🔴 Verso il voto, Girelli (Pd): non solletichiamo la pancia, le paure vanno affrontate | *️⃣L’INTERVISTA

Girelli (60 anni) è stato eletto consigliere comunale a Barghe (1.203 anime) nel lontano 1987, poi è diventato sindaco (dal 1993 al 2006), presidente della Comunità montana della Valsabbia (1995-2004), consigliere provinciale (2005-2009) e consigliere regionale (dal 2010 a oggi)

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Giantonio Girelli
Giantonio Girelli, foto da ufficio stampa Girelli

(andrea tortelli) A sceglierlo è stato il territorio, che lo ha indicato al primo posto negli elenchi per Roma. Ed Enrico Letta – con cui vanta una decennale conoscenza – è stato ben lieto di accogliere la proposta. Alle elezioni politiche del 25 settembre Gianantonio Girelli è capolista alla Camera nel collegio plurinominale Lombardia 3 P02. Una posizione “sicura”, che rappresenta il coronamento di una lunghissima carriera amministrativa iniziata nel ruolo in apparenza più semplice e in realtà più difficile. Girelli (60 anni), infatti, è stato eletto consigliere comunale a Barghe (1.203 anime) nel lontano 1987, poi è diventato sindaco (dal 1993 al 2006), presidente della Comunità montana della Valsabbia (1995-2004), consigliere provinciale (2005-2009) e consigliere regionale (dal 2010 a oggi).

DOMANDA – Il suo è un percorso esemplare, che in pochissimi candidati hanno fatto. Molti sostengono che dovrebbe essere obbligatorio per chi va in Parlamento aver fatto esperienza nelle amministrazioni locali…

RISPOSTA – Non spetta a me dirlo. Ma penso che, per chi si trova in assemblee legislative, sia buona cosa aver fatto un passaggio negli enti locali. Il rischio, altrimenti, è di dar vita a leggi astratte, di difficile applicazione pratica. Troppo spesso i Comuni e le Province si trovano ad avere a che fare con regole sulla carta positive, ma di fatto difficili da applicare, perché non tengono conto di tempi burocratici, difficoltà negli appalti, carenze degli organici e via dicendo.

D – Letta ha detto che quella contro la Meloni è una sfida da “dentro e fuori” l’Europa. C’è in gioco la democrazia?

R – Non vorrei esagerare, anche se sul tema delle libertà il centrodestra viaggia a senso alternato. Di certo c’è in gioco una diversa idea dell’Europa. Oggi viviamo un momento di oggettiva difficoltà, dettata dalle conseguenze del Covid, dalle conseguenze della guerra, ma anche da problemi strutturali che ci trasciniamo da tempo. Con il Pnnr Bruxelles, grazie a Draghi, ha investito molto sull’Italia. Ora, in campagna elettorale, il maggior competitor del Pd dice: “E’ finita la pacchia per l’Europa”, un’assurdità. Io credo che l’Europa non debba essere un luogo in cui ciascuno batte i pugni sul tavolo per rivendicare vantaggi per il proprio orto, ma quello in cui le diverse debolezze dei singoli trovano vantaggio dall’unità per competere a livello internazionale.

D – Anche lei dunque lancia un appello al “voto utile”…

R – E’ brutto definire un voto inutile: ogni voto è un’espressione di libertà che va rispettata. Ma la legge elettorale dice che negli uninominali si viene eletti anche con un solo voto in più e nei plurinominali contano i numeri e le soglie. E’ la matematica a dire che, in molti casi, la scelta è tra due opzioni, non tre o quattro. Non a caso avevamo cercato di costruire un campo largo anche con Calenda: l’accordo c’era e non ho ancora capito perché sia venuto meno.

D – Com’è messo il Pd? Secondo alcuni, lei è tra i pochi leader del partito bresciano ad avere una base forte di militanza che la sostiene. Non crede che uno dei problemi principali dei dem, oggi, sia proprio il rapporto sempre meno stretto con la base?

R – Da troppo tempo i partiti – spesso con grandi successi seguiti da tonfi – si affidano ai singoli leader, a cui delegano la raccolta del consenso e perfino i programmi talvolta. Per questo ho apprezzato la scelta di Letta di non mettere il nome del simbolo e di puntare sulla comunità, per ricostruire la connessione tra cittadini, partito e istituzioni.  Anche a Brescia il Pd ha cercato di ascoltare il più possibile il territorio per arrivare a indicare i candidati.

D – Quali sono, in chiave bresciana, le priorità con cui si presenta agli elettori?

R – Alcune questioni sono tanto importanti per Brescia quanto per l’intero Paese: penso all’energia, al lavoro e alla difesa delle piccole e medie imprese. Sui temi più locali, invece, è importante recuperare il chiaro deficit infrastrutturale che abbiamo, a partire dalla cosiddetta viabilità minore. Ma ci sono anche alcune scelte strategiche da affrontare una volta per tutte: sull’aeroporto di Montichiari, ad esempio, da anni gli stessi protagonisti vanno ripetendo le stesse cose, senza aver mai trovato soluzioni efficaci. Non bisogna poi dimenticare la questione ambientale: a Brescia ci sono grandi criticità, di cui Caffaro è solo un esempio. Infine, solo in ordine di elenco, c’è il tema dei giovani, dell’innalzamento del livello di scolarizzazione e della formazione professionale, che non può continuare ad essere considerata di serie B, ma deve essere di altissima qualità.

D – Molti di questi temi li citano anche altri candidati. Perché un elettore dovrebbe votare lei, e il Pd, e non altri?

D – Il Pd ha steso un programma con due caratteristiche a mio avviso importanti. E’ stato costruito attraverso grandi momenti di confronto, mettendo insieme proposte e persone, e non calato dall’alto. Inoltre abbiamo compiuto lo sforzo di non parlare alla pancia di alcune parti della società, ma di cercare di proporre soluzioni che tenessero insieme interessi diversi. Troppi oggi coltivano paure e lisciano il pelo ai vizi per ottenere voti. Noi vorremmo avere il coraggio di affrontare con serietà le paure, trovando le soluzioni pratiche per costruire il futuro.  Non coltivare in malo modo il presente.

D – Lei non è solo un candidato alle Politiche. Ma anche il capo politico di una parte del partito dominante a livello provinciale. Tra pochi mesi si voterà per la città. Chi deve candidare il centrosinistra?

R – Oggi tutte le energie sono sul passaggio delle politiche. Poi si apre una doppia partita. Ci sono le regionali, dove va capito se l’ipotesi della candidatura Cottarelli è realizzabile o se bisogna puntare su altri: certamente il nome di Emilio Del Bono è tra quelli da tenere in massima considerazione, nell’ottica di contrapporre alla bassa qualità del centrodestra la capacità di governo dei nostri amministratori. Per la città, invece, abbiamo abbondanza di scelte e non possiamo permetterci che questo rappresenti un freno nella scelta. Dopo il voto si faranno le scelte sul candidato, sull’alleanza e sul programma. La giunta Del Bono ha fatto scelte importanti: bisogna continuare su questa strada e ne abbiamo la possibilità.


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