Sono in tanti in queste ore a piangere Giada Zanola, la 34enne che ha perso la vita mercoledì cadendo da un cavalcavia sulla A4 e venendo poi travolta poi da un mezzo. Non un gesto volontario, come inizialmente era stato ipotizzato, ma – secondo l’ipotesi degli investigatori -un terribile femminicidio. A spingerla, infatti, sarebbe stato l’uomo con cui viveva e con cui condivideva la responsabilità di un bimbo di soli 3 anni.
Il dramma si è consumato a Vigonza, Comune del Padovano in cui la giovane da qualche anno con il compagno, l’autotrasportatore Andrea Favero. Giada aveva vissuto a Brescia (nel quartiere cittadino di Folzano) fino al 2016, dove conservava forti legami. Poi si era trasferita a Bergamo e quindi in Veneto, dove nel 2022 aveva comprato casa. Era appassionata di motori (auto, truck e moto), aveva studiato all’istituto alberghiero di Brescia e lavorava come commessa in un negozio di articoli per la casa. Da qualche tempo i rapporti con il compagno erano difficili, tanto che anche su Facebook sarebbero comparsi messaggi che (con il senno di poi) farebbero riflettere sul dramma.
L’unica certezza, ad oggi, è il dramma, avvenuto a circa 1 chilometro da casa (non è noto se i due fossero di passaggio su quel cavalcavia) intorno alle 3 di notte del 29 maggio. Il compagno si trova in carcere in stato di fermo con l’accusa di omicidio volontario. Secondo quanto riportano alcuni giornali, Favero avrebbe fatto alcune parziali ammissioni nella notte e sul suo corpo sarebbero state trovate tracce compatibili con una colluttazione o con precedenti episodi violenti. E’ da chiarire, inoltre, se la lite sia avvenuta sul cavalcavia o in precedenza. Il fratello della vittima, intervistato da diversi giornali, ha riferito che alla famiglia non erano noti episodi di violenza da parte del compagno.