Pd tra congresso e Loggia: alcune riflessioni | di Claudio Bragaglio *️⃣
di Claudio Bragaglio – Non basta l’ovvietà quando è in gioco la sopravvivenza del PD ed è da tali situazioni estreme che deriva il “primum vivere deinde philosophari”. Ma il PD per ora vaga in cerca d’una nuova identità e rischia persino di rinviare sine die l’opposizione a questo Governo di destra. Manco di tatto, ma ciò mi richiama l’icastica metafora di “colui che, del colpo non accorto, andava combattendo ed era morto”.
Abbiamo avviato un Congresso rifondativo. Ma prima s’è già fatta la scelta dei candidati, solo poi con le forbici di Arlecchino si ritaglierà il vestito multicolore da indossare per il voto degli iscritti. C’è chi s’attarda sul “Manifesto” del PD del 2007, senza chiedersi come, dal 2007 al 2018, il PD sia passato da 12 a 6 milioni di voti. Che ne è rimasto d’un PD maggioritario di Veltroni, d’un mancato PD ulivista di Bersani del 2011, per poi ritrovarci Renzi – figlio per nulla degenere del PD – ma sulla sponda opposta? Con relative scissioni. Che dire poi del mito delle primarie, con ben 3,5 milioni di voti, con Veltroni Segretario, ma che ci ha piantato in asso dopo soli 14 mesi. Il primo di 10 segretari, in 15 anni di vita del PD, che sarebbero dovuti essere – come da Statuto! – tutti candidabili a premier del Governo! Per non dire dei “due PD” dei sindaci, ma con opposte anime faustiane nell’unico petto del partito. Con il “partito dei sindaci”, che s’è sempre adeguato alle scelte nazionali del PD maggioritario, con leggi elettorali “bipartitiche” ed ipermaggioritarie, mentre nel territorio ha vinto promuovendo – e per fortuna nostra! – una politica opposta, fatta dalle più ampie alleanze e di civismo. O delle due componenti – sinistra riformista e cattolicesimo democratico – che nel PD han sì convissuto, ma elidendosi tra loro. Con un PD del bipartitismo che, ipnotizzato dalla conquista del centro, perdeva l’anima sua popolare, lasciando il campo ad un M5S del 33%.
Vi sono candidati e schemi adeguati per un Congresso rifondativo? La mia risposta è molto perplessa. Sia sul fronte di Bonaccini che di Elly Schlein. Vedremo se vi sarà dell’altro. Per ora nebbia, come mai m’è capitato in un Congresso. Peraltro in attesa anche d’una positiva iniziativa del candidato Majorino per la Lombardia.
Questa Costituente mi sembra solo un inizio. Ma, dopo anni di governismo, temo che il PD non sia ancora consapevole della lunga traversata che lo attende nel deserto dell’opposizione. Con l’illusione di avere presto programma ed identità. Penso invece sia prioritario verificare volontà politica e tenuta unitaria del proprio gruppo dirigente. Questo l’hic Rhodus che interpella drammaticamente il PD, ovvero un “patto politico” per poter reggere un lungo e difficile cammino . Se non scatta questo “quid” coesivo non ci sarà Congresso che tenga contro il rischio di spinte centrifughe. Con spartizione di spoglie nel PD, a vantaggio di progetti tra loro opposti.
Se è il “Quartier generale” a non credere più in se stesso e nella sua mission, da ricostruire dall’opposizione, non c’è alcun proclama di Congresso o generale di fureria che rimotiverà l’esercito per nuove battaglie soprattutto sociali. Stante il fatto che non esiste in natura alcuna vera opposizione che, come una vedova sconsolata, rimpianga la dipartita delle sue poltrone di governo.
Per la “gli scolastici” è il programma che salva un partito. Fosse vero. Ma nello stato di eccezione del PD vale proprio l’opposto. Solo un “patto di salvezza” del PD può realizzare l’indispensabile rinnovamento. E se per il filosofo è immaginabile “il mondo come volontà”, direi che non si debba escludere anche un nuovo PD “come volontà”. Infatti più che la caduta elettorale, oggi è la mancata volontà di reazione alla sconfitta il “male oscuro” del gruppo dirigente del PD. Con alcuni – penso al Sindaco Gori – che ipotizzano di potersene pure andare.
L’allarme rosso investe, prima di tutto, il destino che il gruppo dirigente affida a se stesso. Tra rifondazioni, scissioni o separazioni consensuali. Risparmiandoci però il ridicolo di voler uscire dalla palude tirandoci su da soli per i capelli, come il barone Munchausen. O di inveire contro tutti, Conte, Terzo Polo o Sinistre varie che sono poi lo specchio anche dei nostri errori.
Nel Congresso ciascuno farà quel che ritiene. Compreso – temo – l’Aventino del: “né Bonaccini-né Schlein” . Ma pensando ai limiti del Congresso, la mia fiducia è riposta in un più ampio e profondo “partito trasversale” che guarda ben oltre, nella prospettiva d’una rifondazione del PD e del Centro Sinistra, perché solo “insieme stanno o insieme cadono”. Posso sbagliare, ma non sarà certo per una delusione dovuta a mie facili illusioni, visto che nel 2007 ero tra chi neppure lo voleva questo PD.
Alcuni dei pensieri inquieti mi derivano anche dal PD bresciano e dalla vicenda della Loggia. Per il modo – da me non condiviso – come s’è finora affrontato questo decisivo passaggio. Con la possibile sconfitta sullo sfondo, nonostante il buon governo della Giunta Del Bono. Come purtroppo è già avvenuto nel 2008, dopo le due ottime Giunte di Martinazzoli e Corsini.
E’ il “rendezvous” tra due navicelle – delle due Giunte, la presente e la futura – che non vedo ancora funzionare. Per modalità di volo e talune proposte di equipaggio che non sono all’altezza sia delle manovre in atto che della futura guida. Quasi vi sia la rinuncia ad un dopo-Del Bono con analogo ed elevato livello di “Governance” locale. Questo per un freno di divisioni e di inadeguatezza che impedisce al meglio del PD, del Centro Sinistra e dello stesso Terzo Polo di dispiegare convergenti potenzialità. Ma pure con la fiducia che Emilio Del Bono e Coalizione possano rimuovere l’inceppo d’un tale freno, per assicurare finalmente l’atteso ed il miglior… “rendezvous”.
* Partito Democratico
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