di Claudio Bragaglio* – Dovrebbero bastare le allarmanti vicende di Italia, Francia, Germania,… con l’espansione della Destra, anche estrema, per imporci scelte coraggiose. Mentre invece non mi convince la discussione sulle alleanze del Pd. Sui petali sfogliati tra un sì ed un no per Renzi, per Calenda o per un M5S diviso tra Conte e Grillo. Un tale confronto è fuori orbita rispetto alla gravità del momento. Ma ogni cosa ha il suo tempo. E quello del PD oggi è per la più ampia alleanza contro la Destra meloniana al governo. Risparmiandoci il dubbio amletico se vien prima l’alleanza od il programma. Pur di star fermi. Quindi si parta dalla politica e che sia: “Campo largo”! Peraltro già in ritardo di ben 5 anni, visto che Zingaretti da segretario del PD lo lanciò nel 2019.
Ma tale ritardo non è ascrivibile solo alla riottosità degli alleati. Che pure c’è stata! Perché la maggiore responsabilità è in capo al PD. Che, fin dalla sua nascita nel 2007, s’è dato uno schema bipartitico. Quindi, contrario alla promozione delle alleanze politiche. Con quella sua fumosa “vocazione maggioritaria”, nel tentativo di rispondere alla crisi dell’Ulivo con il “partito unico” del centro sinistra. Esponendo peraltro il PD ad una suicida politica schizofrenica, tra un PD solitario a livello nazionale ed un PD invece coalizionale in Regioni, Province e Comuni. Basti ricordare in Loggia la vittoria di Castelletti sindaco, con il 55% di otto liste, ma con il PD al 26,6%!
Con la vittoria di Schlein al Congresso molto è cambiato. Ma nello Statuto del PD è rimasta l’ambiguità di quel PD “bipartito”, che fa del Segretario del PD lo scontato candidato a capo del Governo! Un’assurdità, in uno schema coalizionale, che va rimossa.
Anche per responsabilità del PD, quindi, il Centro Sinistra nazionale parte da un livello arretrato. Diversamente dalle alleanze costruite negli Enti Locali. Anche e bene a Brescia. Com’è pure per il prossimo voto in Provincia che vede un Centro Sinistra il più ampio possibile!
Ma a più d’un anno dalla proposta – da tutti condivisa – fatta dall’on. Cuperlo per promuovere i “Comitati per l’Alternativa” non c’è una vera iniziativa nel Paese. Come invece si fece con i Comitati per l’Ulivo. Anche la reciproca fiducia tra gli alleati è da ricostruire. E riguarda non il solo Renzi, ma pure un Calenda che ha stracciato un accordo elettorale appena sottoscritto con Letta. O lo zigzagare di Grillo e di Conte. Con un accordo del M5S col Centro Sinistra per la Regione Lombardia, ma settimane dopo in Loggia a Brescia, con il M5S contro Castelletti e poi con quel suo voto di un 1,4%!
Capisco chi va dovendo scegliere – e penso ad un recente Goffredo Bettini – su un più facile M5S, piuttosto che non su Renzi, anche per via dei suoi pochi voti rimasti. Ma lo ritengo un errore. Infatti va messo al centro il valore dell’alternativa come una strategia aperta ed unitaria, senza veti di sorta. Rivolta neppure ai soli partiti. Perché in quella “unità democratica” c’è anche l’Italia sociale e dell’astensione da riconquistare. Lo “spirito del tempo” va quindi ben oltre la sola aritmetica. E ci si deve confrontare anche con i fischi contro Renzi. E – ritengo – lo debbono fare anche gli “antirenziani” del PD (tra cui mi ci metto), che invece imbarazzati stanno nell’ombra.
Vi sono due lontane vicende bresciane che vorrei, al riguardo, ricordare. Nel ’92 e nel ’94 ci furono gravi crisi in Loggia. Nell’un caso se ne uscì con un accordo della sinistra “berlingueriana” del PDS, con sindaco Corsini, ma – rischiando! – in accordo con “avversari” come i craxiani ed i prandiniani. E non già con la sinistra cattolica, con cui peraltro avevamo i migliori rapporti. Nel ’94, contro la sinistra cattolica, che si oppose allo scioglimento anticipato del Consiglio Comunale, da noi proposto, e che rese poi possibile l’operazione da Corsini a Martinazzoli sindaco. Battaglie rischiose, quindi, ma rese credibili nel PDS proprio per l’autonomia e la credibilità politica dal gruppo berlingueriano del tempo. Per nulla filo-craxiano, tanto meno filo-prandiniano! Ma che ci mise la propria faccia.
Ricordo questi passaggi per dire che un gruppo dirigente deve esporsi in modo chiaro. Per essere credibile. Con il coraggio che invece non vedo nel PD nazionale. In particolare di quello storico 30% “antirenziano” che avrebbe i titoli per farlo. E come “hombre vertical”, come si suol dire. Visto che Renzi è stato sì parte maggioritaria nel partito con quel suo 70%, ma poi anche sconfitto in una fase successiva nel PD.
Se lo “spirito del tempo” nostro è l’unità delle forze democratiche, senza veti, ci si confronta, prima di tutto, con il dissenso e con i legittimi fischi di casa propria. Come ha ben fatto Gentiloni.
La svolta della Schlein è chiara. Questa “papessa straniera” venuta al Pd da lontano – che ha vinto proprio in quel modo il Congresso e pure le elezioni europee – ha già segnato la più netta discontinuità, anche dal renzismo nel PD. Ed è una garanzia. Quindi nel difficile guado, verso la sponda condivisa dell’alternativa, tutti devono poter nuotare. Italia Viva inclusa. Ben sapendo che – facendo tesoro della famosa “fabula” – la rana del nuovo PD se ne guarda bene dal portarsi in groppa – a Roma come a Brescia – un qualsiasi…scorpione!
* Partito Democratico (direzione Lombardia)
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