Brescia, prorogata la mostra di Zehra Doğan al museo di Santa Giulia

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Zehra Doğan. Avremo anche giorni migliori. Opere dalle carceri turche. foto BsNews.it (Enrica Recalcati)
Zehra Doğan. Avremo anche giorni migliori. Opere dalle carceri turche. foto BsNews.it (Enrica Recalcati)

«Gli occhi dei personaggi che disegno sono più grandi del normale. Sono estremamente aperti e grandi. Perché gli occhi sono testimoni di tutto… Parlare non basta, lo so già. Sono gli occhi dei personaggi che raccontano ogni cosa»

Zehra Doğan

Il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei, diretta da Stefano Karadjov, rispondono all’entusiasmo di pubblico annunciando la proroga a domenica 1 marzo 2020 della prima mostra personale in Italia dell’artista e giornalista curda Zehra Doğan (Diyarbakir, Turchia, 1989) “Avremo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche” nella cornice del Museo di Santa Giulia a Brescia.

Aperta al pubblico dal 16 novembre 2019, la mostra ha riscontrato un grande successo durante il periodo di apertura – che ha coinciso per due settimane con la programmazione del Festival della Pace di Brescia – registrando oltre 10.000 visitatori, con una media giornaliera di 200 presenze, cui si aggiungono le circa 300 persone che hanno partecipato all’inaugurazione serale del 15 novembre 2019. Proseguono anche le attività didattiche, a cura dei Servizi educativi della Fondazione. A conferma del grande interesse suscitato dalla mostra, decine di scuole e gruppi di adulti hanno partecipato alle visite guidate offerte dal museo e numerose famiglie hanno preso parte ai laboratori dedicati.

Inoltre, sabato 23 novembre 2019 Zehra Doğan è stata protagonista di un appuntamento presso il Museo di Santa Giulia, in cui ha realizzato dal vivo in presenza del pubblico il ritratto di Hevrin Khalaf, alla quale l’opera è dedicata. Hevrin Khalaf era la segretaria generale del Partito del Futuro siriano, attivista per i diritti delle donne e in prima linea per il riconoscimento dell’identità del popolo curdo, ed è stata uccisa il 12 ottobre 2019 da alcuni uomini appartenenti alle milizie mercenarie arabe che appoggiano l’offensiva turca. Le pagine del giornale utilizzate come supporto dell’opera sono dei giorni in cui la notizia dell’uccisione è stata diffusa dai media. La performance ha accolto 200 visitatori e l’opera prodotta è stata incorniciata e inserita nel percorso espositivo della mostra, oltre alla realizzazione di un video dedicato al racconto di quella speciale giornata.

“Avremo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche” è un progetto originale curato da Elettra Stamboulis e costituisce la prima mostra di impianto critico curatoriale dedicata all’opera della fondatrice dell’agenzia giornalistica femminista curda “Jinha” e sarà aperta al pubblico da sabato 16 novembre 2019 a domenica 1 marzo 2020.

Dopo il grande successo della performance organizzata lo scorso maggio presso la Tate Modern di Londra, città in cui Zehra Doğan ha scelto provvisoriamente di vivere il proprio esilio, l’artista è ora protagonista a Brescia di una potente esposizione, in occasione della sua partecipazione al Festival della Pace, organizzato dal Comune di Brescia e dalla Provincia di Brescia.

L’arte di questa artista si interseca e intreccia con la vicenda personale e, inevitabilmente, con i drammatici eventi politici della più stringente attualità. La mostra fa luce sulla sua poetica, affrontandone le tematiche e i motivi ricorrenti, evidenziandone la complessità linguistica e mostrando l’ampia gamma di supporti e tecniche utilizzate per produrre opere d’arte: oggetti inconsueti, estremamente fragili, ma di grande potenza espressiva.

Il percorso espositivo concepito da Elettra Stamboulis riunisce circa 60 opere inedite, tra disegni, dipinti e lavori a tecnica mista, che interessano tutto il periodo della detenzione dell’artista nelle carceri di Mardin, Diyarbakir e Tarso, dove Zehra è stata rinchiusa per 2 anni, nove mesi e 22 giorni con l’accusa di propaganda terrorista per aver postato su Twitter un acquarello tratto da una fotografia scattata da un soldato turco.

Questo disegno digitale mostrava la città di Nusaybin distrutta dall’esercito nazionale nel giugno 2016 con le bandiere issate e trionfanti, e i blindati trasformati in scorpioni.

Accanto alle immagini, anche brani del diario scritto durante la prigionia. Si tratta di riflessioni in cui Zehra Doğan più volte fa riferimento ad artisti che nel corso della storia hanno manifestato il proprio dissenso senza pagarne, almeno apparentemente, le conseguenze e a quegli artisti che invece si rifiutano di prendere una posizione.

La mostra dà conto della necessità irrefrenabile di produrre e raccontare non tanto la propria, quanto l’altrui condizione con l’immagine e la parola. Dalla carta di giornale alle stagnole dei pacchetti di sigarette, dagli indumenti di uso comune ai frammenti di tessuto: ne emerge una amplissima gamma di strumenti e materiali, spesso legata alle particolari contingenze entro le quali le opere hanno trovato vita. Qualunque elemento tratto dal quotidiano incorre nella creazione, come il caffè, gli alimenti, il sangue mestruale o i più tradizionali pastelli e inchiostri, quando reperibili.

Una prima sezione della mostra è dedicata alle macchie, forme generatesi dalla casuale sovrapposizione di materiale a un supporto scelto in quel momento come superficie creativa. A partire dalle macchie l’artista delinea un immaginario simbolico, dominato dalla figura umana sintetizzata nell’esaltazione di alcune componenti specifiche come gli occhi, le mani e gli attributi della femminilità. La figura femminile, quale singolo individuale o corpo collettivo, costituisce la seconda sezione di questo itinerario. Attivista femminista, tra i primi giornalisti internazionali ad avere raccolto le testimonianze delle donne Yazide scampate all’ISIS, Doğan dedica alla rappresentazione della donna la parte più vasta della propria produzione.

Il corpo rientra nella rappresentazione politica con scene di guerra in cui di nuovo incorre la predominanza della presenza femminile, a sottolineare come la prima delle battaglie da vincere sia quella contro il patriarcato. Pablo Picasso, quello di “Guernica” e dell’elaborazione di un linguaggio specifico della disperazione è, nelle parole dell’artista stessa, il punto di riferimento fondamentale per definire una narrativa del dolore.

Conclude la mostra un nucleo di opere create dopo l’esperienza in carcere.

Zehra Doğan è stata rilasciata il 24 febbraio 2019. La sua storia di artista dissidente ha da subito raccolto l’interesse e la solidarietà del mondo dell’arte internazionale, tanto che Ai Weiwei le ha scritto una lettera personale e, lo scorso anno, Banksy le ha dedicato il più ambito dei muri di Manhattan, il Bowery Wall, con un’opera che la raffigura dietro le sbarre, mentre impugna la sua arma più potente: una matita. In tutto questo periodo, l’artista non ha mai cessato la propria attività artistica e giornalistica, realizzando opere con materiale di recupero, collaborando con le compagne detenute nella costruzione di immagini e nella realizzazione di un giornale di bordo che documentasse la loro detenzione.

L’esposizione “Avremo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche” è affiancata da un ricco programma di attività di approfondimento per il pubblico adulto, per le famiglie e le scuole, a cura dei Servizi educativi della Fondazione Brescia Musei.

La mostra è resa possibile grazie all’impegno del web magazine Kedistan (“Il Paese dei gatti” in turco) che ha curato il salvataggio e il trasporto delle opere di Zehra Doğan dalla Turchia e che si occupa dell’archivio dell’artista e di Associazione Mirada, partner del progetto.

Un ringraziamento particolare per la sensibilità dimostrata al progetto a Abracadabra Cooperativa Sociale onlus, alla Associazione Cuochi Bresciani, alla Strada del Vino Colli dei Longobardi che hanno concorso al buffet dell’inaugurazione.

INFORMAZIONI PRATICHE

Titolo: Avremo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche.

A cura di Elettra Stamboulis

Date: 16 novembre 2019 – 1 marzo 2020

Luogo: Museo di Santa Giulia, via Musei 81/b – 25121 Brescia

Orari: Martedì – Venerdì | 09.00 – 17.00

Sabato – Domenica – Festivi | 09.00 – 18.00

Chiuso tutti i lunedì non festivi

La biglietteria chiude tre quarti d’ora prima rispetto alla chiusura del museo

Info: tel. 030 2977833 – 834 | mail. [email protected] | web. www.bresciamusei.com

Ingresso

€ 5,00 (intero)

€ 4,00 (dai 14 ai 18 anni e sopra i 65 anni, studenti università e accademie, gruppi da 10 a 30 persone e convenzioni)

€ 3,00 (scuole, dai 6 ai 13 anni, gruppi di min. 10 studenti universitari)

€ 5,00 (scuole con attività didattica)

Le visite guidate si effettuano ogni giovedì ore 16.00 e ogni domenica ore 10.30 (con prenotazione al CUP e raggiungimento di minimo 10 partecipanti)

Per visite guidate e laboratori per gli adulti: biglietto d’ingresso + € 4 contributo per l’attività

Gratuito per minori di 6 anni, un accompagnatore per gruppo, due insegnanti accompagnatori per classe, disabile >75%, un accompagnatore per disabile, abbonamento Musei Lombardia Milano, guide turistiche abilitate.

BIOGRAFIE

ZEHRA DOĞAN

Zehra è nata nel 1989 a Diyarbakır, in Turchia. Si è laureata alla Dicle University’s Fine Arts Program e ha co-fondato la prima agenzia stampa costituita unicamente da donne, JINHA (Jin in curdo significa donna), per la quale ha lavorato dal 2010 al 2016, finché JINHA non è stata chiusa da un decreto governativo. Nel corso di questi anni, Zehra Dorğan è stata insignita di diversi premi, come il Metin Göktepe Journalism Award, uno dei più prestigiosi in Turchia e recentemente il premio “Exceptional Courage in Journalism Award”, della Fondation May Chidiac (MCF) in Libano. Durante la guerra in Iraq e Siria, l’artista e giornalista ha seguito direttamente le vicende da entrambi i paesi ed è stata una delle prime giornaliste a raccontare la storia delle donne Yazide ridotte in schiavitù dall’ISIS nel nord dell’Iraq. Nel periodo del conflitto nelle aree curde della Turchia, Doğan ha provato a raccontare la guerra nelle città interessate dal coprifuoco come Cizre e Nusaybin, zone in cui la presenza dei giornalisti era bandita dal governo nazionale.

Nel luglio 2016, Zehra Doğan è stata imprigionata a Mardin, il giorno dopo aver lasciato Nusaybin. A seguito di un processo, nel marzo 2017 è stata condannata a scontare 2 anni 9 mesi e 22 giorni di carcere per “propaganda terrorista” a causa dei suoi scritti giornalistici e di un acquerello. Il 23 ottobre 2018 un prelievo forzato ha condotto l’artista dalla prigione di Diyarbakir a quella a più alta sicurezza di Tarso.

L’opera di Zehra è stata esposta nell’agosto 2016 in Francia, presso il Douarnenez Film Festival. Nel 2017, in attesa del processo dopo la prima detenzione, ha organizzato una mostra a Diyarbakır, dal titolo “141” (il numero dei giorni trascorsi in cella) con i dipinti realizzati in prigione.

L’8 ottobre 2018, in occasione del’84 International PEN Congress in India, Zehra Doğan diviene un membro onorario dell’associazione in absentia. Nello stesso anno, le opere incluse in “141” e i dipinti prodotti tra la sua liberazione e successive ri-incarcerazione, così come i seguenti lavori realizzati in carcere sono stati esposti in Europa grazie al lavoro dei volontari dell’associazione Kedistan.

A novembre 2019 sarà pubblicato dalla casa editrice Editions de Femmes il suo carteggio con Naz Oke durante la prigionia dal titolo “Nous aurons aussi de beaux jours”, da cui trae ispirazione il titolo della mostra di Brescia.

ELETTRA STAMBOULIS

(Bologna, 1969) è curatrice di mostre d’arte contemporanea e fumetto, sceneggiatrice per il fumetto e dirigente scolastica. Vive a Ravenna con il compagno, Gianluca Costantini. Ha curato le mostre di numerosi autori di fumetto italiani e stranieri, in Italia e all’estero. In particolare, ha curato l’unica mostra degli originali di Marjane Satrapi nel 2005 “Marjane Satrapi ovvero dell’ironia dell’Iran” e la mostra itinerante di Joe Sacco, “Nuvole da oltre frontiera”. Ha diretto e progettato il festival internazionale del fumetto di realtà Komikazen (2005 – 2015) che ha portato in Italia il Graphic Journalism e promosso l’attivismo grafico. Ha collaborato con diverse riviste tra cui Linus, Pagina 99, EastWest, Internazionale, Le Monde Diplomatique. Membro del collettivo redazionale di “InguineMAH!gazine”, storica rivista dell’underground italiano che ha pubblicato fumetti di autori dal tutto il mondo e italiani, tra cui gli unici fumetti di Blu e Ericailcane, ha curato, insieme a Gianluca Costantini e Marco Lobietti, il progetto editoriale G.I.U.D.A. Geographical Institute of Unconventional Drawing Art. È direttrice artistica della biennale giovani artisti della Romagna dal 2004.

Ha scritto le sceneggiature per le Graphic Novel: “L’ammaestratore di Istanbul” (Comma 22, 2008 – Ristampa Giuda edizioni 2013, ebook in inglese di VandaPublishing), “Officina del macello”, (Edizioni del Vento, 2008 – Ristampa di Eris Edizioni 2014), “A cena con Gramsci” (BeccoGiallo 2012), “Arrivederci Berlinguer” (Becco giallo 2013), “Pertini tra le nuvole” (Becco giallo 2014), “Diario segreto di Pasolini” (Becco giallo 2015), tutti disegnati da Gianluca Costantini. “Piccola Gerusalemme”, disegnata da Angelo Mennillo (pubblicata in greco, turco e francese. Edizione italiana Mesogea edizioni 2018).

Ha sempre affiancato alla scrittura e alla curatela l’attività di docenza ed è dirigente scolastica del Liceo Artistico e Musicale di Forlì.

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