Coronavirus, un nuovo ospedale a Brescia? Si decida in fretta | di Ottavio Di Stefano*
di Ottavio Di Stefano – Siamo tutti provati, stanchi, ed allora è quasi naturale prendersela con qualcuno. Cercare disperatamente di chi è la colpa.
Eravamo tutti convinti che le malattie infettive fossero una parte ancora importante, ma certo non paragonabile al carico sulle comunità delle malattie cronico-degenerative. L’epidemia della nostra epoca, si diceva fino a poche settimane fa.
COVID 19 ci ha trovato impreparati, increduli. Nella nostra Regione con impatto devastante.
Il colpevole. I colpevoli. Ora non li cerco, non mi interessa. Guardiamoci negli occhi. Lo sappiamo e lo diciamo tutti da anni che il sistema va ripensato, riorganizzato.
Lo sappiamo e lo diciamo tutti da anni che la medicina del territorio va reinventata integralmente e che sono indispensabili provvedimenti radicali. Vaghi interventi sono stati messi in campo, ma senza aver determinato quel cambio incisivo, profondo che la situazione richiede.
Lo sappiamo e lo diciamo tutti da anni che l’ospedale deve pure essere riorganizzato, reiventato. Dal verbo della malattia acuta, con cui molti di noi si sono formati, alla malattia cronica, al Vecchio con tante malattie che deve stare il meno possibile in ospedale ed il suo posto è il territorio. Territorio ed ospedale dovrebbero essere una cosa sola.
Lo sappiamo e lo diciamo tutti da anni che è indispensabile un sistema di integrazione e comunicazione con sistemi informatici di altissima efficienza che non ci sono. Lo sappiamo e lo diciamo tutti da anni che siamo sempre di meno, che i nostri giovani non trovano spazio nelle specialità e nei corsi di formazione specifica per la medicina generale. Lo sappiamo e lo diciamo tutti da anni che le nostre strutture sono obsolete ed è indispensabile il rinnovo della tecnologia.
Ed abbiamo di fronte lo spettro o la grande opportunità dell’intelligenza artificiale che dovremo affrontare, o che dovranno affrontare, con le solite armi: studio e competenza.
Ecco, penserete, un corposo cahier de doléances. No, sono proposte.
Ma nonostante tutto reggevamo. Nel novembre 2019 (pochi mesi fa e sembra un’altra era) The Lancet diceva di noi “La qualità del sistema sanitario universale e i comportamenti sani contribuiscono ad una salute generale favorevole, anche in confronto con altri paesi dell’Europa occidentale. Nel 2017, l’aspettativa di vita in Italia….. era tra le più alte a livello globale ed ha raggiunto gli 85,3 anni per le femmine e 80,8 anni per i maschi”.
Poi è arrivato SARS-COV-2. Disorientati, allibiti dall’improvviso carico impensabile di assistenza. Noi tutti, il territorio, l’ospedale abbiamo cambiato pelle in pochi giorni. Tutto è COVID-19.
E incredibilmente ancora abbiamo tenuto botta. Sono crollati i dogmi del nostro lavoro. In molti casi è più utile per i malati il telefono che il fonendo. Ancora non mi capacito eppure: “Every effort should be made to avoid in-person assessment of patients with possible covid-19 in primary care”(Coronavirus disease 2019- covid-19: a guide for UK GPs – BMJ 06 March 2020).
E incredibilmente ancora abbiamo tenuto botta. Abbiamo pagato. Pochi giorni fa è mancato un medico di famiglia di Brescia. Si sentiva nella sua parlata, dopo tanti anni qui da noi, ancora l’accento della sua terra. Non era mio amico, ma la sua stretta di mano e il suo sorriso li ricordo quasi come segno di riconoscenza per averlo accolto nella nostra comunità. Tahsin, il giordano, era uno di noi e mi ha fatto male quel cartello in burocratese che annunciava la sua impossibilità (per sempre) di fare ambulatorio. Sincera vicinanza alla sua famiglia.
Tanti si sono ammalati ed hanno patito ed altri ancora, medici e odontoiatri, se ne sono andati.
Mancano i DPI. Li ho cercati per il mondo ed ho una flebile speranza per i prossimi giorni. Ho già lanciato un appello da queste a pagine ed ora, quasi con sfrontatezza, ma con assoluto rispetto, mi permetto di inviare questa nota, dalla provincia, al Presidente del Consiglio. Abbiamo tenuto botta e terremo botta, ma tutti, dico tutti, ci devono aiutare. Stiamo a casa.
E pensare a soluzioni quasi estreme come un nuovo ospedale? Non lo so, ma che si decida seriamente e in fretta.
Trovare collocazioni adeguate ai neoassunti e non mandare alla sbaraglio i nostri giovani che hanno affollato il sito dell’ordine per iscriversi.
Aspettiamo, a prestissimo, come abbiamo chiesto e proposto, regole chiare e straordinarie di comportamento per i MMG. Il domani, che non so quando arriverà, ci troverà tutti, ma proprio tutti, profondamente cambiati. Ed allora che queste settimane portino ad una coscienza condivisa.
Ed anche la ritrovata, serena, quotidianità non potrà contare solo sul sacrifico degli uomini e delle donne della sanità per una buona cura di tutti noi.
Ieri la notte è stata uguale al giorno, ma da oggi le giornate si allungano e ci sarà un po’ di più di luce. Speriamo.
* Presidente Ordine dei medici di Brescia
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