La Lombardia Orientale tra federalismo e milanesizzazione
di Claudio Bragaglio* – Con riferimento all’intervento su BsNews di Sandro Belli (uno dei ‘saggi’ del Sindaco Del Bono) sulla “Lombardia Orientale”, desidero fare alcune considerazioni. Non saprei dire della sua rivendicazione d’un personale ruolo propulsivo. Visto che il tema è degli anni ’70 e che era funzionale alla creazione d’un polo universitario statale (Eulo), allora negato per limiti di territorialità. Ma nel merito dell’odierna importanza strategica sono pienamente convinto, in quanto la Lombardia Orientale torna d’attualità per trasformazioni, crisi e sconquassi in atto.
Alludo alle modifiche legislative (Legge Delrio n.56/2014) e costituzionali riguardanti Regioni e Province. In sintesi: il nuovo assetto potenzia le Città metropolitane, ridimensiona le Regioni, liquida le Province, frena il ruolo dei Comuni. Con relativa incognita sull’enigmatico futuro delle ‘Aree vaste’. Traduco in lombardo. La futura Milano, città metropolitana, è un terzo della Lombardia, ma governerà nei fatti più di mezza Lombardia. E la parte rimanente – che è poi la Lombardia Orientale – sarà terra di rivalsa d’una Regione che – messa all’angolo e ridimensionata dallo Stato e da Milano – si muoverà per riguadagnare funzioni e ruolo a scapito dei Comuni e delle ex Province. Quando figuro questa situazione alludo non alla propaganda politica, bensì alla concreta organizzazione di scelte strategiche, infrastrutture, ripartizione delle risorse. Tutti capitoli – data la crescente scarsità di risorse – che sarà sempre più oggetto di contesa e di vere e proprie scorrerie.
Per non dimenticare, poi, la gestione di enti – ovvero il sistema di potere reale e di organizzazione del consenso – un tempo partecipata dagli enti locali ed oggi di esclusiva emanazione della Giunta regionale. Come è avvenuto con il modello Aler per la gestione dell’edilizia pubblica. Per non dire poi del sistema sanitario, per responsabilità anche della sinistra a livello nazionale e delle regioni “rosse”. E, pensando anche alle “Agenzie del Trasporto pubblico Locale”, di cui mi occupo a Brescia, ai possibili rischi di accentramento anche per il venir meno delle Province.
Finora abbiamo sentito idee bizzarre. Da una parte la città metropolitana di Milano, dall’altra una suddivisione della Lombardia in due aree, l’una montana e l’altra di pianura. Con la Provincia di Brescia tagliata a metà. Oppure – sempre per Maroni – la “Lombardia dei Cantoni”, con la Valcamonica nel Cantone della montagna, associata ad un pezzo di Como e con Sondrio capoluogo. Mentre è in corso, per esempio, la definizione – da parte dell’Agenzia TPL – d’un pluriennale ‘Programma provinciale di bacino’ (con relativa gara europea) che integra il trasporto pubblico della Valcamonica al sistema bresciano e non già a quello valtellinese!
Il tema è di viva attualità, anche perché si va ora incardinando un procedimento legislativo regionale di fondamentale importanza. Proprio sulla riorganizzazione territoriale delle nuove “Aree vaste” della Lombardia. Su cui, mi sembrerebbe opportuno, un confronto anche con il centro destra locale. Belli giustamente richiama anche la riorganizzazione di varie associazioni imprenditoriali su scala della Lombardia orientale, baricentrata sull’area integrata di Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona. Come peraltro sta avvenendo per vari livelli istituzionali statali. Compresi Tribunali e Soprintendenze, pensando ad un recente intervento molto critico dell’arch. Fasser sulla loro riorganizzazione. Seguiranno anche le Prefetture.
A me sembrano chiari alcuni punti, ma anche alcuni rischi.
Primo. E’ necessario rifuggire dall’idea d’un modello metropolitano orientale, incentrato su Brescia, da contrapporre a Milano. Nessuno lo teorizza, ma lo si coglie sotto traccia. Subliminale, quanto velleitario. Nessuno dei quattro capoluoghi, compresa Brescia, è tale da poter assumere un ruolo preminente. Meglio essere chiari. Il modello di “governance” può essere solo di tipo paritario, a rete e federativo tra le diverse città. Per capirci il modello “Belli” non mi sembra la mossa giusta. Per esempio, quello di partire facendo di S. Giulia, il “Museo internazionale della Lombardia Orientale”. Non saprei dire infatti dell’incontenibile entusiasmo di Mantova, da poco fregiata del titolo di “Capitale della Cultura” e culla del Rinascimento dei Gonzaga. Per non dire poi della nostra Fiera di Brescia che, dopo aver saputo perdere EXA a vantaggio di Vicenza, per Belli dovrebbe diventare la “Fiera dell’intera Lombardia orientale”. E poi ancora cosa? Montichiari come ‘Hub’ aeroportuale della Lombardia orientale, in alternativa a Orio al Serio? Insomma se si pensa alla Lombardia orientale pensando solo all’ombelico di Brescia, ed alle sue pretese, meglio non partire. Non me la sentirei di immaginare guerre tra comuni viciniori come nel medioevo. E, se proprio dobbiamo un qualcosa alla storia, ciò ci deriva dall’essere stati per quasi quattro secoli terra veneta in Lombardia. In una Lombardia che, tra l’altro, come autonoma realtà nasce per davvero solo a partire dal 1970.
Secondo. Un “progetto comune”, quindi per una condivisa visione delle cose. Molte delle trasformazioni già in atto rischiano di avvenire in modo caotico, interi pezzi dello stato in Lombardia subiscono la spending review, con scelta guidata dai tagli di spesa e non già da un disegno di riordino complessivo. Penso anche al riordino del sistema del trasporto pubblico ed alle interconnessioni tra i diversi “Programmi provinciali di bacino”.
Terzo. La nuova legislazione lombarda deve poter delineare spazi istituzionali e forme di collaborazioni rafforzate di carattere interprovinciale (tra Capoluoghi e tra Enti di Area Vasta), come stanno facendo il sindaco Del Bono ed il Presidente Mottinelli, per delineare una convergente responsabilità amministrativa. Mentre oggi è in atto una “politica del carciofo”, con relativa spogliazione delle funzioni delle autonomie locali.
Quarto. A me sembra chiara l’alternativa. O sarà in campo un comune progetto autonomista e federale nell’area della Lombardia Orientale, basato su una collaborazione rafforzata tra Capoluoghi e nuove Province, o si realizzerà un epilogo opposto, quello d’una progressiva “milanesizzazione” dell’intera regione, in ragione della forza centripeta ed attrattiva della città metropolitana. A cui la legge Delrio attribuisce il massimo delle funzioni di governo.
Sono due diversi modelli di sviluppo non solo della Lombardia, ma dell’Italia. Da una parte le leve trainanti dello sviluppo sono affidate alle concentrazioni metropolitane ed alla centralizzazione dei decisori pubblici. Dall’altra c’è la ricerca d’un nuovo equilibrio autonomista, in gran parte ancora da ridefinire, tra le metropoli e le aree della grande provincia italiana. La famosa “terza Italia”. Comunque le esperienze sono diversificate. Per esempio la Toscana ha tolto quasi tutto alle Province, non così Piemonte ed Emilia. Quello che oggi risulta nei fatti prevalente per il PD renziano è il primo modello. Ma non è detto si debba realizzare così, in quanto un confronto serio è aperto e finora il nodo rimane irrisolto.
* vicepresidente Agenzia del Trasporto pubblico locale di Brescia