▼ Il Pil bresciano vale 45,5 miliardi, ma è fermo rispetto al 2022

Nell’ambito della sola industria in senso stretto, come sopra accennato, le stime per il 2023 indicherebbero una contrazione del valore aggiunto in provincia di Brescia (-2,9% sul 2022), a fronte del -1,9% in Lombardia e del -2,0% in Italia.

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Immagine da Canva

Secondo le prime e ancora provvisorie stime, nel 2023 il valore aggiunto complessivo a Brescia (espresso a valori costanti) ha evidenziato una dinamica stagnante, sperimentando una crescita dello 0,1% sul 2022 e attestandosi a 45,5 miliardi di euro.

A evidenziarlo è un focus realizzato dal Centro Studi di Confindustria Brescia e contenuto nella 18esima edizione del Booklet Economia, disponibile in formato digitale e contenente informazioni su tutti i principali indicatori economici bresciani aggiornati al 24 gennaio, tra cui una specifica sezione sul valore aggiunto della provincia.

La ricchezza prodotta ha quindi registrato una significativa frenata rispetto al +2,1% che aveva caratterizzato l’anno precedente. La deludente performance bresciana, non rilevata a livello lombardo (+1,0%) e nazionale (+0,7%) sconterebbe una serie di fattori, in particolare la debolezza del settore industriale locale, alle prese con la frenata del commercio internazionale e con la recessione in Germania, principali mercato di sbocco per la manifattura bresciana.

“La dinamica stagnante del PIL nella nostra provincia è in linea con quelle che sono le nostre sensazioni sul momento vissuto dal Made in Brescia, anche se, cercando di essere ottimisti, possiamo comunque registrare di essere tornati dopo 15 anni, sul piano del valore aggiunto, ai livelli prima della grande recessione – commenta Franco Gussalli Beretta, presidente di Confindustria Brescia –. Nonostante ciò, l’Italia resta generalmente in una posizione di ritardo dei confronti delle principali nazioni europee di riferimento, su tutte Germania e Francia. In tale contesto, inoltre, la nostra provincia segna flessioni maggiori rispetto alle medie nazionali e regionali. Anche in questo caso, tuttavia, serve guardare il lato positivo: Brescia si conferma infatti come un territorio a forte vocazione industriale, in cui la quota di ricchezza proveniente dal manifatturiero, pur essendo strutturalmente sotto il 50% – in linea con il processo di terziarizzazione dell’economia in atto da alcuni decenni –, rimane ampiamente sopra la media lombarda e italiana: un elemento che certifica la natura del Made in Brescia e le sue peculiarità, da proteggere e valorizzare.”

La dinamica complessiva evidenziata l’anno scorso sarebbe la sintesi di andamenti particolarmente diversificati tra i vari settori, in cui spiccano le crescite particolarmente sostenute per l’agricoltura (+3,6%) e per i servizi (+2,1%), a fronte di una flessione per l’industria in senso stretto (-2,9%) e per le costruzioni (-3,7%). In tale contesto, va poi rilevato che il valore aggiunto generato dal sistema economico locale si è attestato, nel suo insieme, su livelli ampiamenti superiori alla situazione pre-Covid (+2,1%); tutto questo grazie, in particolare, al settore delle costruzioni (+29,2%) – che ha evidentemente beneficiato delle misure agevolative emanate dal Governo – e per i servizi (+4,6%), comparto che ha goduto della ripresa del turismo, dopo le limitazioni negli anni precedenti.

Nell’ambito della sola industria in senso stretto, come sopra accennato, le stime per il 2023 indicherebbero una contrazione del valore aggiunto in provincia di Brescia (-2,9% sul 2022), a fronte del -1,9% in Lombardia e del -2,0% in Italia. La nostra provincia avrebbe maggiormente risentito delle problematiche prima citate, a causa di un modello economico (primariamente orientato ai mercati esteri, specialmente verso quello tedesco) che nel 2023 sarebbe risultato particolarmente penalizzante.

Brescia si conferma comunque un territorio a forte vocazione industriale: anche nel 2023 la quota di valore aggiunto originato dal settore secondario, pari al 33,2%, si è attestata ampiamente al di sopra di quanto rilevato in Lombardia (23,8%) e in Italia (21,2%).

 

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