▼ Coldiretti alla Ue: da etichetta a pratiche sleali, serve un cambio di passo

Dal Brennero le proposte in vista delle prossime elezioni europee per sostenere l’agroalimentare Made in Italy

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Ettore Prandini, foto Fondazione Cogeme

Dall’etichetta d’origine Ue su tutti i prodotti alimentari al sostegno delle aziende agricole contro le pratiche sleali fino alla semplificazione burocratica. Sono alcune delle proposte lanciate dalla Coldiretti in vista delle prossime elezioni europee dal Brennero, con diecimila agricoltori in due giorni guidati dal presidente nazionale Ettore Prandini per fermare l’invasione di prodotti alimentari stranieri spesso spacciati per italiani, alla presenza di esponenti del mondo politico e dell’associazionismo che hanno espresso il loro sostegno alla mobilitazione. Si va dal presidente della Commissione Agricoltura del Senato Luca De Carlo di Fratelli d’Italia, al capogruppo 5Stelle al Senato, Stefano Patuanelli, mentre il presidente del Partito Democratico, Stefano Bonaccini ha inviato un videomessaggio. Interventi anche di Stefano Ciafani, presidente Legambiente, Maria Grazia Mammuccini, presidente Federbio, e Barbara Nappini, presidente Slowfood.

La raccolta di un milione di firme – sostenuta firmando in tutti i mercati di Campagna Amica e negli uffici Coldiretti e promossa da una campagna social #nofakeinitaly – con la proposta di iniziativa popolare per mettere in trasparenza la filiera agroalimentare è solo il primo passo per portare l’Unione Europea a un cambio di prospettiva che sostenga la sovranità alimentare, anche lasciandosi alle spalle politiche dettate da un insensato estremismo green.

Coldiretti chiede innanzitutto la revisione del criterio dell’ultima trasformazione del Codice doganale dell’Unione e del luogo di provenienza, che permette di vendere come italiano, magari con il nome “nostrano” o “di fattoria” un prosciutto fatto con cosce di maiale provenienti dall’estero.

Serve poi insistere sul principio di reciprocità, in una situazione dove dalle frontiere entrano prodotti per proibire l’importazione di cibo trattato con sostanze e metodi vietati in Europa che non rispettano le stesse normative comunitarie in fatto di sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente e del lavoro. Una concorrenza sleale che danneggia gli agricoltori europei peraltro sottoposti a regolamenti e vincoli spesso fuori dalla realtà. Secondo uno studio dell’Università di Wageningen, l’Europa rischia di perdere fino al 20% della sua produzione alimentare, con punte del 30% per alcuni settori, a causa delle regole troppo stringenti, con l’effetto di rendere il Vecchio Continente sempre più dipendente dalle importazioni dall’estero.

Da qui la richiesta di una maggiore semplificazione, sulla scia dei risultati già ottenuti dopo le mobilitazioni della Coldiretti a Bruxelles, con la presentazione della revisione della Politica agricola comune per l’alleggerimento degli adempimenti a carico delle aziende. Un primo passo che va ora rafforzato con misure ancora più impattanti, considerato che oggi un agricoltore spende un terzo del suo tempo per riempire moduli e carte burocratiche.

Ma la nuova Ue dovrà garantire mercati equi e trasparenti, incentivando gli accordi di filiera e vietando la vendita sotto i costi di produzione. 

Al prossimo Governo europeo Coldiretti chiede anche di incrementare i fondi Pac per assicurare l’autonomia alimentare dei cittadini europei e favorire il ricambio generazionale, riconoscendo e sostenendo il ruolo degli agricoltori come custodi degli ecosistemi e della biodiversità.

Coldiretti porta in Europa anche la battaglia contro il cibo sintetico fatto in laboratorio dopo aver fatto da apripista in Italia con la raccolta di oltre 2 milioni di firme che ha portato all’approvazione della legge che ne vieta la produzione e la commercializzazione sul territorio nazionale.

 

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