Dati molto positivi per l’export bresciano nel terzo trimestre 2018, secondo i dati diffusi oggi dall’Istat rielaborati dal Centro Studi Apindustria. Le esportazioni hanno infatti superato i 4 miliardi di euro (4.000.607.829), mentre le importazioni si sono assestate a 2,2 miliardi circa (2.238.702.356).
L’analisi per singolo trimestre registra +6,6% sul fronte delle esportazioni e +6,3% su quello delle importazioni. Nei primi nove mesi dell’anno le esportazioni bresciane hanno superato quota 12,6 miliardi (12.608.213.779), +8,1% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. Nei primi nove mesi le importazioni hanno avuto un valore di 7,4 miliardi di euro circa (7.381.096.151), +9.5%.
Nell’analisi provinciale dell’export fatta dall’Istat, la provincia di Brescia è nel gruppo (insieme a Milano, Asti, Siracusa, Varese, Piacenza e Gorizia) di quelle che hanno avuto le performance migliori. Per quanto riguarda la ripartizione geografica l’Europa continua a rappresentare ovviamente la parte principale (76,5% circa), in particolare quella comunitaria. La fetta non UE incide infatti per poco più di un miliardo di euro (1.043.600.935) sul totale (8,2%). A livello europeo la Germania si conferma il partner di gran lunga privilegiato per le merci bresciane (2.619. 872.384), rappresentando il 20,7% del totale dell’export. Molto bene anche le esportazioni verso la Francia (1,4 miliardi di euro; + 8,4%) e il Regno Unito (554 milioni, +9.9%). Positivo l’export anche verso gli Stati Uniti (851 milioni di euro, +16%) e l’Asia (1.281 milioni, +4,9%), in particolare verso la Cina (347 milioni, +6,4%). Stazionario invece verso l’India (102 milioni), così come non troppo movimentato quello verso l’America Latina (313 milioni di euro, +3,6%). In calo le esportazioni verso l’Africa (348 milioni, -14%).
«In una provincia manifatturiera come la nostra l’export sta trainando molto e non mi stupisce – afferma Alessandro Orizio, vicepresidente di Apindustria con delega all’internazionalizzazione -. Mi preoccupa più la dinamica dell’import. Se nei prossimi mesi ci sarà una frenata si rischia di avere un calo delle esportazioni e un mantenimento però delle importazioni. Molti, oggi, sono i fattori internazionali di incertezza: il settore dell’automotive in via di ridefinizione, le politiche statunitensi di Trump a difesa dei propri commerci, la situazione politica europea piuttosto traballante, per la Brexit e non solo. A questo si somma anche l’ennesima stretta sugli investimenti delle banche nei confronti delle PMI. Gli stessi Pir, nati per sostenere le piccole e medie imprese, si stanno rivelando in realtà uno strumento che favorisce la finanza. Di 20 miliardi di raccolta fatti finora con i Pir, meno di 350 milioni sono andati alle PMI, quasi sette sono finiti invece a società già quotate, il resto è rimasto alle società di gestione. Una situazione che rischia di peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi, quando finirà il quantitative easing della Banca Centrale Europea».