✴️ L’ornitorinco costituzionale… | di Paolo Pagani*

Una riforma costituzionale scritta da dilettanti e ignoranti istituzionali. Nella migliore delle ipotesi...

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Paolo Pagani, opinionista Bsnews.it

di Paolo Pagani* –  Una riforma costituzionale scritta da dilettanti e ignoranti istituzionali. Nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, un insieme di norme, che in nome dell’ ideologia dell’ uomo o donna soli al comando, scassa il rapporto virtuoso tra presidente della Repubblica, potere legislativo e potere esecutivo. Che ha salvato, più volte, un’Italia sull’orlo del baratro. Altro che vecchiume costituzionale.Una riforma, poi, fuori tempo storico. Che disegna una specie di presidenzialismo. Unicum mondiale. E ci sarà pure una ragione se un “principato”  del genere non esiste in vero. In salsa italiana produrrà l’ esatto opposto delle intenzioni, con il premier ostaggio dei partiti più piccoli della maggioranza.
Ma il fatto fondamentale è che, qui e ora, qualsiasi forma di presidenzialismo, anche la più organica per pesi e contrappesi, acuisce le fratture sociali, che caratterizzano il nostro tempo.

C’è un tempo per cucire, dice la Bibbia. Ed è questo. Allora servono istituzioni che producano convergenza e non alimentino divaricazioni. In questo tempo qualsiasi presidente eletto sarà sempre vissuto come di parte.

E ancora. La giustificazione della riforma riposa su un paio di assunti errati, storicamente.
L’ Italia è il paese dell’ instabilità dei governi, fin dal 1945. Niente di più falso. L’ Italia è stata fino al 1992 il paese con il sistema politico più stabile d’Europa.

L’ Italia è il paese dei governi più deboli. Niente di più falso. Basti dare un’ occhiata ai decreti d’urgenza, quasi quotidiani, che annichiliscono il parlamento. I problemi italiani sono, invece, altri: il ruolo del presidente del consiglio, le garanzie per le opposizioni, il ruolo del parlamento e un bipolarismo imperfetto Ne consegue che una riforma costituzionale serve, ma attorno ad altre coordinate.

La prima. Per rafforzare contestualmente governo e parlamento la soluzione è l’ introduzione della sfiducia costruttiva: un governo va a casa se c’è una nuova maggioranza, che necessariamente passa dal parlamento. L’ unica norma antiribaltone sensata e che scongiura manovre di palazzo oscure.

La seconda è la definizione di norme più cogenti per ridurre drasticamente la decretazione d’urgenza.

La terza, nel tempo della frattura tra popolo e istituzioni, è il rafforzamento degli istituti di democrazia diretta: referendum propositivo, leggi di iniziativa popolare che devono, in tempi certi, approdare in parlamento.

La quarta non è una misura costituzionale: una nuova legge elettorale. Che, insieme, faccia tornare lo scettro agli elettori con le preferenze e dia nuova linfa ai partiti. Ergo una legge proporzionale con sbarramento e contenuto premio di maggioranza. Il combinato disposto di tutto questo sarebbe un presidente del consiglio più forte, un parlamento non esautorabile, un presidente della Repubblica arbitro imparziale.

C’è, infine, la necessità di mettere mano alla improvvida riforma, promossa dal centrosinistra, del Titolo V, che sta aprendo la strada all’ autonomia differenziata. Altro disastro annunciato.
Una riforma che deve cambiare radicalmente il ruolo delle regioni affinché diventino enti esclusivamente di programmazione e di legislazione secondaria, mentre tutte le competenze amministrative vanno ricondotte in capo alle province e ai comuni.

La presentazione del disegno di legge costituzionale deve essere vista dall’ opposizione come il kairos, il tempo opportuno per dimostrare la propria superiore cultura istituzionale e costituzionale. Facendo le barricate ma contemporaneamente presentando unitariamente un disegno alternativo.

Un disegno che nella parte relativa alle autonomie regionali e locali può e deve essere costruito dal basso, partendo dalle virtuose buone pratiche del centrosinistra.
In questo senso un ruolo può essere giocato anche a Brescia, attraverso la sperimentazione della Grande Brescia. Una occasione per dimostrare che un nuovo rapporto tra gli enti locali e la regione è possibile.

Se poi si vuole anche la ciliegina sulla torta andrebbe riformato il Testo unico degli enti locali, attraverso un aggiustamento del rapporto tra sindaco, giunta e consiglio comunale nel senso di un potenziamento di quest’ ultimo. Senza dimenticare che, con le assurde sforbiciate di Calderoli al numero dei componenti (per risparmiare un pugno di dollari), i consigli comunali, nei comuni piccoli e medi soprattutto, sono piccoli consigli di amministrazione. Il contrario di quello che richiede la crisi della democrazia rappresentativa.

Anche questa una delle cause dell’ astensionismo dilagante.

* Pd/Articolo Uno Brescia

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