Fermi ai box al tempo del lockdown | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

Le conseguenze psicologiche della zona rossa sulle nostre relazioni interpersonali

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

“…Che sarà che sarà che sarà
Che sarà della mia vita chi lo sa
So far tutto o forse niente
Da domani si vedrà
E sarà sarà quel che sarà…”
(Sanremo 1971, Ricchi e Poveri)

di Doriana Galdrisi* – Con questo ritornello famosissimo inizia l’articolo di oggi perché “Che sarà che sarà…?” è la domanda che ci stiamo ponendo tutti in questo periodo.

La messa in “zona rossa” di tutta la Lombardia, inclusa ovviamente anche la nostra provincia Brescia, è qualcosa che ha un profondo impatto sugli abitanti del territorio, come cittadini e come lavoratori. Siamo tutti consapevoli delle conseguenze economiche, sulla vita di tutti noi, che queste restrizioni possono avere. Non dobbiamo però sottovalutare nemmeno per un istante gli effetti che ci saranno sulle nostre relazioni e sulla tenuta della nostra comunità, considerando che gli esercizi pubblici che sono stati chiusi sono quelli che più hanno a che fare con la nostra vita sociale: gli spettacoli, il tempo libero, la convivialità, i luoghi della vita collettiva, le zone più frequentate dalla cosiddetta movida e dal divertimento.

Tutti noi abbiamo nei ricordi della nostra vita delle situazioni legate a uno dei luoghi della ristorazione e del divertimento che ora sono chiusi: la cena del matrimonio in una villa della Franciacorta, il pranzo di una cerimonia religiosa come un battesimo o una prima comunione, il rinfresco di laurea in centro città, un aperitivo con gli amici in piazza Arnaldo, una serata in discoteca o in un pub sul Lago di Garda che ci ha permesso di conoscere persone che hanno avuto un ruolo importante nella nostra vita, un contratto di lavoro importante firmato su un tavolino di un bar di Brescia Due.

La chiusura di queste attività, che rischiano in alcuni casi non riaprire dopo il lockdown, può portare non solo alla povertà dei proprietari, ma anche alla povertà interpersonale, una povertà della società stessa.

“Di cosa realmente l’uomo ha bisogno?  Siamo così certi che basti avere da mangiare ed essere in salute per stare bene? Se fosse davvero così, allora, non saremmo uomini. L’arte è propria dell’essere umano e in quanto tale fondamentale per il suo benessere psicofisico.

Per questo motivo dò molta importanza al mio lavoro di musicista: aiuto le persone a vivere una vita al pieno delle proprie capacità intellettuali e fisiche. Amo ogni singola cosa, dal coinvolgimento emotivo che si crea con lo spettatore, alla felicità di un allievo che esegue la sua prima nota. Io mi batto e continuerò a lottare affinché l’arte non muoia in questo periodo buio. Siamo esseri umani! L’arte è un nostro bisogno fondamentale!”

Christian Cominelli, Presidente Associazione Musicale Dodicinote

” Per uscire da queste sabbie mobili dobbiamo letteralmente cambiare testa, e per farlo dobbiamo innanzitutto alzare il livello culturale medio di questo paese, e credere fermamente, come diceva Don Milani, che ciascuno di noi è responsabile per tutto ciò che accade. Cerco di ripartire da me stesso, come credo la maggior parte di noi. La pandemia ha lasciato tante cose, stati d’animo diversi. Sicuramente l’importanza di condividere e convivere con gli altri, mettersi ogni tanto da parte e pensare al prossimo. Non dare per scontato le cose. La parola che mi viene è surreale. Ricordo di aver realizzato la gravità della situazione quando la città era deserta, non c’era un rumore se non quello delle sirene. Un’altra parola giusta potrebbe essere consapevolezza. E la terza parola ancora è   relazioni… Poteva essere davvero una carneficina… nulla avviene per caso”.
Luciano Bertoli, attore

L’infanzia e gli anziani, in questo momento storico, sono le due categorie più fragili e sensibili che dovrebbero essere tutelate e protette con segni forti e tangibili di supporto e sostegno anche e soprattutto economico, perché il rischio sempre più forte è quello di avere tutti e, di ritrovarci addosso, una nuova povertà ancora più assurda ed abominevole quella cioè morale, interiore, quella a livello di coscienza e di valori.

Giorgia Boetto, Dott.ssa in Servizio Sociale

In queste settimane di “zona rossa” il rischio di ritrovarsi in condizioni di vulnerabilità a causa della fragilità delle relazioni è molto concreto.

Il lavoro non è solo un aspetto economico della nostra vita ma è una parte fondamentale del Sense making, della costruzione del senso e dell’identità personale. Il venire meno delle relazioni va a modificare gli scripts, gli schemi all’interno dei quali vengono organizzate le nostre idee e che danno significato al nostro agire.

“…piccoli gesti come bere il cappuccino, mangiare un pasticcino e prendere un aperitivo trasmettono tranquillità…ci fa piacere vedere confermate le presenze dei nostri clienti e noi ci siamo per non perdere il contatto con le persone…”

Sig.ra Tina, Titolare della Pasticceria San Carlo di Brescia

“…le clienti mi chiedono… ancor più di prima…una buona parola …il nostro compito non è soltanto di vendere ora …ma anche di mantenere viva una zona che con il Covid si svuota. Le persone sole escono a camminare e mi chiedono di cambiare le vetrine spesso…. così da rincuorarsi un po’ durante la passeggiata. Quando cala il buio le persone sole entrano anche solo per un sorriso di un attimo…queste maschere ci tolgono il sorriso…ma guardarsi negli occhi e guardare abiti, borse, scarpe per un attimo fa sentire il mondo immutato…. durante lo scorso lockdown non ho mai spento le luci delle vetrine e ho ricevuto apprezzamenti….

Teresa Musicco, titolare di un negozio a Brescia

“…la parte bella di questa pandemia è l’aver scoperto chi davvero è amico e chi davvero è il cliente affezionato…quello che ti chiama tutti i giorni anche solo per una piccola spesa…ma il mare è fatto di gocce d’acqua…”

Arnaldo Turotti del Richs Bar di Rezzato.

“…la mia passione, la mia tanta volontà, però in questo periodo non soddisfano la mia etica di ristoratore, perché quello che conta, non è solo quello che servi, ma il rapporto umano con i clienti…”

Imeria, Ristoratrice

Il rischio di breakdown in questo momento è molto concreto. I breakdown a cui si può andare incontro sono di due tipi:

  • biografico, ovvero una rottura dovuta all’irrompere di un evento critico, come può essere proprio la chiusura o il fermo di un’attività lavorativa;
  • psichico, ovvero un crollo generale della persona.

Per alcune persone i cambiamenti, le ripartenze sono particolarmente difficili e richiedono molta forza anche di pensiero: come cantava Venditti “Che fantastica storia è la vita // e quando pensi che sia finita, // è proprio allora che comincia la salita”

Come è possibile evitarlo? È importante che venga compreso da tutti pienamente qual è l’obiettivo di questa fase “aggressiva” di fronteggiamento del virus, ovvero guadagnare tempo per la ricerca e dare la priorità alla salute. La chiusura in casa delle persone deve essere sempre legata a questa priorità, quella di abbassare le occasioni di contagio e quindi del virus di replicarsi: se una persona perde di vista questo obiettivo, non capisce nemmeno perché ci si debba sacrificare fino a questo punto. Una volta compreso che la priorità è la salute, si devono sviluppare modalità alternative di lavoro: molti ristoranti hanno attivato la possibilità di consegna a domicilio, così come molti artisti hanno scelto di spostare on line parte delle proprie attività.

Fondamentale è sviluppare un mindset agility, una forma mentis agile e creativa che aiuti con la creatività a superare questo momento.

Infine è importante cambiare la prospettiva negativista. Molto spesso siamo portati a usare affermazioni catastrofiche, parole che non lasciano via d’uscita (ad. esempio disastro). Per cambiare prospettiva, quasi a cambiare lo sguardo che decidiamo di tenere sul mondo, è invece utile farsi delle domande, ad esempio “cosa posso trovare di alternativo, ora che non posso fare quello che facevo prima?”

Ed ora mi congedo da voi con dei versi di speranza e resilienza tratti da una famosa canzone di Jovanotti.

Vi aspetto tra 14 giorni. A presto e buon proseguimento a tutti cari followers…

“io penso positivo perché son vivo….perché son vivo …io penso positivo perché son vivo e finché son vivo niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare ..IO PENSO POSITIVO.”

Lorenzo Cherubini “Jovanotti” 1993

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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