“ Qui tra la gente che viene e che va dall’osteria al lupanare […] io ritrovo, passando, l’infinito nell ‘ umiltà” . Il quartiere del Carmine tra mercanti, nobili signori e varia umanità.
di Federica Biglino – Il Carmine nasce come quartiere con forte vocazione artigiana nell’alto medioevo in prossimità delle antiche mura romane e a ridosso di antichi corsi d’acqua oggi invisibili. Un intrico di case addossate le une alle altre dove il suono più comune era quello delle ruote dei mulini mosse dai corsi d’acqua e i colpi di martelli e incudini. Già nel 1388 la popolazione complessiva si aggira sui 1500 individui, distinti tra artigiani, nobili, gente povera che vive alla giornata. Il coturno e la ciabatta.
Il nostro quartiere è caratterizzato da una vocazione decisamente imprenditoriale, soprattutto sono presenti e attivi lanaioli , conciatori e calzolai nelle strade nei pressi della chiesa del Carmine. Da segnalare anche la fiorente attività degli speziali, favorita forse dalla presenza dell’acqua. Questa attività fu anche pretesto per dispute tra speziali “ laici” e farmacie presenti nei monasteri della zona.
Notevole anche la presenza degli armaioli, mentre i cartai progressivamente si spostano verso la valle del Garza più a nord. Un quartiere multiforme, popolare e aristocratico, comunque coloratissimo da sempre. La nobiltà feudale che già dal Cinquecento ha cominciato a risiedere in città ottiene il permesso di costruire nella “civitas nova”, la “ vetus” è appannaggio della nobiltà cittadina.
La zona nord – ovest era quella dov’ erano concentrati i nobili, gli Averoldi, i Sala, i Porcellaga, i Martinengo, gli Avogadro, i Calini… Sono proprio le dimore signorili a giocare un importante ruolo nella storia dell’edilizia del quartiere e a costituire uno straordinario orizzonte visivo che è poi la caratteristica del quartiere.
Basti citare la casa Avogadro in vicolo due Torri con finestre gotiche e gli stemmi dei padroni di casa, il palazzo Caprioli quattrocentesco, il palazzo Bettoni – Cazzago dove alloggiarono Napoleone e Giuseppina nel 1796, e Napoleone III nel 1859. Vale la pena di passare in via Marsala 15 e di buttare l’occhio nell’androne di palazzo Cottinelli – Lana: un trionfo di scultura e architettura barocca. Molti di questi palazzi tuttora sono impreziositi da giardini e piccole vigne.
Nel Seicento le attività economiche più rilevanti cominciano a spostarsi verso corso delle Mercanzie, attuale corso Mameli, che acquista una fisionomia invariata fino ai nostri giorni.
Un’inversione brusca delle attività mercantili si registra dalla fine del 600, quando le attività progressivamente si spostano e il quartiere comincia a popolarsi di persone che vivono in condizioni disagiate. Il quartiere comincia così ad assumere quella fisionomia che avrebbe mantenuto per secoli: la zona nord compresa tra porta Pile e il ponticello nei pressi della chiesa del Carmine è rifugio di diseredati e poveri, la zona sud tra via Capriolo e corso Mameli diventano luogo di attività commerciali e residenza della nobiltà cittadina.
Ma all’inizio dell’ 800 il quartiere viene indicato come area a rischio per la diffusione di epidemie, in particolare tifo e colera ; da quartiere dell’intraprendenza mercantile si sta passando alla fisionomia del quartiere di degrado.
L’immigrazione da altri quartieri cittadini o dalla provincia era già massiccia dal XVIII secolo. Nel XIX secolo, poiché ritenuti malsani e forti veicoli di diffusione della malattia, vengono coperti la gran parte dei corsi d’ acqua a partire dalla confluenza del Bova e del Dragone in via Calini. Ciò implica la decadenza delle attività artigianali e l’abbandono di molte unità abitative che vengono occupate da varia umanità, soprattutto persone indigenti che lavorano alla giornata e vivono come possono. Un medico nel 1872 riferisce: “ se entri in Rossovera ( Rua Sovera), troverai molte povere officine dove in un numero considerevole gli operari lavorano […] Vidi la miseria, il vizio e il sudiciume orrendamente confusi. Quella mancanza d’aria e di luce, quell’afa opprimente, quel tanfo inqualificabile e perenne che regna in mezzo a quelle catapecchie, certe figuracce cadaveriche che giravano appresso… m’affrettavano il desiderio di togliermi da quei brutti luoghi.
Le ricorrenti carestie ed epidemie delle piante ( filossera e pebrina) spinsero molte persone ad abbandonare la campagna e a confluire qui, in cerca di un futuro incerto. Tanti senza fissa dimora alloggiavano nelle varie locande o in camere d’affitto spesso sporche e focolai di varie patologie come la scabbia. Da notare come la scarsità e il prezzo alto del vino dovuto proprio a queste epidemie delle piante favoriva il consumo di alcool puro e di grappa con conseguenze pesanti sull’ordine pubblico e sulla proliferazione della prostituzione.
Altra piaga sociale e per molti versi caratterizzante la dimensione sociale del quartiere era la prostituzione. Va detto però che il Carmine si è guadagnato una fama sinistra legata alla presenza rilevante delle cosiddette “ donne pubbliche” solo in epoca relativamente recente.
Storicamente i lupanari erano collocati nei pressi di quello che sarà il convento di San Giuseppe, che anzi verrà edificato proprio sul luogo di un famoso bordello agli inizi del Cinquecento. Le cronache dell’ Ottocento rilevano la costante presenza del mercato del malaffare collegato anche alla presenza di caserme. Altra nota interessante: la costante povertà e la difficoltà occupazionale rinviavano l’età del matrimonio e ciò aumentava il ricorso alla prostituzione.
Osterie e bordelli: ecco il dialogare dello scandalo, la fama sinistra che ha caratterizzato un quartiere sorto nel cuore della città, che nel corso della storia è stato comunque lo specchio della vita cittadina in chiaroscuro, in vizi e santità, in miseria e nobiltà.
ARTICOLO A CURA DEL GRUPPO G9
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