Una multa da 20mila euro. Tanto sono costati alla società calcistica Lazio i cori razzisti di alcuni “tifosi” all’indirizzo dell’attaccante del Brescia Calcio Mario Balotelli, che – nella sfida contro la formazione romana – è stato ripetutamente bersagliato dagli ultrà ospiti.
Il giudice sportivo ha punito la curva laziale per i cori al 21esimo e al 29esimo del primo tempo, ma anche per gli insulti arrivati a Mario al 42esimo, quando l’arbitro ha sospeso la gara invitando i tifosi a interrompere gli insulti. Inoltre ha trasmesso alla procura gli atti per verificare l’esatta provenienza dei cori e valutare la fattiva collaborazione della società nell’individuazione degli autori, al fine di stabilire eventualmente nuovi provvedimenti.
Tutto bene, dunque? Decisamente no. Perché alla luce di questo nuovo episodio, che fa seguito a quello di Verona (culminato con l’espulsione di un ultrà e attivista politico di estrema destra dallo stadio fino al 2030), il calcio italiano si deve interrogare su come sta gestendo concretamente la questione del razzismo degli stadi. Per ora la linea adottata non sta portando i frutti sperati (e nemmeno condanne unanimi post partita): si attendono azioni più efficaci per risolvere il problema.