✴️ Provincia spoliticizzata? Non è una società di servizi | di Paolo Pagani*
di Paolo Pagani* – Per l’ ennesima volta stiamo vivendo una fase di riforme, o di deforme, dell’ assetto costituzionale e istituzionale. Ma ancora una volta si parte dal tetto e non dalle fondamenta. Perché, al di là di un senso comune che dice che le leggi rivelatesi più efficaci sono l’elezione diretta dei sindaci e governatori, al contrario, al fine di un rilancio del municipalismo riformista e di un regionalismo solidale, bisogna mettere mano, in sequenza, al Testo unico degli enti locali, alla riforma della legge Del Rio sulle province, alla revisione del Titolo V ridefinendo i poteri delle regioni e, infine, alla istituzione del senato delle regioni e delle autonomie.
Sulla prima pista di lavoro il punto focale è il ridimensionamento dei poteri dei sindaci accompagnato dal potenziamento del ruolo dei consigli comunali. È anche un antidoto ai rischi insiti nella imperante democrazia del pubblico, partendo proprio dal basso.
Sulla seconda va abrogata totalmente la peggiore riforma istituzionale del dopoguerra, tornando alle province, non più enti di secondo livello, ma intermedi tra comuni e regioni, elette direttamente. In modo che possano svolgere il loro compito precipuo di cucitura tra il centro e le periferie, di salvaguardia delle cosiddette aree interne.
Sulla terza si tratta di attaccare il neocentralismo regionale, scarnificandolo da ogni competenza amministrativa e di gestione e limitandone il ruolo ad enti di legislazione secondaria e di programmazione e pianificazione.
Sulla quarta l’ obiettivo deve essere quello di trasformare il senato nella camera delle regioni e delle autonomie. Copiando, si copiando, il modello più efficace in circolazione: quello tedesco. In sostanza un ritorno ad un passato lontano e recente. Lontano… al regionalismo di matrice cattolico-democratica e al municipalismo socialista. Recente… al disegno dei padri costituenti.
Spesso un ritorno alle origini è quello che serve per fare un salto nel futuro. Lo stesso rinnovo del consiglio provinciale, delle settimane scorse, dice che la Del Rio non funziona. Penso che il centrosinistra debba mettere al centro della sua azione in Broletto, nei rapporti con le altre province e con Anci e Upi, il superamento dello status di ente di secondo livello, dentro un ridisegno complessivo delle autonomie locali e regionali. Uno dei punti da inserire nell’ eventuale nuovo programma di consigliatura.
Ritengo, infatti, che le prime mosse del centrosinistra siano state accorte e coerenti con le scelte che hanno portato all’ attuale presidenza. Mettere al centro le 4/5 questioni programmatiche dirimenti e, poi, affrontare il nodo dell’ assetto politico. Il tutto dentro l’ alveo delle indicazioni degli organismi dirigenti, per quel che riguarda il PD.
Trovo, quindi, un po’ eccentriche (nel metodo e nel merito) uscite pubbliche di dirigenti, di peso, che dichiarano che s’ha da fare l’accordo istituzionale (senza se e senza ma) perché la Provincia è la casa dei comuni, dove non ci sono maggioranze e minoranze. Scambiando un ente di secondo livello per una gestione associata di servizi o una unione di comuni. E continuando a riaffermare uno degli obiettivi (irraggiungibili) della Del Rio: la spoliticizzazione delle province. Queste posizioni, a mio avviso, sono altri modi per continuare a fare del male ad un ente, già messo a dura prova in questo ultimo decennio.
Tenere la barra a dritta, come ha fatto il centrosinistra in queste settimane post voto, invece, è il modo migliore per conseguire il migliore risultato.
** BsNews ospita opinioni di intellettuali, politici, imprenditori bresciani nell’ottica di alimentare il dibattito pubblico con pareri autorevoli: le opinioni espresse in questa rubrica non rappresentano la linea editoriale del sito, ma quella dei rispettivi autori.
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