Agfa di Manerbio: chiesti 12 mesi di cassa integrazione, il salvataggio resta una chimera

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Nessuna novità di rilievo. Dal tavolo romano convocato nella giornata di ieri non sono arrivate le attese buone notizie, che pochi tra l’altro aspettavano. Laura Valgiovio della segreteria generale Fim-Cisl, e Federica Trapletti della segreteria Fiom, sedute al tavolo assieme a delegazioni di sindacalisti dello stabilimento veronese di Oppeano, sono tornate da Roma sostanzialmente con un nulla di fatto. I lavori sono stati aggiornati al 7 ottobre.

I rappresentanti dell’azienda non hanno portato nuovi elementi per sostenere la loro scelta di cessare la produzione a Manerbio, ma lo stesso hanno ribadito l’improduttività del settore, soppiantato dalle tecnologie digitali. Ad oggi non c’è alcuna possibilità che gli impianti vengano ammodernati, o che il sito produttivo venga riconvertito dalla proprietà Agfa. Per ora l’unica strada intrapresa è quella della richiesta per tutti i 123 lavoratori di 12 mesi di cassa integrazione straordinaria.  

Nel frattempo gli stessi lavoratori rendono noto di avere scritto al Pontefice che proprio domenica, seppur in altro contesto (si trovava a Cagliari, ed era rivolto ai minatori sardi) ha parlato al mondo intero per ricordare quanto sia importante il lavoro. Uno stralcio della lettera dei dipendenti Agfa: «Siamo consapevoli di quanto la Chiesa sia sensibile ai problemi del mondo del lavoro e che spesso ha preso una posizione netta, a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII. Sappiamo in particolare che Lei, per la Sua storia personale, ha un’attenzione speciale verso le persone che vivono momenti di difficoltà. La ringraziamo finora per quanto potrà fare per noi chiedendoLe di ricordarci nelle Sue preghiere».
(a.c.)

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