Il “Cristo portacroce” del Romanino battuto all’asta a New York. Quotazione record per il pittore

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(a.c.) In periodi differenti, con un economia e una finanza differenti, quel dipinto sarebbe tornato a Brescia, magari acquistato da un istituto bancario, o da un grosso industriale. Invece è finito nelle mani di chissà chi, per la cifra di 4 milioni, 562mila e 500 dollari.

E’ la quotazione-record per un dipinto di Girolamo di Romano, detto il Romanino, passato ieri in un’importante asta organizzata da Christie’s a New York. Certo non avrebbe avuto bisogno di pubblicità, ma forse a far lievitare il prezzo del dipinto, un grande olio su tela da 255 x 185 centimetri, è stata la travagliatissima vicenda che ha coinvolto Italia e Stati Uniti, Pinacoteca di Brera e Mary Brogan Museum of Art & Scienc di Talahassee in Florida, avvocati e polizia internazionale.

Il dipinto è conosciuto dal 1853 quando stava nella collezione Averoldi a Brescia. Passò poi a Benigno Crespi e venne messo in asta a Parigi col resto delle sue collezioni nel 1913, quando fu acquistato dal collezionista ebreo Federico Gentili di Giuseppe, a cui venne sottratto nel 1941. L’opera del Romanino, insieme ad altre 70 opere d’arte della collezione Gentili di Giuseppe, venne infatti requisita dal governo filonazista di Vichy e battuta all’asta all’Hotel Drouot, per finire in una raccolta privata milanese e infine venire infine acquistata dalla Pinacoteca di Brera nel 1998.

Gli eredi di Gentili di Giuseppe, sopravvissuti alla deportazione nei campi di sterminio nazisti, quasi tutti oggi residenti in Canada e negli Stati Uniti, avevano in precedenza richiesto la restituzione del quadro, ma la direzione della Pinacoteca, pur essendo a conoscenza dell’origine fraudolenta della proprietà dello stesso, aveva opposto alle loro istanze un categorico rifiuto.

Nel 2011 il quadro venne concesso in prestito dalla Pinacoteca di Brera, in un gruppo di circa 50 opere d’arte, al Mary Brogan Museum of Art & Science di Tallahassee in Florida. Un impiegato della nota casa d’aste Christie’s venuto a conoscenza della cosa, informò uno dei pronipoti del proprietario originale, il quale sporse denuncia presso le autorità di polizia statunitensi, le quali intimarono al museo di non restituire il quadro fino al termine dell’investigazione.

La vicenda si è conclusa il 18 aprile 2012 con la riconsegna del quadro agli eredi di Federico Gentili di Giuseppe, dopo che un tribunale federale ne aveva ordinato la restituzione ad essi, non essendo pervenuta alcuna opposizione da parte del governo italiano o dalla pinacoteca di Brera.

Ieri la conclusione della vicenda, con l’asta record di New York. L’unica consolazione è che ci rimane un’altra versione dell’opera, conservata nella nostra Tosio Martinengo. Quella non finirà mai all’asta. Si spera.  

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1 COMMENT

  1. Era una proprietà privata, ma certo che gli eredi del collezionista ebreo se ne sono sbarazzati molto rapidamente visto il valore di realizzo. Credo davvero che una banca, come fu la San Paolo dei tempi andati e che possiede, tramite l’omonima fondazione, una tela del Romanino non sia potuta intervenire nel segno della brescianità. Non certo Ubi Banca, il cui motto è per molti "Ubi Banca, Brixia cessat".

  2. forse ci sarebbe da riflettere sui tempi e le modalità con cui si è svolta questa vicenda: nonostante sull’opera penda una controversia legale sulla proprietà, Brera concede in prestito il dipinto ad un oscuro museo della Florida, le autorità americane provvedono immediatamente a metterlo sotto sequestro e il giorno successivo Christie’s è già pronta a venderlo…Gli italiani (i cui denari erano stati usati per acquistare anni fa il dipinto) ringraziano la direttrice del museo milanese augurandole tante buone cose.

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