Viaggio in Sardegna e la malvasia di Bosa | BARBERA & CHAMPAGNE/14

Un modo straordinario per ripercorrere un viaggio ed evadere dalla clausura di queste giornate di quarantena per coronavirus...

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Columbu winemaker, foto Stefano Bergomi
Stefano Bergomi
Stefano Bergomi

di Stefano Bergomi* ([email protected]) – Settembre 2019. Ci ha cullato durante la notte una brezza che veniva dal mare, e che ha portato, inaspettata, una pioggia leggera.

Oggi è giorno di partenza. L’app astronomica del cellulare segna il primo giorno di autunno, ma non scalfisce la nostra voglia d’estate e d’avventura.

Salutiamo Alghero, la Barceloneta di Sardegna, e il suo medioevale centro storico. Davanti a noi ci attendono 40 kilometri di costa frastagliata, tornanti, macchia mediterranea e una bellezza che riempie gli occhi.

Un nutrito gruppo di ciclisti francesi di una certa età è spalmato lungo il percorso, a farci compagnia,  Non li invidio. Il loro sforzo mi ricorda che l’elemento fondamentale per riuscire in un’impresa è la forza di volontà. Ma al secondo posto c’è la costanza nell’allenamento.

E chissà quali parole avrebbe utilizzato Pasolini per descrivere questi luoghi e la gente che li abita, lui che di viaggi lungo le coste italiane se ne intende (“La lunga strada di sabbia”, editrice Guanda).

La meta di giornata è Bosa, centro abitato nevralgico della regione della Planargia.

E’ giorno di mercato, e in giro c’è una chiassosa confusione. Ci immergiamo nei vicoli del centro e risaliamo le strette vie lungo il colle Serravalle, fino al Castello di Malaspina. E poi ancora giù, verso il Ponte Vecchio, a cavallo del fiume Temo, unico navigabile dell’intera Sardegna, le antiche concerie, e le variopinte case di sa Costa.

Castello Malaspina e sa Costa, foto Stefano Bergomi

Ma il vero motivo che giustifica questa tappa del viaggio è solo uno, e naturalmente è legato al vino.

Bosa custodisce una perla dell’enologia italiana, una piccola DOC con appena 27 ettari rivendicati. Ma una tradizione che si perde nei secoli.

La malvasia coltivata in questi luoghi è diventata prezioso nettare, trasformata da sapienti mani attraverso la tecnica dell’ossidazione. Il prodotto storico di riferimento è un vino da meditazione, con gradazione alcolica sui 16°, secco. E’ ottenuto attraverso una lunga vinificazione e affinamento in botticelle di legno di castagno lasciate volutamente scolme. all’interno delle quali si forma la famigerata “flor”.

La “flor” è una curiosa reazione chimica in virtù della quale nella parte superficiale viene a formarsi un velo, frutto della risalita dei lieviti filmogeni, che permette al vino di maturare ed evolvere organoletticamente nonostante il contatto con l’atmosfera esterna.

Il procedimento è comune ad altri grandi vini, dallo Sherry di Jerez de la Frontera in Spagna, al Vin Jeaune dello Jura in Francia, fino ad arrivare alla vernaccia della vicina Oristano. Ma come sempre è il terroir ad imprimere sfumature di unicità a ciascuno di questi.

Il nostro viaggio di approfondimento della Malvasia di Bosa inizia dall’enoteca Su Camasinu, situata nel centro storico della cittadina. E la voce narrante è quella della gentile signora Vanna, prosecchista d’origine, importata per amore in terra di Sardegna.

Dal suo racconto apprendiamo la storia della cantina G.Battista Columbu, che in fondo è anche la storia personale del suo fondatore.

Insegnante, originario della Barbagia, Giovanni Battista si trasferisce a Bosa negli anni ‘50, dove prende moglie e diventa vigneron, partecipando attivamente alla vita sociale del borgo, come instancabile educatore e valorizzatore dell’antico vitigno.

La straordinarietà del risultato finale che apprezziamo nel bicchiere non è frutto del caso, ma la conseguenza di un lungo processo di apprendimento e miglioramento perpetrato nel tempo. E questa è la parte che spetta al vignaiolo e al cantiniere.

Una buona parte della grandezza del prodotto dipende però da Madre Natura. La favorevole ubicazione del vigneto, nell’immediato entroterra rispetto al mare, su colline che vanno dai 60 ai 100 metri. Un suolo calcareo, antico e ricco di sali minerali. E poi ancora un clima mediterraneo, su cui spira costante il maestrale, a portare il profumo di salmastro del mare. Tutti elementi che contribuiscono all’unicità ed eccellenza del prodotto.

In ogni storia che si rispetti c’è sempre una sorpresa. Nella malvasia di Bosa è rappresentata dalla valorizzazione di una versione giovane e accattivante, quasi in contrasto rispetto allo stile tradizionale. Una malvasia d’annata, leggermente dolce, solitamente affinata in solo acciaio. Dona una sensazione calda e avvolgente, senza rinunciare a sapidità e una punta di freschezza, a suggellare un sorso coeso e armonico, mai stucchevole.

Riserva Columbu, foto Stefano Bergomi

 

Marzo 2020. Malvasia di Bosa DOC Riserva Columbu 2014

In un vecchio articolo su Intravino.com il commento eloquente a questa etichetta era “il campione del mondo”.

Anche se la definizione è impegnativa, non ne troverei una migliore. Un vino pazzesco. Appagante. Con straordinaria idea di completezza.

Nel bicchiere si presenta con un giallo paglierino carico, con qualche riflesso ambrato e di buona lucentezza.

Al naso è intenso, con un bouquet che colpisce per complessità e persistenza. Si riconoscono fiori e frutta secca, ma con sottofondo inconfondibile di macchia mediterranea.

In bocca è pieno, morbido e caldo. Dal gusto secco, di composta eleganza ed infinita persistenza.

Che sia questo il compito di un vino? Accendere sprazzi di vita vissuta, come il riflesso del sole tra i filari sulle colline intorno a Bosa, o gli incredibili profumi che lì si potevano sentire, quasi respirare.

Un modo straordinario per ripercorrere un viaggio ed evadere dalla clausura di queste giornate di quarantena per coronavirus.

* sommelier per passione

P.S.: un ringraziamento a Elisa per aver organizzato il viaggio e, come sempre, per la correzione delle bozze.

Enoteca Su Camasinu, foto Stefano Bergomi

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