Del Bono e la misura del consenso
(a.t.) La gente – quella con con due “g” – continua a pensare a sicurezza, tasse e servizi. Ma tra gli apparatcik della politica bresciana da qualche ora non si discute di altro. La recente indagine del Sole 24 Ore ha “decretato”, infatti, un calo significativo di consenso per il sindaco Emilio Del Bono: uno scivolone di ben 21 posizioni (7,5 per cento), che lo ha portato al 90esimo posto su 104 in Italia. A pari livello di consenso (il 49 per cento) con il collega di Vibo Valentia, un accostamento geografico, che – è difficile negarlo – fa un certo effetto.
Che significa? Immediata la ressa – la rissa – di voci che gridano pubblicamente al disastro politico del Pd o alla scarsa attendibilità dell’indagine condotta da Ipr. E qui subito una cosa va detta. Quel sondaggio è attendibile, per quanto possano esserlo i sondaggi oggi. Perché 600 persone (raggiunte su telefono fisso con modalità Cati e via mail con modalità Cawi) sono un campione non inferiore a quello di qualsiasi altra indagine “seria” effettuata nel Bresciano. Dunque: chi afferma di non credere al sondaggio del Sole, per onestà intellettuale, deve subito aggiungere di non credere ad alcun sondaggio. Una posizione comunque legittima, visto che – dalla Brexit a Trump, passando per tutte le ultime elezioni italiane – i sondaggi hanno dimostrato di non essere in grado di misurare il consenso, sempre più fluido, della gente.
Dunque? Dunque, se si vuole evitare il relativismo e restare entro l’alveo dell’”ortodossia sondaggistica”, qualche segnale da quel sondaggio si può trarre comunque. E il primo è che il vento nazionale soffia forte anche a Brescia. Ma non è una novità. Quel vento aveva spinto Paroli in occasione della sua elezione (concomitanza con le politiche, con la riscossa di Berlusconi) e non ha aiutato Paroli nel 2013, quando – anche a causa di qualche criticità non corretta per tempo – ha prevalso quel substrato cittadino che da tempo colloca il capoluogo una decina di punti percentuali più a centrosinistra della media provinciale. Stavolta il tramonto del renzismo non ha aiutato Del Bono, ma al voto mancano ancora un anno e una nuova indagine del Sole 24 Ore, che – calcoli probabilistici alla mano – vedrà il sindaco attuale in risalita di consenso.
Di certo, poi, i primi tre anni di giunta Del Bono non sono un disastro. Non serve entrare nel dettaglio dei provvedimenti. Basta parlare a taccuino chiuso con molti esponenti politici del centrodestra bresciano per sentirsi dire che Del Bono poi così male non ha fatto, semmai – accusano i rivali – ha fatto poco. Dimenticandosi comunque di dire che la stessa accusa molti la muovevano a Paroli e che è almeno dai tempi del governo di centrodestra (tolto l’avvio) che la Leonessa – tra spese per la metro, tagli degli stanziamenti e dividendi di A2A – è costretta a fare i conti quasi alla virgola.
Se poi un segnale politico a livello locale va tratto – sostiene qualcuno – il calo di consenso (appurato che sull’ambiente, anche a Brescia, non si spostano i voti) si può giustificare solo con due questioni: la questione della sicurezza, su cui i media nazionali martellano, e la raccolta differenziata porta a porta, partita oggettivamente con ordine ed efficienza, ma forse non ancora digerita da tutti.
Bresciaoggi, con l’analisi di Marco Bencivenga, si è spinto oltre. “Se (Del Bono, ndr) deciderà di correre per il secondo mandato avrà davanti a sé 14-15 mesi per correggere il tiro dell’azione amministrativa, valutare l’efficacia del suo modo di comunicare (oggi troppo affidato ai social, a costo di autocelebrarsi o di mettersi a litigare con qualche cittadino) e di soppesare la qualità della sua squadra”, si legge. Un chiaro riferimento, quest’ultimo, al fatto che da tempo – nelle segrete stanze del Pd – si parla di dissapori in giunta o della necessità di effettuare degli innesti per ridare slancio all’azione amministrativa.
Di certo Del Bono ha amministrato seriamente la città, non ha fatto grandi errori né imponenti azioni simboliche per muovere consenso attorno a sé (sul fatto se abbia fatto abbastanza o meno ciascuno si formerà una propria opinione). Dunque è facile immaginare che le dinamiche nazionali saranno ancora una volta decisive per decidere di una sua eventuale conferma. Ovviamente unite alla questione delle alleanze, in particolare in relazione al mondo civico, e alla capacità del centrodestra – oggi molto diviso e, dunque, poco incisivo all’opposizione – di unirsi attorno a una proposta credibile.