✴️ Il dovere civico di ricordare Mario Venturini | di Claudio Buizza *️⃣
di Claudio Buizza* – Mi piace ricordare con le sue parole Mario Venturini, che ci ha lasciati da quindici anni ed il suo pensiero rimane presenza viva in chi lo ha conosciuto, frequentato e gli è stato amico.
“L’amministratore di una città come Brescia ha di fronte a sé la questione degli “scenari possibili”.
Chi osserva l’evoluzione del territorio, dell’economia e della società bresciane non può non interrogarsi sulle possibili evoluzioni. Uno scenario vede Brescia, come tante città italiane, Milano ad esempio, divenire uno dei tanti quartieri di una vasta città diffusa; un secondo scenario riguarda la città che ingloba i comuni vicini trasferendovi cultura e abitudini; un terzo scenario vede Brescia come capitale di un vasto territorio, dal lago di Garda al lago di Iseo, purché essa, come auspicabile, sia capace di mantenere e rafforzare le più alte funzioni di centralità, i più elevati ed innovativi luoghi della cultura, della ricerca, dello spettacolo e del commercio. Il futuro conterrà qualcosa di ognuno di questi scenari, molto dipenderà dalle politiche che verranno messe in atto per favorirli o evitarli; di certo il tema va a legarsi a quello dell’identità civile e morale della popolazione.”
Ricordare è un dovere civico oltre che una indispensabile attitudine individuale. Tanto più in questi tempi in cui sembra prevalere la dimenticanza interessata.
Mario Venturini si è speso con generosità nell’interesse della “polis”. E’ stato definito ingegnere umanista, iscrizione che compare su una delle panchine del parco a lui intitolato nel 2014 e che fermamente volle, nel Comparto Milano.
Capace come pochi di passare dall’argomentazione tecnica e scientifica alla citazione letteraria, della storia e della filosofia, sempre animato dalla speranza, che spesso diveniva certezza, che si potesse migliorare questo mondo. Ognuno facendo la propria parte.
Esponente della sinistra democratica e riformista visse il mondo della scuola come insegnante e preside e fu attento studioso dei processi produttivi nell’industria, consulente della CGIL. Da sempre perciò abituato a confrontarsi con i problemi concreti del mondo del lavoro in un sistema di relazioni complesso. Un intellettuale raffinato, ma con i piedi ben piantati per terra.
Fu assessore all’urbanistica dal 1998 al 2008 chiamato dal sindaco Paolo Corsini.
Gestì con equilibrio e lealtà passaggi amministrativi delicatissimi e destinati a lasciare un’impronta decisiva nella città che oggi viviamo. I progetti del termoutilizzatore e del Metrobus, il riassetto della mobilità pubblica e della sosta, l’acquisizione delle proprietà militari di campo Marte e della Polveriera a Mompiano. Portò avanti con tenacia il progetto di tutela del sistema ambientale, quello del Parco Tarello, superando diffidenze e malcelate volontà di recuperare qualche nuova area edificabile. Diede slancio dopo anni all’edilizia a prezzi calmierati a Sanpolino e molte altre parti della città. Ideò e portò avanti il Piano Carmine i cui risultati sono oggi ben visibili, piano che anticipò per alcuni aspetti il progetto di recupero di Via Milano. E molti altri.
Ma non completiamo l’elenco poichè il pensiero di Mario Venturini è presente come lascito culturale prima ancora che come repertorio di azioni e progetti realizzati.
Furono anni difficili e di grandissimo impegno, non solo dedicato al progettare ma connotato dalla resistenza a pressioni feroci che il mondo immobiliare era capace di promuovere.
Affermò il principio per cui chi governa deve avere maturato una chiara “idea di città” da perseguire con coerenza sulla base di un progetto costruito e gestito con limpida trasparenza. Senza l’idea di città ogni decisione diventa discutibile e facilmente succube degli interessi privati che di volta in volta si manifestano, a volte con prepotenza.
Difese l’idea che la città vive grazie alle sue continue trasformazioni attraverso progetti tesi al riuso funzionale, costruiti per dare nuovo senso e nuovo significato agli spazi della nostra esperienza umana e storica senza per questo tradirne la memoria, voluti per offrire nuove opportunità culturali, sociali e residenziali alla comunità bresciana.
Pose al centro delle politiche urbane la centralità dello spazio pubblico che deve risultare sempre più compenetrato nei tessuti edificati, superando una antistorica divisione tra città privata e città pubblica per assicurare livelli di servizi e di relazioni di qualità. La città bella non può sopportare diseguaglianze e segregazioni.
Rifuggiva ogni tentazione di messaggi “spot”, di facili promesse, di auto propaganda. Non erano in voga i selfie, ma anche in quel caso non ne sarebbe stato contagiato.
E si meritò il rispetto in ogni ambiente bresciano e la stima di chi sa riconoscere il merito e la competenza messe a disposizione della città in modo disinteressato.
Se non dovessi tornare/
sappiate che non sono mai partito./
il mio viaggiare/
è stato tutto un restare/
qua, dove non fui mai./
Giorgio Caproni, Biglietto lasciato prima di non andare via, 1975
* Architetto
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