di Andrea Tortelli – E’ camuno, aggettivo che per alcuni non ha soltanto una valenza geografica. Concreto, orgoglioso, sempre pronto al dialogo, ambizioso, veloce nelle scelte. Da un anno Pier Luigi Mottinelli è il presidente del nuovo Broletto e ha il difficile compito di traghettare l’ente fuori dal guado (e dal guano) di una riforma che presenta ancora più domande che certezze. Tutto ovviamente gratis e senza portafoglio. Una missione molto più difficile di quella dei suoi predecessori (l’esatto opposto dei “fasti cavalliani”), ma comunque possibile. A patto di ritrovare un ruolo per il Broletto, di costruirlo da zero con fantasia e fatica. Per farlo Mottinelli ha ancora tre anni, fino al 2018. Poi guarderà altrove. Forse a Roma.
DOMANDA – Presidente, è passato quasi un anno dal suo insediamento. La barca sta ancora a galla?
RISPOSTA – Le acque sono agitate, ma stiamo cercando di tenere la barra ben diritta verso i nostri obiettivi. Che poi sono quelli di svolgere al meglio, nell’interesse dei Comuni, le funzioni che ci attribuisce la legge Del Rio: l’edilizia scolastica per le superiori, la viabilità, il territorio e l’ambiente. Con un’aggiunta. Puntiamo a diventare sempre di più un ente di coordinamento e di supporto dei Comuni per gli appalti e per tutti quei servizi su cui le realtà minori non possono fare da sole.
D – Con queste premesse l’Associazione Comuni Bresciani non serve più.
R – L’Acb ha un ruolo importante per Brescia. Non è un caso che la nostra provincia sia l’unica della Lombardia in cui l’Anci ha anche una rappresentanza territoriale. L’Acb, però, è una sorta di sindacato dei Comuni, svolge un ruolo diverso dal nostro. E anche volendo non avrebbe a disposizione i dipendenti necessari per offrire determinati servizi ai Comuni. Insomma: una realtà non esclude l’altra.
D – Torniamo a lei. Come è cambiata la sua vita nell’ultimo anno? Di certo non sta con le mani in mano: qualcuno ironizza che con lei il Broletto ha battuto i record di comunicati stampa di Cavalli e di Corsini…
R – E’ cambiato tutto. Fare il presidente del Broletto è molto gravoso in termini di tempo e di responsabilità. Ma è anche un incarico gratuito e ciò mi costringe a mantenere uno spazio per il mio lavoro (perito industriale e consulente nei settori dell’energia e dell’impiantistica, ndr). Conciliare le due esigenze non è facile, anche la mia famiglia sta facendo uno sforzo importante su questo. Ma ovviamente il mio non può che essere un impegno a termine. Quanto alle ironie, vorrei sottolineare che quella di comunicare quotidianamente il lavoro della Provincia ai Comuni è una delle priorità che mi sono imposto accettando l’incarico. Oggi è determinante che gli enti locali siano coinvolti e informati.
D – Lei è del Pd. Com’è governare in alleanza con il centrodestra? Non le crea problemi?
R – Per ora nessuno. Merito del mio vice Alessandro Mattinzoli. Ma anche del fatto che la nuova normativa impone a tutti di guardare più ai fatti concreti che agli equilibri politici. La difficoltà maggiore, oggi, è quella di spiegare ai Comuni che alcune autorizzazioni rilasciate dal Broletto in campo ambientale rispondono a logiche puramente tecniche, e non si tratta di scelte su cui esiste discrezionalità politica.
D – Insomma. Il principale oppositore del Broletto è stato il governo Renzi… Cosa vi ha messo in maggiore difficoltà?
R – Io sono un fan della legge Del Rio e della sua attuazione. Purtroppo la legge di stabilità l’ha resa inapplicabile e credo che il governo non abbia fatto un buon servizio ai Comuni lasciando le Province, che ormai tutti han capito non possono essere abolite, in un limbo.
D – Ma lei è renziano? Cosa pensa del governo?
R – Renzi ha ridato entusiasmo a un Paese che l’aveva perso del tutto. Credo che ciò lo renda oggi insostituibile, anche se in Italia non è certo un’impresa facile fare le riforme. Detto questo, credo che ora sia necessario costruire su alcune decisioni un percorso che parta dal basso e coinvolga in fase preventiva Regioni, Province e Comuni. Insomma: i territori.
D – Un inciso a proposito di territorio. Nel Pd bresciano i renziani sono divisi in diverse correnti. E il clima pare piuttosto teso…
R – Non le chiamerei correnti. Semplicemente ci sono persone che hanno sostenuto Renzi in fasi diverse. La nostra fortuna è comunque quella di avere un segretario provinciale, Michele Orlando, capace di ascoltare e fare sintesi. Di fatto credo che già oggi nel partito bresciano esista una gestione unitaria: non a caso Orlando ha sempre coinvolto la direzione politica e non la segreteria nelle scelte più importanti. Certo lo aiuterebbe un atteggiamento di alcuni più votato a dare un contributo e meno all’accaparrarsi rendite di posizione: le critiche vanno bene se sono finalizzare a migliorare, se invece servono per ottenere qualcosa in più per qualche gruppo rispondono a una logica politica superata. E comunque vorrei sottolinearlo: a Brescia non c’è in vista alcun congresso.
D – Torniamo al Broletto. Come dice lei, di abolizione delle Province oggi si parla molto meno oggi. Ma come spiegherebbe a un cittadino poco informato quali sarebbero gli effetti di un’eventuale cancellazione della Provincia di Brescia?
R – I Comuni sarebbero costretti a fare tutto da soli e in questo quadro garantire la viabilità, penso alle strade di montagna ma anche alle tangenziali, diventerebbe un grosso problema. Inoltre molti centri decisionali si allontanerebbero dal territorio: per certe cose bisognerebbe andare a Milano e non a Brescia.
D – A febbraio lei ha detto che i tagli sul personale si sarebbero fermati a una 50ina di unità. Ora che la Regione ha deciso di tenersi le deleghe su Agricoltura, Caccia e Pesca si può ipotizzare un aumento degli esuberi?
R – No, perché nel calcolo era già compresa questa ipotesi. Inoltre nel frattempo si è aggiunta qualche uscita volontaria verso altri enti. Per questo credo che il taglio complessivo sarà ancora minore.
D – Chiudiamo parlando del suo di futuro. Lei stesso ha detto che il suo è un incarico a termine. Cosa farà da grande? E’ ipotizzabile che il partito pensi di valorizzarla a Roma?
R – Di certo non ho più intenzione di fare il sindaco (Cedegolo, ndr) e in questo quadro nel 2018 non avrei più nemmeno i requisiti per fare il residente della Provincia. Il mio obiettivo è dimostrare sul campo, nei prossimi tre anni, che si può fare qualcosa di buono per i Comuni bresciani. Poi non so quali finestre si apriranno: se avrò lavorato bene magari avrò prospettive diverse, ma so bene che non si può più pensare ad automatismi basati sul percorso fatto.