Non sarebbe stato un omicidio colposo, come stabilito dalla sentenza di primo grado. Ma un omicidio volontario. Ad affermarlo è stata la pubblica accusa, il Procuratore generale della Corte d’assise d’appello di Genova, nel processo a carico del “santone” ligure e del medico bresciano accusati di aver provocato la morte della 40enne Roberta Repetto.
La donna morì nel 2020 a causa delle conseguenze dell’asportazione di un neo (poi risultato essere un melanoma in metastasi), avvenuta senza nel 2018 senza anestesia su un tavolo da cucina del centro olistico genovese, e del fatto che sarebbe stata successivamente convinta a “curarsi” con semplici tisane e sedute di meditazione.
Da qui la richiesta del sostituto procuratore di aggravare la pena per il “santone” a 16 anni e per il medico a 14. I due furono condannati in primo grado a tre anni e quattro mesi ciascuno. La psicologa bresciana Paola Dora (vicepresidente del centro Anidra) fu invece assolta: per lei sia la Procura sia le parti civili hanno rinunciato all’appello.
Il nuovo processo si concluderà il 5 dicembre, giorno per il quale è attesa la sentenza.