Veglia delle palme, ecco il discorso del vescovo

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     È stato fortunato Zaccheo! Tutto sembrava contro di lui. Il vangelo dice: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco vada in paradiso” E lui, Zaccheo, era ricco. San Paolo scrive: “Il salario del peccato è la morte”; e lui, Zaccheo, era un peccatore. Il mestiere più odioso era, per gli Ebrei, quello dei pubblicani, che riscuotevano le tasse a favore dell’impero di Roma; e Zaccheo era un pubblicano, anzi un capo dei pubblicani. Insomma, aveva tutte le carte sbagliate. E invece finisce che lui, Zaccheo, vince la partita. “Oggi per questa casa è venuta la salvezza – dice Gesù – perché anch’egli è figlio di Abramo.” Cos’è successo? Semplicemente un incontro. Ci sono incontri che cambiano una vita; a Zaccheo è capitato così. Gesù deve andare a Gerusalemme e passa da Gerico, la città delle palme; e Zaccheo vuole vedere Gesù. È piccolo di statura; sale allora su un sicomoro e s’istalla tra i rami che si protendono sulla strada. Gesù deve passare di lì e Zaccheo lo aspetta.

    L’insoddisfazione, il desiderio sono la scintilla. Se Zaccheo fosse stato soddisfatto della sua vita o se fosse stato rassegnato alla mediocrità, non si sarebbe mosso. Sarebbe rimasto a casa sua, curando i suoi affari, sicuro nelle sue abitudini; i giorni sarebbero venuti uno dopo l’altro, tutti uguali, tutti ugualmente banali. Il desiderio stravolge tutto: Zaccheo s’arrampica su un sicomoro e la sua vita ha uno scarto brusco. Gesù lo vede: “Zaccheo – gli dice – scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua.” Devo fermarmi. Strano! Gesù non conosce Zaccheo e l’incontro era imprevisto; perché deve fermarsi? In questo incontro che sembra casuale si realizza un progetto pensato e voluto. Gesù deve salire a Gerusalemme dove sarà arrestato, condannato, deriso, umiliato, crocifisso. Conoscerà l’inganno, il tradimento, l’abbandono degli amici. Questa è la strada di Gesù. Eppure, lungo questa strada è necessaria una sosta. Perché?

    Forse Zaccheo merita un trattamento di favore? Ha fatto qualcosa di buono e Gesù vuole ricompensarlo? Al contrario. Gesù spiega che “il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e salvare quello che era perduto.” Gesù deve fermarsi a casa di Zaccheo non perché Zaccheo è santo, ma perché è perduto; la sosta di Gesù non è un premio alla bontà di Zaccheo, ma un rimedio alla sua malattia. Zaccheo sta percorrendo un sentiero pericoloso e rischia di rompersi l’osso del collo. L’avidità di denaro gli ha rubato l’anima e, poco alla volta, gli rosicchia via la vita. È come la pecora che si è smarrita e rischia di perdersi. Prima che questo accada, Dio – che ama tutte le sue creature e non disprezza e non dimentica nulla di quanto ha creato – Dio, dunque, lancia il suo amo per afferrare Zaccheo e strapparlo fuori dalla sua condizione disperata; questo amo è Gesù.

    “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. Oggi! È l’ora; non sonnicchiare, non ciondolare! Quello che sei stato, il bene che hai fatto, il male che hai subito, gli incontri che ti hanno arricchito, le conoscenza che hai acquistato… tutto deve aiutarti oggi a diventare te stesso, anzi a superare te stesso diventando più autentico, più umano, più buono. La speranza che ti scalda il cuore, i sogni, le attese, i progetti per domani hanno un senso solo se danno forma al presente. Oggi si decide quello che sei, quello che vuoi divenire. Andrea e Simone, Giacomo e Giovanni erano pescatori quando incontrarono Gesù; hanno abbandonato tutto per seguirlo e sono diventati pescatori di uomini. Anche Zaccheo si sente chiamare: “Scendi subito!” Non aspettare domani; il momento decisivo è adesso. Il carpe diem di Orazio (“Afferra l’attimo che fugge!”) può essere il programma del superficiale, che si lascia sedurre da ogni cosa attraente che gli passa vicino e si ferma a bere a ogni fontana. Non andrà lontano. Ma il carpe diem può essere anche il programma della persona determinata, che non sciupa il momento presente ma lo rende prezioso con l’attenzione, la decisione, la responsabilità, l’amore.

    Zaccheo accoglie Gesù con gioia: chissà, forse intravede il futuro della sua vita; la sogna riempita di valore, di significato; non più banale e inutile; libera dall’egoismo e dall’avidità; disponibile al dono di sé. Si sente conosciuto e accolto, forse addirittura perdonato. Di tutti i bisogni dell’uomo, questo è forse il più tenace: il bisogno di essere importanti per qualcuno; di sapere che qualcuno è contento che noi siamo al mondo; il desiderio di trasmettere consolazione, di essere un balsamo per le ferite aperte.

    Zaccheo si illuderebbe alla grande se pensasse che l’incontro con Gesù gli renderà più facile la vita. E’ vero il contrario: gliela renderà più faticosa, più impegnativa, ma più bella. Gesù sta andando incontro alla croce; come pensare che seguirlo sia facile? Gesù non introduce i suoi amici in mondi fantastici e irreali. Li introduce nel mondo degli uomini così com’è, con la sua durezza e le sue contraddizioni; ma con una speranza. Nessuna facilitazione; invece una assunzione seria di responsabilità verso la vita e verso gli altri, verso Dio stesso.

    “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto.” Mettetevi nei panni di chi ha speso tutta la vita per accumulare ricchezze e cercate di capire cosa significhi: “Do la metà dei miei beni ai poveri.” È una liberazione; inizia una vita nuova, con obiettivi nuovi e nuovi parametri di successo. Nella vita di prima, la misura del successo era il denaro posseduto; ora, è il bene creato e donato agli altri. Naturalmente, non parlo solo di soldi e di elemosina; ma di ogni bene: il proprio tempo speso per gli altri, l’attenzione, i sentimenti, le decisioni prese tenendo conto del bisogno degli altri. “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire…” Zaccheo comincia a sentire la bellezza del dono comunicato agli altri. Se nella logica del mondo la povertà è una maledizione e il povero una persona disprezzabile, ora il povero diventa un appello al quale è bello potere rispondere. Zaccheo non cerca di assicurarsi l’applauso della gente; non cerca di essere considerato buono, e nemmeno gli interessa giudicarsi buono da sé. Cerca solo di esprimere la riconoscenza a Dio che, attraverso Gesù, gli ha fatto intravedere il suo amore. Cerca di corrispondere all’amore ricevuto gratuitamente con un amore donato gratuitamente.

    Non basta: Zaccheo compie un gesto eroico; e lo compie sotto l’impressione di un’esperienza intensa come è l’incontro con Gesù. Ottimo. Ma ormai è notte; il sole è tramontato e domani un sole nuovo illuminerà una nuova giornata. Si ricomincerà a vivere: a lavorare, guadagnare, spendere; a sognare, progettare, decidere. Allora si vedrà quanto vale il cambiamento di Zaccheo. Come sarà il ‘giorno dopo’ di Zaccheo: sarà libero? attento? sensibile? generoso? fedele? O tornerà ad essere lo Zaccheo di prima, attaccato ai soldi, insensibile, meschino? Dipende da lui, dalla sua libertà, dal suo modo di apprezzare il dono che gli è stato fatto: l’incontro con Gesù.

    Dunque: fortunato Zaccheo? Sì, ma non solo. In realtà fortunati noi! perché Gesù non è venuto per Zaccheo solo, ma per me, per te, per ciascuno – senza esclusi. Il vangelo non è una cronaca del passato; non dice solo quello che successe anni fa a Gerico. Parla di me e di voi, del presente. È vivo, il vangelo: vivo come Gesù che gli uomini hanno crocifisso, ma che Dio ha risuscitato e ha posto alla sua destra, come vincitore. Quando ascoltiamo il vangelo, siamo posti davanti a Gesù; le sue parole, i suoi gesti s’intrecciano con la nostra vita: quella di ciascuno di noi, di noi tutti insieme. Ciascuno con la sua esperienza propria; tutti insieme a condividere l’unico desiderio: che l’umanità, raccolta dai mille angoli del mondo, sia una cosa sola, radunata dall’amore di Dio, unificata dalla forza dello Spirito santo.

    Posso riconoscermi nel desiderio di Zaccheo: voglio vedere Gesù. In fondo è per questo che sono qui stasera, che ho percorso con voi un tratto di strada pregando e ascoltando e cantando. Abbiamo lasciato da parte, per una sera, altri interessi, altre opportunità. Ci viene offerta un’occasione splendida: Gesù passa per le nostre strade: vederlo, incontrarlo, ascoltarlo… basta che io mi metta nei panni di Zaccheo: che abbia come lui il desiderio di vedere Gesù; che parta da casa mia e salga sul sicomoro per vedere meglio, che accolga con gioia il suo invito e faccia festa a Gesù che viene nella mia casa. La casa è la mia intimità, un frammento di spazio che lo personalizzato con il mio logo. L’ho adattata, la casa, a me stesso: i poster, lo stereo, il computer; il letto, i libri, le foto; il mio diario segreto, i miei sogni, quelli che racconto solo agli amici fedeli, sono lì, nella mia casa. Uno spazio trasformato da me, secondo le mie preferenze; uno spazio nel quale ho deposto tristezze e paure, ho vissuto sofferenze e gioie. In questo spazio Gesù desidera entrare, qui desidera fermarsi. Non viene per ispezionare, ma per condividere: fa suo il mio spazio e mi offre di fare mio il suo.

    Un rapporto di amicizia, insiste a dire il Papa. E mi piacerebbe, certo. Ma posso vivere un’amicizia con chi non vedo? L’amicizia ha bisogno di un volto, di uno sguardo, di una mano da stringere. E allora ti insegno un segreto. Prendi il vangelo e leggilo; impara a memoria le parole di Gesù; immagina i luoghi dove è passato, le persone che ha incontrato; mettiti nei panni di Zaccheo, di Pietro, della Samaritana, del figlio prodigo. Vivi dentro al vangelo; poco alla volta il volto di Gesù ti diventerà familiare e, mistero sorprendente, lo scoprirai nel volto degli altri. In tutti; ma è più facile incominciare dai deboli: poveri, malati, anziani. Non so perché ma questi assomigliano in modo sorprendente a Gesù; basta una parola di affetto, un po’ di tempo speso per loro – e alla fine ci ritroviamo con la gioia nel cuore. Non siamo più ricchi, nessuno ci batte le mani; eppure il cuore canta meglio.

    Insomma: ci sono tutti gli elementi essenziali dell’amicizia. Gesù ci parla nel vangelo e noi gli parliamo nella preghiera – è il dialogo. Gesù ci dona il suo amore, la sua vita nell’eucaristia e noi gli doniamo il nostro amore, la nostra vita facendoci amici degli altri – è la reciprocità. Per di più Gesù ha promesso il dono dello Spirito Santo che è il feeling, quella corrispondenza di sentimenti che rende forte un legame di affetto. Non manca nulla.

    È essenziale, però, la perseveranza: non è difficile leggere un brano di vangelo; difficile è leggerlo tutti i giorni, con attenzione. Non è difficile rivolgere al Signore una preghiera; difficile è mantenere vivo il dialogo con lui ogni giorno. Non è difficile fare qualche gesto di gentilezza e di amore; difficile è fare sì che l’amore diventi uno stile permanente, capace di dare forma a tutti i comportamenti. Ho trovato un consiglio prezioso nel testamento di Pavel Florenskij – un prete ortodosso georgiano, deportato alle isole Solovki poi fucilato presso Leningrado, durante le persecuzioni di Stalin. Scrivendo ai suoi figli, dice: “Occupatevi della vostra opera, cercate di compierla nel migliore dei modi, e tutto ciò che fate, fatelo non per compiacere gli altri, ma per voi stessi, per la vostra anima, cercando di trarre da tutto vantaggio, insegnamento, alimento per l’anima, perché neanche un solo istante della vostra vita vi scorra accanto senza senso e contenuto…

    Abituatevi, educate voi stessi a fare tutto ciò che fate perfettamente, con cura e precisione; che il vostro agire non abbia niente d’impreciso, non fate niente senza provarvi gusto, in modo grossolano. Ricordatevi che nell’approssimazione si può perdere tutta la vita, mentre al contrario, nel compiere con precisione e al ritmo giusto anche le cose e le questioni di minore importanza, si possono scoprire molti aspetti che in seguito potranno essere per voi fonte… di un nuovo atto creativo… non permettete a voi stessi di pensare il maniera grossolana. Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé.”

    Insomma, abbiate fede in Dio e abbiate cura di voi stessi: siate umani e ogni giorno cercate di diventare più umani: più attenti, più intelligenti, più razionali, più responsabili, più giusti, più buoni. Facendo così salverete la vostra anima e renderete più umano il mondo.

     

     

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