✻ Quando il contadino non si toglie il cappello, e magari bestemmia | DAL GRUPPO G9

Quindici anni dopo l’Unità, l’Italia alle prese con problemi economici gravissimi, che i governi di Destra avevano affrontato facendo “economia fino all’osso” (in particolare con l’odiosa tassa sul macinato) aveva colmato il suo debito

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Giacomo Ceruti, CC BY 3.0 , via Wikimedia Commons

L’INCHIESTA AGRARIA JACINI e LA BASILICATA DI GIUSEPPE ZANARDELLI

di MARIO BALDOLI* Quindici anni dopo l’Unità, l’Italia alle prese con problemi economici gravissimi, che i governi di Destra avevano affrontato facendo “economia fino all’osso” (in particolare con l’odiosa tassa sul macinato) aveva colmato il suo debito.

Aveva conquistato il Lazio e portata a Roma la capitale, vinto il brigantaggio e acquisito il Veneto.

Manteneva tuttavia una forte ignoranza sulle condizioni economiche del Meridione: i governanti del Centro-Nord, e non capivano perché un Paese agricolo avesse nell’agricoltura uno dei suoi punti deboli.

Sul problema, la Sinistra, andata al potere nel 1876, avviò l’anno seguente una ricerca che fu la più grande inchiesta mai fatta in ogni tempo in Italia: L’INCHIESTA JACINI, dal nome di chi la istruì e coordinò. Il nome completo era Atti della giunta per l’inchiesta agraria sulle condizioni della classe agricola.

Stefano Jacini, nato in provincia di Cremona, era un grande proprietario terriero, commerciava in seta e lino, ma era anche uno studioso, in particolare aveva pubblicato una Relazione sull’amministrazione dei Lavori pubblici in Italia dal principio del 1860 fino al 1867, oltre ad altri libri di politica economica.

(Da notare la serietà dei governi dell’epoca: la Sinistra al governo nomina a capo dell’Inchiesta un liberale conservatore, e nel titolo dell’Inchiesta si usa la parola “classe agricola”, cose oggi impensabili).

Jacini era un uomo di coraggio: in passato aveva chiesto che l’Italia diventasse un Paese politicamente neutrale, la riduzione delle spese militari e sgravi fiscali per l’agricoltura. La sua visione politica lo aveva portato spesso all’isolamento nello stesso schieramento della Destra a cui apparteneva.

Gli Atti dell’Inchiesta iniziata nel 1877 furono pubblicati nel 1884 in 15 volumi, reperibili nella biblioteca Queriniana. Le regioni italiane erano divise in mandamenti (la provincia di Brescia in 11, ad esempio Brescia, Bagnolo, Bovegno, Salò ecc.)

Ogni mandamento, attraverso un minuzioso questionario (21 domande uguali per tutti) rivolto ad esperti e a proprietari locali, affrontava vasti problemi: la geologia, il clima, i rapporti di proprietà, la presenza di acqua non potabile, il degrado ambientale (es. la mancanza di fogne) e, una domanda suggestiva, Le condizioni morali ed intellettuali dei lavoratori del suolo.

Venne in chiaro che l’alimentazione dei contadini era prevalentemente di frumento, granoturco, legumi, pochi latticini e poca carne, portavano un vestito all’anno – una giacchetta per l’inverno – i loro animali soffrivano di varie epizoozie: polmonea, zoppina, carbonchio, di prebina i bachi da seta.

Miseria e povertà acuivano varie malattie: pellagra, colera, tubercolosi, demenza, epilessia, sordomutismo, rachitismo, cecità e gozzo dovute a carenze igieniche e sanitarie che provocavano ogni anno migliaia di morti.

I contadini, perlopiù analfabeti, vivevano in case-tugurio, i bambini erano costretti al lavoro, i rapporti di proprietà: terzeria, mezzadria, bifolchi (i salariati), braccianti (giornalieri accordati) e operai (giornalieri non accordati), le loro mogli avevano il diritto di spigolare. L’Inchiesta individuò realtà territoriali problematiche sulle quali intervenire con sostegni economici, come ad esempio la bonifica della pianura Padana.

Jacini riteneva che la società civile, avrebbe dovuto svilupparsi “armonicamente” a partire dagli analfabeti, riconoscere le diverse condizioni economiche locali da affrontare con il contributo di tutte le forze moderate, compresi i cattolici (allora – per volontà di Pio IX–“intransigenti”, che non riconoscevano il nuovo Stato). Sui rapporti con la Chiesa scrisse La questione del Papato e l’Italia.

I risultati diedero per la prima volta un quadro realistico del paese verso la fine del secolo. Si fecero studi monografici, stimolati da concorsi appositamente banditi. Piero Gobetti ne pubblicò a puntate la Relazione finale nella sua “Rivoluzione liberale” e nel 1923 La Basilicata senza suole, di Pietro Rolfi.

Lo studio sul circondario di Brescia, Terra e Agricoltori nel circondario di Brescia condotto dal conservatore Bortolo Benedini,, non fu pubblicato nei volumi dell’Inchiesta perché troppo vasto e venne pubblicato a parte l’anno successivo.

Sul tema della proprietà Benedini nota che le case dei contadini non avevano pavimento al pian terreno sicchè quando pioveva il terreno oltre che umido, era molle e con avvallamenti, la carta sostituiva il vetro alle finestre, le latrine stavano in un angolo del cortile protette da steli disseccati di granoturco, la biancheria sudicia era accumulata sotto il letto, il fetore era insostenibile ancor più la sera che d’inverno si passava nelle stalle al lume di un lucignolo galleggiante in olio fetido; eppure “i proprietari non si rifiutano mai a fare anticipazioni ai loro contadini”.

Alla domanda sulle Condizioni fisiche e morali dei lavoratori, Benedini nota che il contadino sta perdendo l’abitudine di togliersi il cappello quando incontra un signore ben vestito. Le donne tengono vivo il sentimento religioso, mentre tra i giovani si diffonde l’uso della bestemmia e di “discorsi un po’ laidi”.

Nella composizione delle domande dell’Inchiesta ci fu qualche conflitto tanto che il medico Agostino Bertani, patriota garibaldino che aveva partecipato a tutte le battaglie del Risorgimento a cominciare dalle Cinque giornate di Milano, che operò Goffredo Mameli ferito nella presa di Roma, rappresentante della Sinistra Estrema, e che era tra gli organizzatori dell’Inchiesta, si dimise ritenendola superficiale sul tema della condizione dei contadini e avviò una propria inchiesta rivolta a medici volontari: Considerazioni sanitarie del lavoratori della terra in Italia, anch’essa reperibile in Queriniana.

Ma in seguito la vita economica e politica seguì un cammino diverso da quello che l’Inchiesta aveva rivelato e indirettamente suggeriva.

I problemi economici furono affrontati col protezionismo voluto da agrari e industriali, le spese militari imposte dal re Umberto I, la politica estera con l’alleanza con Austria e Germania. I “grandi problemi” soffocarono la realtà dei poveri e l’Inchiesta fu colpevolmente dimenticata.

Fu il bresciano Giuseppe Zanardelli, guida della Sinistra storica, presidente del consiglio dal 1901 al 1903 a compiere il primo viaggio di un presidente al sud, in Basilicata, considerata la regione più depressa. Ormai vecchio (muore nel 1903), l’attraversò tra sentieri a dorso d’asino e recuperò l’attenzione sul Mezzogiorno e l’agricoltura. Nel 1904, in base a una sua relazione-inchiesta fu approvata la prima legge a favore del sud, ma di lui si ricorda solo il Codice penale: la sua grandezza politica, la pacificazione dopo un tentativo di colpo di stato, l’eccidio di Bava Beccaris e l’uccisione di Umberto I, l’equilibrio verso il neonato partito socialista, sono finiti nel cestino come i 15 volumi dell’Inchiesta.

*L’AUTORE DELL’ARTICOLO: MARIO BALDOLI

Mario Baldoli, laureato in filosofia, giornalista, direttore responsabile di “Tuttogarda” (2004-2005), periodico della Comunità del Garda. Dal 2009 è direttore della rivista online www.gruppo2009.it, e redattore della rivista “Atlante bresciano”. Due suoi saggi sono alla Library of Congress Washington.


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Ultimo aggiornamento il 26 Aprile 2024 13:01

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