▼ Brescia, tela del Vasari ritrovata e restaurata: vale milioni

C’è un filo che unisce un capolavoro di Giorgio Vasari a Brescia. Un filo per molti versi sorprendente, che racconta una storia tutta da scoprire. Il dipinto in questione raffigura “San Gerolamo penitente” e solo nell’ultimo periodo, dopo studi tanto approfonditi quanto innovativi, è stato attribuito al maestro toscano (nato ad Arezzo il 30 luglio del 1511 e morto a Firenze il 27 giugno del 1574)

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Il quadro del Vasari dopo il restauro, foto da ufficio stampa

C’è un filo che unisce un capolavoro di Giorgio Vasari a Brescia. Un filo per molti versi sorprendente, che racconta una storia tutta da scoprire. Il dipinto in questione raffigura “San Gerolamo penitente” e solo nell’ultimo periodo, dopo studi tanto approfonditi quanto innovativi, è stato attribuito al maestro toscano (nato ad Arezzo il 30 luglio del 1511 e morto a Firenze il 27 giugno del 1574). Ora è sul mercato e, secondo alcune stime, vale milioni di euro.

Un’opera inedita, che, dopo un prolungato oblio, è stata ritrovata e adesso è tornata al suo splendore originario grazie al meticoloso intervento eseguito dallo studio del restauratore bresciano Leonardo Gatti. Proprio qui sta il legame con il territorio bresciano, ma anche la felice conclusione di una vicenda di assoluto interesse storico-artistico partita, a dire il vero, quasi per caso. In effetti un privato collezionista durante uno dei suoi giri “esplorativi” si è imbattuto in una tavola lignea, presumibilmente antica, ricoperta da uno spesso strato di sporco e vernici alterate. Nonostante questa precaria situazione di partenza, lo stesso collezionista ha deciso di procedere all’acquisto del dipinto e si è subito dato da fare per cercare di capire cosa aveva effettivamente acquistato.

Il quadro del Vasari dopo il restauro, foto da ufficio stampa

Ha dunque cominciato il giro delle consulenze e tra gli esperti consultati si è rivolto anche all’ingegner Maurizio Seracini, balzato all’onore delle cronache per la sua ricerca sull’opera di Leonardo Da Vinci, “La battaglia di Anghiari” nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio a Firenze. In seguito l’opera è stata anche sottoposta ad una serie di esami di laboratori, tanto innovativi quanto meticolosi, comprese una “riflettografia” ed una spettroscopia ad infrarossi che hanno permesso di giungere ad intravedere lo splendido disegno preparatorio che si celava sotto lo spesso strato di colore. Proprio grazie a questa scoperta si è potuta ammirare l’elevata qualità del disegno, tracciato con grande cura ed in parte rielaborato.

La meticolosa “analisi” del dipinto non si è però esaurita qui ed anche il supporto ligneo e il fronte sono stati studiati con il radiocarbonio, prima dello studio stratigrafico e delle analisi dei pigmenti grazie all’utilizzo del microscopio elettronico. Tutto questo ha permesso ai consulenti ed agli esperti di individuare l’epoca, lo stile e i materiali utilizzati, giungendo così alla concludere che l’opera non solo è collocabile in ambito toscano, ma presenta forme e tecnica d’esecuzione pittorica in stile tipicamente manierista, compatibile con la seconda metà del XVI secolo, proprio quando operava l’eclettico artista toscano, pittore, architetto e storico dell’arte italiano. Unendo tutti questi dati, dunque, gli esperti che hanno visionato il dipinto hanno concordato nell’attribuirlo a Giorgio Vasari, una convinzione che è uscita rafforzata dal riuscito lavoro di restauro effettuato dal professor Leonardo Gatti.

“Sono stato davvero onorato – è stato il commento dello stesso restauratore bresciano – che un intervento tanto prestigioso e complesso sia stato affidato a me e al mio staff. Un capolavoro d’inestimabile valore e vederlo prendere gradatamente forma sotto i nostri occhi è stata una forte emozione. Quando abbiamo cominciato ad occuparci di quest’opera, le sue condizioni erano davvero precarie. Un forte degrado rischiava seriamente di comprometterlo e il restauro si presentava particolarmente delicato. Proprio per questo abbiamo dedicato a questo intervento tutte le nostre conoscenze e le tecniche più innovative del settore. Abbiamo realizzato un lavoro paziente e meticoloso, ma, alla fine, possiamo dire che il risultato che siamo riusciti a raggiungere parla da solo. Possiamo dire di avere ripagato la fiducia che ci è stata attribuita”. L’illustre restauro eseguito sulla S. Agnese del Guercino (Cento 1591 – Bologna 1666) e presentato ufficialmente a Lugano insieme al professor Vittorio Sgarbi, il restauratore bresciano è riuscito a richiamare l’attenzione generale sul suo lavoro ed è stato proprio questo credito che ha indotto i committenti ad affidarsi a lui per riportare nelle condizioni originali un’opera di assoluto pregio come il “San Gerolamo penitente” del Vasari. Un capolavoro che sembrava irrimediabilmente perso sotto la coltre del tempo e che, invece, ha ritrovato proprio a Brescia i colori, i tratti e tutte le prerogative che lo inseriscono di diritto tra le grandi opere della storia dell’arte di assoluto pregio.

Il quadro del Vasari dopo il restauro, foto da ufficio stampa

 

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