(a.t.) Primo momento difficile per la maggioranza che governa Palazzo Loggia e sostiene Laura Castelletti. Come noto, sulla mozione con la definizione di antisemitismo il centrosinistra non è riuscito a trovare la quadra e al dunque il testo è passato con la contrarietà (tra uscite, no e astensioni) di ben sette consiglieri della maggioranza.
La conseguenza sono state aspre polemiche, con l’ala sinistra della coalizione che ha accusato pubblicamente Pd e Azione di tradimento per aver agito in accordo con il centrodestra, una presa di posizione arrivata pochi minuti dopo che la sinistra extraconsiliare e l’associazione Italia-Palestina (già protagonista e oggetto di numerose critiche) irrompesse nel consiglio costringendo il presidente Rossini a interrompere la seduta. Inoltre si segnala la dura uscita del capogruppo di Brescia Capitale Arshad Mehmood, che ha commentato: “Se si prosegue così valuterò se lasciare il centrosinistra”. Problemi a cui si aggiunge il fatto che anche da sinistra – fronte decisivo per l’indicazione di Castelletti come candidata alle ultime elezioni – qualcuno ha lamentato come il sindaco non abbia preso posizione chiara sulla questione politica (anche se di fatto la civica che porta il nome della Castelletti ha scelto in maniera compatta l’astensione).
In questo quadro, con accuse reciproche pubbliche e “private”, l’unica certezza è stata l’assenza di regia, con l’incapacità dei leader dell’alleanza di trovare una sintesi prima di arrivare allo scontro in aula.
Ma a quanto accaduto si aggiungono i mal di pancia crescenti nel Pd (per una volta compatto al momento del voto). Nessuno si esprime pubblicamente, ma nel partito più d’uno imputa al sindaco di non coinvolgere abbastanza i dem nelle decisioni, rivolgendosi troppo spesso alla cerchia dei più fidi (nei corridoi qualcuno lo chiama già “cerchio magico”). Altri – come riferisce il Giornale di Brescia – si spingono ben oltre, invocando addirittura un rimpasto di giunta con l’uscita dalla maggioranza di Michela Tiboni e, magari, di Marco Fenaroli. E il nome principale per il possibile ingresso nell’esecutivo – riporta sempre il Gdb – sarebbe ancora quello di Roberto Cammarata, escluso al primo giro di nomine con grande sorpresa di molti.
Che la richiesta sia sul tavolo o meno, appare difficile che il sindaco voglia e possa soddisfarla (almeno prima di un paio d’anni), scoperchiando il vaso di Pandora. Ma le questioni aperte – rapporto tra sindaco e dem, rapporto tra dem/azione e sinistra, rapporto tra le varie anime interne del Pd – sono diverse e urgono rimedi (con lavoro di colla, ma buona…) prima che una piccola crepa rischi di trasformarsi nel tempo in qualcosa di più grande.