terminata la rapina, i due uomini salivano a bordo di un’autovettura condotta da una donna complice, con la quale si allontanavano. Tuttavia poco dopo l’attivazione dell’allarme, le pattuglie dei Carabinieri intervenute riuscivano ad arrestare i tre rapinatori, i quali avevano con sé ancora il denaro trafugato e indossavano gli abiti utilizzati per la rapina.

Le indagini

L’identificazione di tutti i componenti del sodalizio è stata possibile grazie alla visione delle numerose immagini di videosorveglianza delle banche colpite e di altri esercizi commerciali dell’area. Infatti i militari, visionando i filmati di un tentato furto ai danni di una tabaccheria, hanno riscontrato la somiglianza con la coppia di rapinatori responsabile delle rapine nell’area. I successivi servizi di osservazione e pedinamento hanno consentito ai Carabinieri di individuare l’abitazione utilizzata dal sodalizio quale base logistica, monitorando poi gli spostamenti dei rapinatori durante i vari sopralluoghi eseguiti, nonché il supporto fornito dalla coppia bresciana. Infine l’analisi dei telefoni sequestrati dopo gli arresti del 3 novembre, ha fornito importanti riscontri sia in merito ai ruoli assunti dai vari componenti del gruppo, sia in merito ai sopralluoghi effettuati dai rei: all’interno dei dispositivi sono state infatti ritrovate numerose ricerche di istituti di credito – tra cui alcune banche colpite – tramite l’applicazione Google Maps, chat e audio relativi ai colpi eseguiti.

I Carabinieri nel corso delle indagini hanno appurato che il gruppo criminale adottava sempre lo stesso modus operandi, ormai consolidato ed efficace. Nei giorni precedenti alle rapine venivano effettuati alcuni sopralluoghi in tutta la provincia per individuare gli obiettivi da aggredire e verificare le possibili vie di fuga. La banda eseguiva quindi i colpi poco prima degli orari di chiusura, in modo da evitare la presenza di clienti che avrebbero potuto intralciare le operazioni. Giunti sul posto con un veicolo rubato poco prima in comuni limitrofi, un primo uomo, vestito elegantemente, entrava all’interno dell’istituto di credito con il pretesto di eseguire un’operazione bancaria. Poco dopo un complice, travisato con occhiali da sole e berretto si presentava all’ingresso e a quel punto il primo rapinatore obbligava l’impiegato presente, minacciandolo spesso con un taglierino, ad aprire il bussolotto di accesso. Una volta all’interno, entrambi immobilizzavano i dipendenti, facendosi consegnare i cellulari per evitare che potessero dare l’allarme e costringendoli a rivelare l’ubicazione delle casseforti con i relativi codici di apertura. Asportato il denaro, i due rapinatori rinchiudevano i dipendenti all’interno di un ufficio, fuggendo dapprima a bordo dell’autovettura rubata e successivamente, dopo averla abbandonata, venivano prelevati da un terzo complice a bordo di un veicolo “pulito” con cui ritornare presso l’abitazione.

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