▼ “L’aria di Brescia migliora, ma le Pm10 restano alte: è colpa degli allevamenti”

Inoltre, sottolinea Legambiente, non esistono centraline di misurazione nella Bassa bresciana e nemmeno a Orzinuovi, dove ci sono ben 166.000 capi, di cui quasi 95.000 suini"

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Maiali, foto generica da Pixabay

La qualità dell’aria migliora sensibilmente nel Bresciano, con valori che passano da 32,1 a 26,3, ma i valori restano troppo alti e la responsabilità – almeno secondo Legambiente – è tutta da ricercare nell’eccessiva presenza di allevamenti.

“Troppi megaallevamenti nella pianura lombarda, specie tra le province di Cremona, Brescia e Mantova – attaccano gli ambientalisti – sono un grosso problema per l’aria che respiriamo. A certificarlo sono anche i dati delle centraline con cui ARPA misura le polveri sottili, che evidenziano una Lombardia a due facce”.

Inquinamento Pm10 Lombardia, elaborazione Legambiente

IL CONFRONTO FRA TERRITORI A VOCAZIONE INDUSTRIALE E AGRICOLA

Quindi il paragone tra i territori più a vocazione industriale e quelli a vocazione agricola. “Da una parte – si legge in un comunicato – i capoluoghi della storicamente inquinata Lombardia industriale, tra Varesotto e Brianza: per Varese, Lecco e Como il 2023 potrebbe concludersi come l’anno con l’aria più pulita di sempre, con una media annua di PM10 perfino inferiore ai 20 microgrammi/mc, un valore che non solo è conforme alle soglie EU (40 microgrammi/mc), ma è vicino all’obiettivo fissato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (la soglia di 15 g/mc come media annua).

Dal lato opposto della regione Cremona e Mantova, ben piantate nella loro pianura agricola,
vanno alle stelle con valori annuali di PM10 prossimi o superiori ai 30 microgrammi/mc – ma con decine di picchi giornalieri decisamente sopra soglia. Sorprendentemente, il valore annuale peggiore (34,2 microgrammi/mc) non spetta ad una città, ma ad un piccolo centro, Soresina, solitario simbolo della zootecnia da latte del Nord Italia.

In mezzo boccheggiano le grandi città, come Milano, Brescia e Bergamo, responsabili di gran parte delle emissioni da traffico, ma anche abbastanza vicine alle aree di grande concentrazione zootecnica per risentirne in modo significativo nei livelli di PM10 rilevati dalle centraline urbane“.

IL PROBLEMA DEGLI ALLEVAMENTI SECONDO LEGAMBIENTE

La Lombardia concentra quasi un terzo del peso vivo di tutti gli animali allevati in Italia e “dagli allevamenti lombardi esala gran parte delle oltre 90.000 tonnellate annue di ammoniaca gassosa che Arpa stima per la Lombardia, ingrediente di base per la formazione del particolato inorganico secondario che costituisce oltre i 2/3, in peso, del PM10 misurato”.

“Quello delle polveri sottili è un cocktail micidiale – incalza Legambiente -: l’ammoniaca degli allevamenti e degli spandimenti di liquami reagisce con gli ossidi d’azoto (per la maggior parte generati dal traffico, e in particolare dai motori diesel) trasportati dalle correnti atmosferiche a partire dai luoghi in cui si sono generati, vale a dire le città e le arterie stradali, formando microcristalli di sali di ammonio, che restano sospesi per giorni o settimane nell’aria della bassa pianura, quando le condizioni meteorologiche non sono favorevoli al rimescolamento atmosferico, come avviene tipicamente nella stagione fredda”.

“È sempre più evidente come siano le emissioni della zootecnia industriale a rappresentare la causa principale, insieme al traffico veicolare, dell’inquinamento da polveri sottili che affligge la regione,” commenta Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia. “La Lombardia fino ad oggi si è ben guardata dall’affrontare la riduzione di questo fattore di pressione ambientale, ad esempio riducendo i capi per rispettare il necessario rapporto tra animali e territorio. È evidente che, finché non saranno attuate politiche di limitazione delle emissioni degli allevamenti, la bassa Lombardia sarà condannata a tenersi la propria pessima qualità dell’aria, restando esposta anche nei confronti delle infrazioni europee.”

L’ALLARME SULLA PIANURA BRESCIANA: MANCANO LE CENTRALINE

“Se Soresina quest’anno conquista il titolo di località con l’aria più inquinata della Lombardia – si legge nel comunicato stampa – non è solo per particolari ‘meriti’, ma anche perché è una delle pochissime località agricole in cui è presente una centralina di misurazione dell’inquinamento da polveri sospese. Il monitoraggio dell’inquinamento nei decenni passati è infatti stato sviluppato per la qualità dell’aria nelle città, in particolare nei capoluoghi di provincia. Non esistono invece dati per la pianura bergamasca a est di Treviglio, per il Casalasco, per la pianura mantovana e per l’intera pianura bresciana. Tutte aree in cui è verosimile che, se venisse misurato, l’inquinamento da PM10 sarebbe su livelli simili a quello riscontrato a Soresina. Eppure, è proprio qui che i processi di concentrazione degli allevamenti aumentano, e vengono continuamente aperte nuove mega-stalle. È il caso di Orzinuovi, comune della bassa bresciana in cui il piano di governo del territorio quantifica la popolazione zootecnica in oltre 166.000 capi, di cui quasi 95.000 suini”.

“La valutazione ambientale del PGT per il nostro territorio indica la necessità di dimezzare la densità zootecnica,” spiega Franco Ferrandi, presidente del circolo Legambiente di Orzinuovi. “Ciò nonostante, nei giorni scorsi il Comune ha deliberato di concedere la deroga alle distanze minime dal centro abitato, per autorizzare una nuova porcilaia da oltre mille capi: un segnale di grave irresponsabilità, contro cui ci riserviamo di intraprendere azioni a tutela della salute dei cittadini.”


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