Buon Natale anche al Pd, con qualche ritorno a… Canossa
di Claudio Bragaglio – A Natale, in giornate d’infinita bontà, non si dovrebbe mai dire che per taluni è anche un salutare …ritorno a Canossa. Ma pensarlo – anche solo pensarlo, perché ci si è quasi costretti – di sicuro non è un peccato.
La fila di correzioni e di correttori del PD originario del 2005-7 ormai è fin troppo lunga. Quasi imbarazzante. Taluni correttori, usciti dalle porte, ti entran ora persino dalle finestre. Quindi adesso mi verrebbe da dire…non esageriamo. Senza PD crolla tutto, quindi: salvare a tutti costi il PD. Ma per un nuovo PD, questo è l’obbiettivo.
Finora il punto in cui siamo arrivati con correzioni e correttori nel PD, più o meno, è questo.
Basta PD solitario, a vocazione maggioritaria e senza alleanze.
Basta definire le coalizioni simil-uliviste il male del PD e della sinistra (copyright Orfini).
Basta Statuti che stabiliscano che un Segretario del PD è per forza pure il Capo di Governo.
Basta esagerare con Primarie, se intese addirittura come il “mito fondativo” del PD.
Basta sistemi elettorali, ipermaggioritari e Parlamentari nominati in Parlamento, per poter confezionare un forzato bipartitismo e con Parlamentari come “pretoriani”.
Basta bandiere del liberismo in prima fila.
Basta disintermediazioni sociali, pensando di poter far a meno delle rappresentanze del lavoro e dell’impresa.
Basta PD iper-leaderista e personalista, opposto ad un PD plurale e federativo.
Basta frullati indigesti nel PD, ancorché nuovisti, pur di far sparire nel partito Sinistra riformista, Cattolicesimo democratico, Civismo ed Ambientalismo
Basta rottamazioni, confidando anche sulla ragionevole “conversione” dei rottamatori.
…e via via elencando in lungo ed in largo.
Cito ancora, a conferma di questo lungo, ma parziale elenco di novità, soltanto le ultime, ma significative, “new entry” di giornata.
L’ex capogruppo al Senato, Luigi Zanda, che nell’intervista dell’altro giorno a Repubblica ci dice che è stato un errore far nascere in tutta fretta il PD. Vero, ma fino a ieri si diceva il contrario, che il PD non funzionava perché era nato troppo tardi.
Cosa che mi pare – ma del tutto inascoltati – alcuni di noi, messi allora all’angolo, dicessimo già una decina d’anni fa.
Ma il capolavoro neppure conclusivo, perché ne aspettiam degli altri, è di stamattina. Ed è dell’ottimo ex ministro Calenda – all’indomani dell’incontro “tête-à-tête” con Renzi – che sull’odierna Stampa di Torino dice – finalmente! – che ci vuole un “largo Fronte Democratico”, quindi non più la evocazione macroniana del Fronte Repubblicano. Ma proprio quel grande “Fronte Democratico” che (udite..udite…) come è stato, lui dice, “ Uniti nell’Ulivo alle europee del 2004”.
Miele (dolce, seppur tardivo) per le orecchie. Dieci anni per riscoprir l’Ulivo (che oggi in omaggio al “new package”, ovvero all’imballaggio nuovo, possiam pure chiamarlo come vogliamo), ma dopo aver fatto fuori (da Presidente della Repubblica e da Presidente del Consiglio) Prodi e Letta che in quella storia di Centro Sinistra si riconoscevano.
Persino il vecchio e contorto Ulivo, dopo averlo stolidamente liquidato, ora persino da Calenda, vien… resuscitato!
E’ la vendetta contro i “congiurati” di allora (coscienti ed incoscienti, insieme) e contro tutto quanto essi sostenevano! Consapevoli o meno che siano, questo è un “Ritorno a Canossa” in piena regola ed all’altezza della gran Matilde, appunto!
Che l’Ulivo lo si faccia risorgere ora, a fin di bene, proprio nelle giornate che celebrano la Natività, e senza dover aspettar altre giornate di passione, il Calvario e poi la Pasqua di Resurrezione, penso che anche al Padreterno non possa che far piacere. E pure a noi.
Tanto si rimane in tema evangelico, dopotutto si tratta sempre di figliol prodighi. Di quelli che ritornano, ma solo dopo aver liquidato anche il nostro patrimonio. Di quelli che con narrazioni e storytelling ritenevano d’aver fondato il “partito del nuovo secolo” e si ritrovano, dopo ripetute sconfitte, a dover passare dalle loro ribollenti storie e fantasie ad un bagno gelido di realismo.
In questi dieci anni tutte le vittorie conseguite nel Paese sono state all’insegna del vecchio e caro Centro Sinistra (cmq lo si sia chiamato) e non già d’un partito che per esser per forza unico e maggioritario, in omaggio alla modellistica anglosassone, doveva prosciugare tutto quanto attorno a sé, al punto da sfasciare alleanze e coalizioni sociali e politiche.
Ma, pur con la bontà scontata d’un augurio natalizio, se proprio di Canossa bisogna parlare, che a Canossa molti ci ritornino, ben accolti e pure numerosi. Ma mi raccomando, presi da cotanto slancio, non vadano però oltre. Non si sa mai , perché dai “riconvertiti” ci si può aspettare sempre la spasmodica ricerca d’un di più e pure d’un di troppo. Ad espiazione della loro pena di credulità, di misticismo politico, di ambizioni ed illusioni che han coltivato a piene mani in questi anni.
Quindi che a Canossa si fermino un attimo a ragionare. Tranquilli ed impegnati nel Congresso del PD e senza immaginarsi – da anime inquiete e con spirito da avanguardisti – a dover andare subito sempre…oltre, sempre…oltre. Anche oltre il PD, oltre il Centro Sinistra. Perché, taluni, da “razza padrona” (Scalfari) qual sono, spesso vogliono solo strafare e comandare, sia quando le indovinano, sia quando – soprattutto e come in questo caso – ne hanno infilate troppe di sbagliate. Ma sempre e comunque con quel loro demone in pancia da primi della classe, nell’uno e nell’altro caso. A prescindere, si direbbe, perché si vedon sempre come dei “numeri uno” del potere.
Un consiglio non richiesto: rileggere e ben bene “Todo Modo” di Sciascia, per imparare come non far fare al PD la fine della vecchia DC. Ovvero come evitare una storia di suicidio collettivo.
Lo so, diverse tra DC e PD son la storia e pure la stazza, è chiaro. Ma il rischio sta nella stessa malattia: il passaggio dalla bulimia alla anoressia del potere, che fa perdere la testa, con relative (per quanto metaforiche nel caso nostro) manovre di veleni e di pugnalate, come da ben note ed antiche storie romane e fiorentine.
Si ricostruisca quindi, anche come scelta di Congresso, quel grande Fronte Democratico simil civico ulivista (che prima si è voluto liquidare), come s’è già fatto in questi anni nel Paese, ma proprio perché non s’è ascoltata la linea nazionale. Vincendo così nei Comuni e nelle Città, come a Brescia con Del Bono.
Ripartire dal Paese vuol dire, in primo luogo, ripartire dal progetto d’un nuovo Centro Sinistra politico, civico e sociale. Il PD si salva solo se diventa da subito (cosa che ancora non sta facendo) il perno della ricostruzione d’una ampia coalizione. Proibendoci di dover sempre pensare che bisogna per forza fare i …”fenomeni”, inventandone di nuove e stravaganti di idee – magari con delle scissioni, di cui poi pentirsi amaramente.
Contro Zingaretti si brandisce con totale ed impudente falsità persino il bastone d’un D’Alema presidente del PD. Per non dire d’una alleanza del PD con M5S. Si gioca così volutamente sporco, incanagliendoci sulla strada che ci porta dritti al suicidio di “Todo modo”.
Ma se c’è una cosa che riguarda D’Alema, e che invece da tutti va brandita con forza come il più duro e nodoso dei bastoni, è la contrarietà alla scissione ambiguamente preannunciata nel PD. Solo in questo caso, e per la salvezza di tutti noi, possiamo per davvero dire: D’Alema docet.