A luglio potrebbe esserci il picco della nuova ondata di contagi di Coronavirus, dovuta alle sottovarianti della Omicron. Ma la comunità scientifica italiana non appare particolarmente allarmata per la risalita dei casi.
Stando alle ultime indagini, infatti, non ci sono evidenze sul fatto che la cosiddetta Omicron 5 sia più grave rispetto alla 1 e alla 2 (le varianti più diffuse fino a oggi) e l’aumento dei contagi – come evidenzia lo Spallanzani di Roma – “potrebbe tradursi in un limitato e transitorio aumento di ospedalizzazioni”, come peraltro sta già avvenendo. I ricoveri, infatti, stanno crescendo moderatamente, ma il dato dei posti letto occupati in rianimazione è in lento e costante calo.
Gli studi, inoltre, hanno evidenziato che gli effetti del Covid sono molto meno rilevati per chi ha contratto Omicron (sottovarianti incluse) rispetto a Delta. Una ricerca del King’s College di Londra – pubblicata su The Lancet e basata su un campione di oltre 56mila casi di persone contagiate e guarite – ha dimostrato infatti che i cosiddetti casi di Long Covd sono passati dal 10,8% al 4,4% con il mutare della variante predominante.
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