di Ciro Corradini – Il Brescia è maggiorenne. Può prendere senza problemi la patente per la serie B. Contro il Sassuolo arriva infatti l’ennesima sconfitta della stagione, la 18esima appunto, con un 3 a 0 che non ammette repliche. Quella di Lopez è ormai una sorta di armata Brancaleone solo che non diverte nessuno, a parte gli avversari. Poco conta che nel primo tempo la squadra abbia tenuto alta la testa senza però trovare quel gol che manca come le mascherine anticontagio. Nella ripresa il Brescia è affondato come il Titanic.
Si dice che dietro la scrivania del Presidente degli Stati Uniti d’America ci sia un quadretto con una scritta eloquente che, tradotta in italiano, suona più o meno così: “Qui si ferma l’ultimo barile…”. L’ultimo barile, quello delle responsabilità sta ingombrante sulla scrivania di Massimo Cellino. Il presidente della promozione inattesa ma straordinaria – della quale bisogna comunque render merito all’uomo dei Nuraghi – ora rischia di diventare il presidente della retrocessione annunciata. Perchè fin da agosto la squadra, che pure aveva una sua fisionomia, un suo carattere ed un suo gioco grazie ad Eugenio Corini, aveva palesato mancanze chiare da leggere come un abecedario, anche a chi di calcio capisce un tubo. Ma, come dice l’adagio, se errare è umano, perseverare è diabolico. Cambiare l’allenatore per poi richiamarlo frettolosamente dopo tre partite uno stupro al buonsenso, non intervenire a gennaio per provare a rinforzare la squadra un delitto da ergastolo senza appello, pensare che cambiare di nuovo allenatore potesse invertire una rotta già segnata un peccato di presunzione. Tutto il resto è noia, direbbe il grande Califano, che solo il Corona Virus fa giustamente passare in secondo piano.