La data decisiva sarà il 27 settembre, quando la Provincia di Brescia – socio di Garda Uno – sarà chiamata a decidere sulla richiesta di autorizzazione (la terza) per la realizzazione di una nuova discarica di rifiuti speciali non pericolosi avanzata dalla società La Castella, di proprietà dell’utility Garda Uno. La discarica sarebbe realizzata nella cava Ate 25 (tra Buffalora e Rezzato), per metà in acqua, che verrebbe impermeabilizzata per separare i materiali conferiti dalla falda. Ma la questione – tra proteste e scontri nelle aule di tribunale – fa discutere il territorio bresciano da circa 12 anni.
In attesa della sentenza del Broletto (e dei nuovi ricorsi che certamente arriveranno in caso di approvazione), ieri sono stati in 300 a sfilare nel corteo promosso dal Codisa (gruppo presieduto da Francesco Venturini) e dal Comitato di quartiere per ribadire il proprio no alla nuova discarica. E tra questi moltissimi sindaci e amministratori locali, come Laura Castelletti (sindaco di Brescia), Camilla Bianchi (assessore all’Ambiente di Brescia), Fabio Capra (consigliere ed ex assessore Comune di Brescia), Roberto Cammarata (Brescia), Roberto Omodei (Brescia), Emilio Del Bono (ex sindaco e consigliere regonale), Pierluigi Plebani (presidente del Cdq Buffalora), Matteo Capra (assessore a Rezzato), Alessandro Mariani e Mara Galanti (consigliere di maggioranza e miniranza a Castenedolo), Michele Zanardi (sindaco a Villanuova e segretario Pd), Giacomo Marniga (sindaco di Borgosatollo).
I motivi della protesta sono ormai noti. Ai rischi ambientali, infatti, si somma la volontà di completare il Parco delle cave, magari realizzando un nuovo laghetto nell’area di cava. Ma la società Garda Uno, che per il terreno ha investito una decina di milioni di euro, non vuole mollare la presa.
Garda Uno, lo ricordiamo, è una società le cui quote sono detenute da diversi enti pubblici benacensi. I principali sono Desenzano (21,8%), Salò (9,3%), Sirmione (5,7), Roè Volciano (3,8), Padenghe (3,1), Manerba (3) e Toscolano (3). Ma tra i soci c’è anche la Provincia (9,7%), che è l’ente chiamato a prendere la decisione. Una situazione imbarazzante, sia per il potenziale conflitto di interessi della Provincia, sia per il fatto che in pratica si tratta di uno scontro tra territori: città e hinterland contro il Garda.