Fai vedere l’Hulk che è in te! | BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

Chi di noi, a volte, non è rimasto strabiliato o magari ha provato anche un pizzico di invidia verso chi sembra ricordare tutto con facilità estrema, oppure verso chi esegue un’opera d’arte con una maestria che lascia a bocca aperta!

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

“Migliaia di uomini di genio vivono e muoiono
senza essere scoperti: o da se stessi o dagli altri” (Mark Twain)

di Doriana Galderisi* – Chi di noi, a volte, non è rimasto strabiliato o magari ha provato anche un pizzico di invidia verso chi sembra ricordare tutto con facilità estrema, oppure verso chi esegue un’opera d’arte con una maestria che lascia a bocca aperta!

Chi di noi non vorrebbe essere, come nel famoso film con Robbin Williams dal titolo “L’uomo bicentenario”, quella specie di robot a cui basta guardare un libro per sapere per filo e per segno, “in un nano secondo” tutto ciò che vi è scritto all’interno!

In altre parole chi di noi a volte non vorrebbe possedere capacità straordinarie, o per raggiungere più velocemente degli obiettivi, o per avere successo o, perché no, anche per fare minor fatica nelle attività da svolgere…

È come se tutti noi da un lato sognassimo di avere dei talenti particolari, ma tutto sommato, dall’altro lato, sapendo che di Einstein ce ne fu solo uno, in ciascuno forse è presente anche “soltanto” il desiderio di dare il meglio di sé, di poter sviluppare le proprie inclinazioni o un potenziale che magari si pensa di possedere ma che non si riesce a far affermare o esprimere… in altre parole… che rimane un po’ “congelato”.

E proprio tutta la “rosa” di motivi che imbrigliano le capacità di ognuno di noi, è il tema di questo articolo.

Sì perché, care lettrici e cari lettori, l’argomento di oggi è quello dell’affermazione personale, del riconoscimento dei talenti e delle menti prodigiose, ovvero delle capacità e competenze di coloro i quali eseguono performance eccezionali, quelle che la storia e la cronaca ci raccontano e che sono molto più di quelle che immaginiamo.

Proprio a questo proposito in questi giorni circola sui media il “caso” di Adhara Perez Sanchez, una bambina di soli 11 anni ma già con già una laurea in ingegneria dei sistemi presso l’Università Cnci in Messico. Lei è infatti considerata la bambina più intelligente del mondo, e sembra che abbia un QI (quoziente intellettivo) addirittura superiore a quello di Einstein. Adhara però prima di rivelare così chiaramente la sua mente prodigiosa, era una bambina presa in giro dai suoi coetanei a causa di un disturbo, quello di Asperger, che appartiene allo spettro autistico.

Anche la storia personale di uno dei più grandi studiosi viventi della mente che apprende, ovvero il professor Robert Sternberg, che ebbi modo di conoscere personalmente molti anni fa in un congresso, è esemplificativa del fatto che possedere un talento e vederlo riconosciuto sono due aspetti che non sempre vanno di pari passo.

In quel congresso infatti mi colpì proprio l’apertura della relazione del professor Sternberg, attesissimo perché molto famoso, autore di molti volumi tra cui “Le tre intelligenze. Come potenziare le capacità analitiche, creative e pratiche” scritto con Louise Spear Swerling. Nell’avviare la sua comunicazione scientifica, il professor Sternberg iniziò a parlare di sé, lasciando ammutolita tutta la platea, me compresa.

Il professor Sternberg infatti iniziò a raccontare una storia che lo riguardava e, in particolare, descrisse una serie di problemi scolastici che lui ebbe da piccolo, tanto che fu afflitto da bambino da una fortissima ansia da prestazione. Ebbene, proprio quelle sue vicissitudini scolastiche divennero una sfida, si tramutarono in un’opportunità perché indussero l’allora giovane Sternberg ad interessarsi alla psicologia, e, in particolare, alla psicologia dell’apprendimento e ai test attitudinali.

Attualmente è uno dei massimi scienziati riconosciuti a livello internazionale, possiede ben 13 lauree honoris causa, di cui nove da università europee, due Statunitensi, una conseguita in Sudamerica e una in Asia, oltre che una laurea honoris causa dall’università di Heidelberg in Germania.

Uno dei meriti fondamentali degli studi scientifici del professor Sternberg, fu proprio quello, da un lato di sottolineare come esistano diversi modi di pensare, dall’altro di evidenziare il ruolo che fattori diversi dal quoziente intellettivo hanno nel favorire o nel determinare l’espressione delle proprie capacità e portare al successo, talvolta addirittura eccezionale, delle stesse.

Gli studi di Sternberg sono molto utili anche per chi è a contatto con i giovani e con la mente e la personalità in formazione, tant’è che preziose sono le evidenze scientifiche di Sternberg applicate alla didattica.

Spesso quando pensiamo ad una persona con una mente geniale, automaticamente pensiamo al fatto che quella persona possieda una grande intelligenza.

Studi condotti dal famosissimo professor Cesare Cornoldi, professore emerito dell’Università di Padova, presidente di AIRIPA (Associazione Italiana per la Ricerca e l’Intervento in Psicopatologia dell’Apprendimento) e autore di innumerevoli volumi scientifici sul funzionamento della mente, nonché padre di importanti ricerche sui “bambini eccezionali”, sottolineano la genialità sia il risultato di un insieme di ingredienti particolari.

Il professor Cornoldi espone infatti la teoria dei 5 fattori del genio, ovvero quell’insieme di componenti che caratterizzano le menti geniali, ovvero intelligenza generale, talento, creatività, caratteristiche di personalità e contesto.

Le caratteristiche di personalità, secondo il professor Cornoldi, “diventano dei tratti supportivi essenziali affinché la persona dotata e creativa, mantenga la passione per la propria attività, coltivi il suo talento, non desista”.

Un altro aspetto che colleghiamo alla genialità è la creatività che riflette la capacità di esprimere idee e concetti in modo non convenzionale, cioè “divergente” o “indipendente dal campo” ed è una componente fortemente associata alle menti geniali.

Quando si pensa alla genialità è meno naturale abbinare l’idea dello sforzo che è insito nel concetto di maestria, come se la genialità avesse un motore propulsivo proprio e non necessitasse, invece, di allenamento, pratica, impegno che sono le componenti fondamentali attraverso cui vengono perfezionate abilità nuove e anche abilità apprese.

Nelle menti prodigiose entrano dunque in gioco elementi che non hanno necessariamente a che fare con il QI…e del resto lo aveva capito molto bene Michelangelo che affermava che: “se la gente sapesse quante ore ho sudato per realizzarlo, non mi considererebbe un genio”.

Le neuroscienze sono alla ricerca delle basi dell’intelligenza, del pensiero divergente e della maestria, ma, nonostante la quantità di studi non vi è ancora una indicazione totalmente condivisa riguardo a dove, nel nostro cervello, si situi l’insieme delle capacità straordinarie proprie della mente geniale.

E a questo proposito, sul cervello di Einstein ancora non si sa (e forse rimarrà un mistero) che cosa lo differenziasse da quello degli altri.

Una cosa è certa: anche chi è intelligente, creativo e perseverante nell’impegno, può rischiare di non riuscire ad avere soddisfazioni nella vita, tanto meno ad ottenere successo se vengono sottovalutati altri aspetti del funzionamento umano.

A volte il talento “implode” su se stesso, generando disagi e problemi alla persona stessa.

In un’epoca come quella attuale in cui vi è la massima l’attenzione a far sì che ciascuno possa esprimere la propria personalità, la propria creatività, la propria eccezionalità, diventa un obiettivo condivisibile quello di capire come far sì che si possa sviluppare o affermare un “buon pensiero”.

Comprendere quali possano essere i principali ostacoli per una “buona mente” o per una “mente brillante” è un ottimo punto di partenza per aiutare l’espressione piena delle proprie potenzialità.

Proprio prendendo spunto dagli studi di Sternberg e dalle ricerche scientifiche del professor Cornoldi, vediamo alcuni dei principali fattori di blocco del “buon pensatore”, affinché talenti e capacità personali non restino inespresse o vadano addirittura sprecate.

Quindi ecco cinque indicazioni utili

1 – Attenzione a non gettare l’acqua sporca con il bambino dentro: in questo modo un po’ ironico voglio dire che quando qualcosa va male è facile far corrispondere l’insuccesso all’assenza di valore della persona. In altre parole un risultato insoddisfacente viene equiparato al fallimento della persona stessa. Questa è la strada maestra per demotivare chiunque a perseverare, ad avere un atteggiamento propositivo, esplorativo, coraggioso e, perché no, gioioso verso il fare. Basti ricordare che la scienza si basa sull’errore, quindi l’errore diventa un’opportunità e non una “sentenza di morte”.

Simbolico in questo senso il dialogo tra Andrew e Portia del film “L’uomo bicentenario” 

Portia:….. devi cambiare dentro di te. Corri qualche rischio, fai qualche errore.

Andrew: Errore?

Portia: Sì, a volte è importante non essere perfetti, è importante fare la cosa sbagliata.

Andrew: La cosa sbagliata!?

Portia: Sì.

Andrew: Perché? Oh sì, per imparare dai propri errori.

Portia: No, per farli e basta! Per scoprire cosa è reale e cosa non lo è, per scoprire quello che tu provi!”

2- No al “tua o mea colpa”, ovvero la corretta attribuzione degli insuccessi: è importante non adottare l’atteggiamento dello “scarica barile”, cioè spostare fuori da sé ciò che non va o ciò che non ha funzionato in ciò che abbiamo fatto.

Occorre evitare l’auto-compatimento e il vittimismo, così come l’eccessiva colpevolizzazione e l’atteggiamento accusatorio verso gli altri. Sono infatti modi di pensare e di fare rischiosi, perché azzerano il ruolo personale negli eventi che possono determinare l’insuccesso, annullano la capacità di imparare dagli errori e tolgono spazio alla riflessione su ciò che non ha funzionato. Tutte le teorie sugli stili di attribuzione sono chiarificatrici: coloro che attribuiscono soprattutto gli insuccessi a qualcosa che è al di fuori dalla propria azione, faticheranno moltissimo a migliorare e a mostrare il meglio di sé.

3 – Attenzione a non superare il limite di velocità consentita: a volte essere troppo veloci comporta un danno nella performance. Nel pensiero comune invece troviamo spesso l’idea contraria, ovvero che l’essere molto rapidi sia espressione di intelligenza o buona capacità. Gli studi invece ci dicono che non è necessariamente così, anzi: riflettere con calma prima di agire è spesso di grande aiuto, sia per consentire di accostarsi ad un problema con l’approccio corretto, sia per capire la traiettoria da seguire e le strategie da utilizzare. Va da sé che gli effetti positivi della riflessione sono amplificati dalla capacità di attenzione e di concentrazione, che però va educata e allenata. È necessario sapere che raggiungere un buon risultato richiede tempo, quindi occorre sapere rinviare le gratificazioni, essere capaci di non distrarsi e di mantenere chiaro l’obiettivo da raggiungere.

4 – Non è un fulmine a ciel sereno, il successo. Un buon risultato non è infatti frutto di un istante ma il prodotto di un lungo percorso di pianificazione e di organizzazione. Organizzarsi bene infatti evita di impegnarsi in troppe azioni senza un programma, fatto che porta ad una situazione caotica in cui si fatica ad avere un andamento progressivo e a portare a termine nel tempo adeguato ciò che si inizia. Lo stesso vale per la situazione opposta, quando cioè ci si dedica a pochissime azioni: questo può far perdere delle opportunità. Pianificare significa inoltre saper procedere con costanza e perseveranza.

Arrendersi facilmente significa non arrivare mai a sviluppare né a realizzare performance di successo. Lo notava già Henry Ford: “Il genio viene raramente riconosciuto per ciò che è: una grande capacità per il duro lavoro.”

5 – E vissero flessibili e contenti: dobbiamo sforzarci di allenare la flessibilità, cioè abituarci a vedere le cose secondo prospettive diverse, imparare a pensare a quanti modi, minimo due, vi siano per risolvere un problema. La rigidità di pensiero è infatti nemica del successo.

Questo lo spiega molto bene Sternberg nel suo famosissimo libro “Le tre intelligenze”: un pensiero troppo sbilanciato su un unico fronte porta alla mancanza di equilibrio tra capacità analitiche-critiche rispetto a quelle creative e pratiche e ciò può far insorgere dei problemi.

Il tema, come abbiamo visto, ha tante sfaccettature, dal momento che lo studio dei talenti eccezionali, della genialità e dei “buoni pensatori” ha numerosi fonti e direzioni scientifiche.

Oggi ne abbiamo considerate alcune, mentre altri aspetti sono stati proposti nella 44esima puntata del percorso scientifico da me ideato e giunto alla sua terza edizione e dal titolo: “La scienza di eccellenza”.

Ospiti della 44esima puntata del 18 giugno, la professoressa di psicologia generale Angelica Moè dell’Università di Padova, studiosa di motivazione ed emozione, il professor Marco Basile, docente di liceo scientifico e docente all’Università della Terza Età Ute, di Brescia, nonché ideatore del Talent Scout bresciano. Ecco un trailer realizato per l’occasione.

E per finire voglio, con soddisfazione sottolineare come, a quanto pare, talento e ingegnosità ai bresciani non mancano proprio, dal momento che Brescia, dal 2008 ha visto una crescita di domande per ottenere il riconoscimento di brevetti a livello europeo, secondo l’analisi effettuata da Unioncamere-Dintec. Da 130 domande registrate nel 2008 si è arrivati alle 151 del 2020, dimostrando la crescita della Brescia che inventa, della Brescia geniale.

Di questo mio contributo odierno, care lettrici e cari lettori, vorrei che restasse impressa soprattutto l’idea che ciò che conta non è tanto la “dose” di quoziente intellettivo, bensì ciò che riusciamo a fare proprio con ciò che NON possediamo.

L’obiettivo è quello di riuscire a realizzare la ricchezza che ciascuno possiede, poiché ognuno ha delle potenzialità: si tratta perciò di tirar fuori… l’Hulk che è in noi!

Grazie per l’attenzione, ci ritroviamo tra 15 giorni.

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. Esperta in psicologia dello sport iscritta nell’elenco degli psicologi dello Sport di Giunti Psychometrics e del Centro Mental Training. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

LEGGI TUTTE LE PUNTATE DELLA RUBRICA DI DORIANA GALDERISI CLICCANDO SU QUESTO LINK


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Ultimo aggiornamento il 26 Aprile 2024 03:13

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