A Patrick Zaki non sarà ritirato il premio Brescia per la pace nonostante le dichiarazioni – tutt’altro che pacifiste – rilasciate dopo gli attentati terroristici a Israele. A renderlo noto è stata, nella serata di ieri, la maggioranza di Palazzo Loggia.
Il ricercatore italo-egiziano, come noto, aveva definito il premier israeliano Benjamin Netanyahu un “serial killer” senza peraltro esprimere condanna nei confronti dei terroristi di Hamas. Per questo il centrodestra aveva depositato un’interrogazione, chiedendo la revoca del premio e, successivamente, dell’invito al festival Brescia per la pace. Ma se sulla seconda richiesta il sindaco Laura Castelletti ha dato soddisfazione alle minoranze, sulla prima la linea è stata ben diversa.
La giunta, infatti, ha definito inopportune le prime dichiarazioni di Zaki, ma ha sottolineato come l’egiziano abbia successivamente corretto il tiro, precisando – in una intervista al Corriere -di essere contro tutti i crimini di guerra e di condannare l’uccisione dei civili (“Io non ho nulla a che fare con Hamas! Sono cristiano e sono di sinistra, non sono un integralista islamico. Io sono per la Palestina, non per Hamas. E spero che tutti gli ostaggi siano liberati”).
Una scelta che fa discutere e che ha suscitato le polemiche del centrodestra, protagonista ieri di un duro scontro con la maggioranza anche sulla proposta di istituire una Consulta comunale delle culture e delle religioni. Dopo reciproche accuse di razzismo, il forzista Paolo Fontana ha ritirato la mozione in cambio della proposta di discuterne in commissione. Ma la maggioranza, al voto, si è divisa ed è finita 12 voti a favore contro 12 contrari: proposta non accolta.