Violenza sulle donne, l’assessore Frattini: dobbiamo occuparci degli uomini

A dirlo, in una lunga nota che fa seguito al caso della violenza di gruppo di Palermo e ai dati di Brescia sul cosiddetto codice rosso, è l'assessore alle Politiche educative e alle Pari Opportunità di Palazzo Loggia

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Foto Anna Frattini

Contro la violenza sulle donne, è necessario occuparsi “seriamente degli uomini attori della violenza, anche da una prospettiva sanitaria”. Sia dal punto di vista preventivo, attraverso l’educazione, sia con la presa in carico dei soggetti coinvolti. A dirlo, in una lunga nota che fa seguito al caso della violenza di gruppo di Palermo e ai dati di Brescia sul cosiddetto codice rosso, è l’assessore alle Politiche educative e alle Pari Opportunità di Palazzo Loggia Anna Frattini.

Riportiamo il suo comunicato in forma integrale.

IL COMUNICATO DI ANNA FRATTINI

La stampa ci riporta quasi quotidianamente di atti di violenza ai danni delle donne e i recenti fatti di cronaca, avvenuti nella nostra provincia, ci impongono una riflessione che deve tradursi in azione nel breve termine.

Nel percorso della violenza di genere, quindi quella che colpisce le donne in quanto donne, il punto di vista che ci viene chiesto di assumere è quello di chi subisce. I femminicidi sono qualcosa di diverso dagli omicidi, gli stupri ai danni delle donne non hanno un’immagine nel mondo maschile, il catcalling, il sentirsi sicure e a proprio agio in ogni parte della città sono cose a cui i maschi (eterosessuali e bianchi) non devono prestare attenzione. Quella ai danni delle donne è una violenza diffusa e particolare, che si inserisce all’interno di dinamiche di potere che i movimenti femministi stanno cercando di scardinare, anche con effetti positivi in termini di consapevolezza delle donne e delle ragazze. Lo stesso non stanno facendo i maschi, che quando commettono violenza agiscono un ruolo di potere patriarcale, che in qualche modo viene riconosciuto loro dalla società, per esempio quando si racconta che una vittima era ubriaca. Il tema del consenso deve essere considerato seriamente dalla collettività, dai media e da chi incarna la giustizia.

Le case rifugio, l’accoglienza di primo livello, quella di secondo livello, il percorso verso l’autonomia sono servizi che le Istituzioni hanno costituito per prendersi cura e farsi carico delle donne, delle vittime della violenza, spesso con figli a carico. Sono loro che devono spostarsi, cambiare residenza, stravolgere la loro vita, trovare la forza per ridisegnarla, ricominciando da zero. Gli attori della violenza sono invece più liberi di restare dove sono, nel frattempo talvolta il caso viene archiviato, i tempi della giustizia si dilatano. Siamo sempre alle prese con un’emergenza, con codici rossi, con strutture che intercettano donne, le cui difficoltà spesso sono anche intersezionali, che richiedono di essere accompagnate nei servizi di accoglienza. Oggi ho fatto visita all’istituto delle suore Poverelle, il dialogo con i centri antiviolenza Casa delle donne e Butterfly è costante.

I bisogni che registriamo sono moltissimi e partono spesso dai servizi legati alla gestione dei figli, che avrebbero molto bisogno di spazi educativi e di socialità, per esempio del nido e dell’infanzia.

Resteremo nell’emergenza fino a quando non potremo, grazie anche a fondi dedicati (oggi le risorse che provengono da Stato e Regione sono scarse e vengono impiegate per prendersi cura di chi soffre e non sa dove andare), occuparci seriamente degli uomini attori della violenza, anche da una prospettiva sanitaria. Questo si traduce in almeno due linee di azione, una preventiva e una di presa in carico.

La linea preventiva ci chiede di fare formazione, non solo nelle scuole, ma anche attraverso gli spazi pubblici, incentivando comportamenti gentili, non violenti, non offensivi, perché anche le parole feriscono. Oltre alla comunicazione informativa rivolta alle donne che chiedono aiuto (a questo proposito stiamo lavorando a una campagna di comunicazione della nostra Rete antiviolenza), serve immaginare qualcosa che sappia parlare e coinvolgere gli uomini. Occorre cercare, tra loro, gli alleati nella lotta al patriarcato.

La linea operativa di presa in carico, invece, scatta a violenza avvenuta, magari non ancora in forma drammatica. Regione Lombardia ha in atto una sperimentazione a Milano proprio su questo: speriamo che i risultati attesi a fine anno consentano di iniziare a lavorare in maniera più sistematica con gli uomini che hanno agito violenza, esigenza sentita anche dal carcere Nerio Fischione, che proprio in questi giorni abbiamo incontrato, con la finalità di ampliare il numero di soggetti, ora sono 78, che aderiscono al Protocollo della Rete antiviolenza della città.


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