Udienza importante, ieri, a Brescia per il processo della morte di Sana Cheema, la 25enne italo-pakistana che sarebbe stata uccisa da alcuni familiari per lo stile di vita troppo occidentale e il rifiuto delle nozze combinate decise per lei dai genitori.
Sul banco degli imputati, come noto, ci sono il padre Ghulam Mustafa (54 anni) e il fratello maggiore Adnan (35 anni), che sarebbero stati gli autori materiali dell’omicidio e che al momento si trovano (liberi) in Pakistan. Ma ieri la loro presenza, se pure virtuale, è stata significativa.
In aula, infatti, sono stati mostrati alcuni video realizzati da giornalisti pakistani con interviste al padre e al fratello di Sana. In uno, in particolare, il fratello della vittima confessa l’omicidio, spiegandone le ragioni e la dinamica: “Abbiamo avuto un litigio – avrebbe detto il giovane – lei ha iniziato a insultarmi e io l’ho uccisa strangolandola con un panno che era lì vincino. Mio padre – ha precisato rispondendo alle domande – era al piano di sotto e non ha fatto niente”. Una versione che cozza con un’altra, secondo cui il genitore avrebbe partecipato direttamente al delitto.
La confessione è poi stata ritrattata e il fratello, come il padre della vittima, è stato assolto da un tribunale pakistano. Ora, però, si attende la giustizia italiana.
L’omicidio di Sana Cheema è avvenuto a Gujrat il 18 aprile del 2018: il giorno dopo, come conferma il biglietto aereo già acquistato, sarebbe dovuta rientrare a Brescia.