Brescianità e lombardismo, parole vuote se senza progetti

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    Le discussioni pubbliche che appassionano la classe politica negli ultimi tempi segnano una passione crescente per quei termini che richiamano esplicitamente l’appartenenza ad un territorio.

    Ecco così che qui si sprecano ormai termini come brescianità e lombardismo.

    Si riescono ad alimentare proprio su queste espressioni polemiche lunghe giorni e ci si spinge persino fino all’organizzazione di veri e propri convegni dedicati al tema.

    Piacciono anche a me questi termini, quando rafforzano l’orgoglio e il senso di appartenenza ad un territorio.

    Ma se non si accompagnano a una visione, a un progetto, se non si riempiono anche di sostanza, che senso possono avere?

    La pesante crisi che ha colpito anche Brescia ci interroga sulle caratteristiche del nostro sistema economico.

    Nello scenario di una economia che si è fatta, giorno dopo giorno, più globale, potrebbe sembrare insensato discutere di modello economico bresciano.

    Io non credo peraltro sia così: certo non possiamo a Brescia non partire da una riflessione complessiva che investe l’Italia intera, l’Europa, l’economia del Vecchio Continente.

    Ho letto a tale proposito un interessante confronto sulla rivista “Il Mulino” in cui si confrontano sui modelli di capitalismo Romano Prodi e Francesco Giavazzi.

    Il presidente Prodi con estrema lucidità ci parla della sua simpatia per il modello tedesco, fondato sul mercato ma nel quale le imprese non sono chiamate a rispondere solamente al mercato ma, in un certo senso, all’intera società, o almeno a quelli che vengono chiamati gli stakeholders e cioè non solo gli azionisti ma anche ai sindacati, ai fondi collegati all’impresa, alle comunità locali.

    Un capitalismo, quello tratteggiato da Prodi, più responsabile nei confronti della comunità, forse meno “rapido” ma causa e conseguenza insieme di società più coese, in cui la concertazione può ancora disegnare orizzonti condivisi e mobilitare risorse comuni.

    Prodi insomma preferisce questo modello a quello più tipicamente angolosassone, più flessibile e veloce, capace di anticipare o assecondare senza esitazioni i cambiamenti ma anche meno attento alla coesione sociale, in cui le crisi diventano inesorabilmente congenite e strutturali, alternate a fasi di crescita vertiginosa, in cui il processo di finanziarizzazione dell’economia è marcato e fa prevalere logiche di massimizzazione del profitto a breve termine su qualsiasi altro obiettivo.

    Il prof Giavazzi, sempre nel saggio richiamato, delinea invece i punti di forza del modello anglosassone: su tutti la capacità di innovazione continua, spesso conseguenza dello strettissimo rapporto tra ricerca, università e mondo delle imprese.

    Giavazzi denuncia, inoltre, tra i limiti del modello tedesco la centralità attribuita alle esportazioni.

    La salute di un sistema economico non si giudica dal saldo della bilancia dei pagamenti ma anche, e forse prioritariamente, da altri fondamentali fattori: i consumi, il risparmio, gli investimenti. Valori che indicano il livello di ricchezza di un sistema senza dimenticare variabili fondamentali come l’equità sociale e il benessere collettivo.

    Ecco insomma altre due elementi cruciali per capire Brescia e disegnare il suo futuro.

    A parte i dati ricorrenti sulla produzione, come stanno andando qui consumi e risparmi? E ancora: la nostra presenza forte nei settori tradizionali dell’economia fa di noi una Piazza più solida o ci porrà presto fuori dalla Storia?

    Che senso ha questa mancanza di collegamento tra un sistema produttivo robusto come quello bresciano e l’universo complesso e variegato dei servizi alle imprese in cui la marcata latitanza ci rende più impreparati e vulnerabili?

    In tutti i paesi maggiormente sviluppati e in quelli emergenti, si è compreso fino in fondo il vero fattore critico di successo del XXI secolo: il capitale umano.

    Ecco quindi il perché di politiche di forte investimento sulla formazione e sulla ricerca.

    Servono istruzione e conoscenza e per investire in conoscenza bisogna individuare le competenze che saranno utili in futuro.

    Apriamo una discussione franca su come sta funzionando il sistema della formazione a Brescia: dai centri di formazione, passando per le scuole e concentrandoci poi sulle università.

    Che laureati stanno formando i nostri atenei? Che ricerche stanno facendo? Che rapporto hanno costruito con le imprese e con le istituzioni locali?

    Se oltre a lavorare tanto saremo capaci di ragionare tanto, allora di Brescia non si perderanno le tracce nei mercati globali di domani e usciremo più forti da questo tribolato inizio di terzo millennio.

     

    Gianluca Delbarba  

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    1 COMMENT

    1. Apprezzo l’impegno del dott. Delbarba per non restare chiuso nel suo orticello di amministratore… Ma le soluzioni concrete quali sono?

    2. Perfettamente d’accordo, soprattutto con:

      "Apriamo una discussione franca su come sta funzionando il sistema della formazione a Brescia: dai centri di formazione, passando per le scuole e concentrandoci poi sulle università. Che laureati stanno formando i nostri atenei? Che ricerche stanno facendo? Che rapporto hanno costruito con le imprese e con le istituzioni locali?"

      Basta con la compiacenza e la convenienza, si chieda esplicitamente al rettore dell’università di brescia e al provveditore degli studi di fissare obiettivi formativi oggettivi, cioè misurabili, e di confrontarli con gli standard migliori a livello internazionali.

    3. Come non essere d’accordo. Attenzione però che sollevato il coperchio le sorprese sarebbero molte e non certo gradite agli oltre 1000 enti accreditati che con il businnes delle "doti" hanno fatto fortuna e illdendo migliaia di famiglie e di ragazzi.
      Come dimenticare la vicenda dell’ex assessore della Giunta Formigoni Guido Bombarda che ha patteggiato la pena per una tangente di 6 miliardi di vecchie lire e partecipato a una truffa ai danni dell’ Unione europea perché finanziasse corsi di formazione di due sue società? Caso isolato?
      Da decenni una manciata di ispettori non possono certo garantire ne efficienza ne meritocrazia ad un sistema organizzato in modo tale che didattica e competenze professionali rappresentino l’ultima delle preoccupazioni di chi le certifica e finanzia. Non a caso la Gelmini e Colosio stanno “sperimentando” proprio in Lombardia come demolire quel poco di formazione professionale che funziona.
      Caro Delbarba, prima ancora di discutere di come sta funzionando la formazione professionale a Brescia, occorre avere il coraggio di mettere in mora il “sistema dotale lombardo” vero e primo ostacolo a ogni riflessione sulle future competenze dei nostri allievi/stagisti. Piacerebbe a molti colleghi docenti volare alto con Prodi e Giavazzi, ma per ora brescianità e lombardismo sono spesso umiliati da meno nobili interessi. Da tempo è ora di parlarne senza reti di protezione.

    4. Già A Brescia il mercato interno si sta afflosciando paurosamente… Ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri… Beni importati… Fabbriche che se ne vanno… Ma la politica dov’è?

    5. Noto che Delbarba è uno dei pochi che nel Bresciano si lancia in dibattiti anche intellettuali sul futuro…. I nostri politici questa cosa non sanno più farla o la fanno con schemi vecchi di 50 anni. Certe figure andrebbero valorizzate!

    6. "E allora" cosa propone? Parlare di qualità del sistema formativo a Brescia è parlare al vento?
      Strano, persino l’ex pro-rettore Provasi ha confermato l’allarme per l’involuzione del sistema universitario a Brescia.
      30 anni di PDL? Dove sta la novità? Con la storica classe dirigente del PD bresciano, il centro destra governa da 3 mandati… Basteranno caro "E allora?"… ?

    7. Ha ragione "E allora?".. Perchè cambiare Bragaglio, Corsini, Galperti, Delbono? Perchè puntare su Manzoni, Reboldi, Delbarba, Esposto, Frati, Bergomi, Orlando, Cammarata, Ratti, Bondoni, Vivenzi mettendo in discussione quel solido 19% che il PD ha raggiunto in Provincia di Brescia? Viva la conservazione!

    8. Ma perchè bisogna sempre buttare tutto in polemica!?! Ma si parli una buona volta dei contenuti dell’articolo, apprezzandolo o contestandolo! Asini!

    9. Delbarba ha ragione, ma Provasi ha torto: la decadente qualità della formazione universitaria a Brescia è più la risultante delle azioni e delle omissioni del duo Preti-Provasi che dei tagli Tremonti-Gelmini

    10. Cambiando le date anagrafiche se i metodi son gli stessi, non cambia nulla, meglio tenersi Corsini, che almeno sa scrivere e di certo sa amministrare. Del Barba nuovo? ma se è uomo di potere da anni? E gli altri a parte Manzoni chi diavolo sono?
      Bah continuate così, a parlare al vento e far nomi che nessuno conosce per fare pubblicità…tanto per fortuna non contano nulla e visto la competenza è meglio così

    11. Quindi "E allora?" è un osservatore distratto della politica bresciana? O è piuttosto incoerente? Per rinnovare forse non è poi così sbagliato (certo rischioso sì) puntare su nomi definiti "sconosciuti". Se fossero conosciuti probabilmente non rappresenterebbero una novità.
      E comunque ormai è solo questione di tempo… quanto manca al cambiamento?

    12. Non mi pareva che un breve contributo sulla formazione universitaria a Brescia contenesse elementi dirompenti riguardo la classe dirigente del centrosinistra.
      "…per questo il saggio diceva <se io indico la luna, non guardare il dito…>.
      Che inutile dispendio di energie queste infinite discussioni sui nomi. Speriamo un giorno di trovare argomenti e contenuti.
      Quel giorno (sono certo che lo pensi anche -E ALLORA?) sarà più facile condividere anche forme e metodi della politica nuova.

    13. Questa polemica contro Delbarba non si spiega se non con le vecchie logiche del Pd. Continuate così, fino al 2061 noi stiamo al governo…. E pure di Cogeme!!

    14. Ma perchè questo articolo da paraocchi campeggia su BSNEWS in prima pagina da lungo tempo? Perchè non c’è un contraltare a dire quello che il Vicepres. della Lombardia Gibelli sta facendo per la nostra economia? O perchè qualcuno non ricorda che la Presidenza UE di Prodi è stata tra le più insignificanti della storia del vecchio continente e tuttora ne paghiamo le conseguenze? E perchè non si ricordano i danni che il professore ha fatto all’IRI?

      Vado avanti o mi fermo qui???

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