🔴 Sanità, i medici bresciani: servono più investimenti e meno burocrazia
Viviamo tutti la “crisi” della sanità, che mette in discussione la sostenibilità economica e quindi la sopravvivenza stessa del nostro Servizio Sanitario Nazionale. In vista delle prossime elezioni regionali in Lombardia il Consiglio Direttivo dell’Ordine dei Medici si è messo in ascolto dei medici bresciani, con l’obiettivo di raccogliere le priorità da mettere in campo per contrastare questa deriva.
A tal fine l’Ordine ha realizzato un sondaggio tra gli 8 mila iscritti, promosso dall’11 al 22 gennaio 2023, sul tema Salute per tutti? – Elezioni regionali lombarde: le priorità secondo i medici bresciani.
Il sondaggio si è svolto mediante questionario on line, a risposta chiusa e anonima (il link per partecipare è stato inviato a ciascun iscritto tramite mail personale) e ha ottenuto un riscontro molto significativo, con la partecipazione complessiva di 1573 medici, pari al 20% degli 8129 iscritti, nettamente superiore alla significatività statistica. Il 37% del campione è rappresentato da medici ospedalieri, il 20% da medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, il 12% da medici di strutture pubbliche di servizio (come Ats e strutture dell’organizzazione sanitaria), il 7% da odontoiatri, il 5% da medici di Rsa e della riabilitazione.
Si osserva un sostanziale equilibrio di genere fra gli intervistati (49% donne, 51% uomini), mentre sotto il profilo anagrafico il 54% dei partecipanti appartiene alla fascia di età tra i 35 e 64 anni. Gli under 35 rappresentano il 15% del campione, mentre gli over 65 sono il 31%.
Le priorità dei medici bresciani per contrastare le crescenti criticità del Sistema sanitario lombardo convergono sulla necessaria riduzione della burocrazia, sul rafforzamento della comunicazione tra ospedali e medicina territoriale e su una maggiore integrazione tra sistema sanitario e sistema di welfare.
Per rispondere ai bisogni di salute della collettività sono necessari investimenti sui medici del territorio, sui servizi di Pronto soccorso e di medicina specialistica, nel quadro di una rivisitazione complessiva del sistema.
Riguardo alla riforma regionale dei servizi territoriali, se è vero che Case e Ospedali della comunità hanno un disegno già definito dal punto di vista strutturale (PNRR), secondo gli intervistati serve uno scatto in più: queste strutture devono essere “riempite” di regole e funzioni, e per concretizzare in modo efficace la riforma è fondamentale investire su personale dedicato, oggi drammaticamente carente.
«Le criticità e proposte che emergono dal sondaggio esprimono chiaramente il disagio dei medici – dichiara il presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia, dottor Ottavio Di Stefano – In vista delle sfide che attendono la sanità lombarda nei prossimi cinque anni, l’Ordine è chiamato a svolgere quell’indispensabile ruolo culturale che da sempre gli compete: sarà nostro impegno approfondire le istanze evidenziate dalla comunità medica del nostro territorio, per portarle all’attenzione delle istituzioni sanitarie».
La Medicina territoriale
La medicina territoriale è centrale per un ottimale funzionamento del sistema sanitario, come ha confermato l’esperienza della pandemia Covid-19, evidenziandone le gravi carenze organizzative. Per colmarle, secondo i partecipanti al sondaggio, è necessario puntare innanzitutto sulla riduzione della burocrazia, che sottrae tempo clinico da dedicare ai pazienti (ne è convinto l’86,3%).
In uno scenario proiettato sul progressivo invecchiamento della popolazione e sull’emergere di nuove fragilità risulta centrale anche una maggiore integrazione tra sistema sanitario e sistemi di welfare territoriale (Comuni ed enti locali) per il 73,9% degli intervistati, che si abbina alla necessità di riformare il sistema di presa in carico della cronicità (73,5%).
L’investimento sui medici di famiglia e pediatri di libera scelta, sia in termini economici sia soprattutto come incremento del numero di professionisti, per riequilibrare la platea di assistiti a carico, è largamente condiviso. Emerge anche la necessità di destinare maggiori risorse per il personale infermieristico, di cui si avverte la grave carenza.
Riscuote invece uno scarso consenso, soprattutto tra i diretti interessati, l’opportunità di superare l’attuale rapporto di convenzione libero-professionale del medico di medicina generale, per passare a un regime di dipendenza dal Servizio sanitario nazionale. Fra i medici di famiglia e pediatri di libera scelta solo 1 su 4 si dice favorevole. Analogamente, per il 74% non è convincente l’idea di modificare l’odierno percorso di formazione del medico di medicina generale per arrivare ad una vera e propria specializzazione.
La riorganizzazione della rete territoriale prevista dal PNRR
La riorganizzazione della rete territoriale inserita nel PNRR e recepita da Regione Lombardia, con la previsione di una nuova organizzazione per la medicina del territorio (imperniata su Distretto, Centrale operativa territoriale, Ospedali e Case della comunità, assistenza domiciliare), desta non poche preoccupazioni nei medici.
Il timore è che la carenza di personale renda attuabile solo in parte la riforma (criticità avvertita da quasi l’87% degli intervistati), e che la mancanza di specifici accordi a livello nazionale con i medici – sia del territorio che ospedalieri – ne vanifichi il funzionamento.
Grande è l’incertezza percepita dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta, che saranno fra i principali attori dei futuri servizi territoriali: l’82% ritiene che l’attuale riforma sia parziale e rileva con preoccupazione l’assenza di contenuti operativi, tra cui le regole per il funzionamento della rete delle Case e Ospedali della comunità.
I medici auspicano una riforma di ampio respiro, e sono convinti che per realizzarla siano imprescindibili azioni e investimenti concreti. In assenza di questi requisiti, al momento meno del 22% dei partecipanti al sondaggio stima che la riforma produrrà utili risultati.
La rete ospedaliera
Il sistema ospedaliero lombardo annovera eccellenze sia nel settore pubblico che in quello privato accreditato. Il principale punto critico, secondo l’85,5% dei medici intervistati, sta nella inefficace comunicazione tra ospedale e territorio, che andrebbe migliorata con sistemi informatici condivisi e affidabili.
Il problema dei tempi di attesa per accedere alle prestazioni sanitarie è ben presente ai medici, che ritengono vada affrontato innanzitutto con maggiori investimenti nelle attività ambulatoriali specialistiche (per l’80,8%) e nel Pronto Soccorso (80,2%).
Oltre 2 medici su 3 sono convinti della necessità di dotare gli ospedali pubblici di maggiori risorse tecnologiche. Il 61,5% degli intervistati è persuaso che in Lombardia andrebbe promosso un maggiore coordinamento fra ospedali pubblici e privati.
Il rapporto tra medicina territoriale e specialistica
L’allungamento dei tempi di attesa per esami e visite specialistiche impone una riflessione sul rapporto complesso, al centro di analisi e discussioni, fra medicina territoriale e specialistica.
Secondo i partecipanti al sondaggio gli interventi più urgenti da realizzare in chiave migliorativa convergono su due priorità. Da un lato limitare alcune visite specialistiche non indispensabili, che spesso si configurano come mero atto burocratico (ad esempio per rinnovi di piani terapeutici per patologie croniche o per certificati di esenzione), azione condivisa dal 77,5% del campione generale e molto sentita dagli ospedalieri. Dall’altro aumentare quantitativamente le visite specialistiche ambulatoriali (priorità fortemente avvertita da chi lavora sul territorio come medico di medicina generale o pediatra di libera scelta): una sfida complessa, dal momento che si deve accompagnare ad un parallelo ampliamento del tempo da dedicare ad ogni singolo paziente.
Anche la diffusione di Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA) viene giudicata importante dal 64,3% degli intervistati, perché in grado di ottimizzare il processo assistenziale e il ricorso alle risorse specialistiche, uniformando gli approcci clinici.
Allo stato attuale non viene considerata particolarmente efficace la soluzione di portare alcuni esami e visite nelle Case di comunità, secondo quanto previsto dalla riforma regionale.
Una spia che indica come la riforma, necessaria per ottimizzare i servizi del territorio, dovrà definire al meglio le funzioni delle diverse tipologie di Case della comunità (hub e spoke) e la relazione con le realtà esistenti (medicina di gruppo), per offrire una effettiva disponibilità di accertamenti clinici e diagnostici.
In questo scenario anche la telemedicina, al di fuori di sistemi relazionali condivisi, non viene percepita come una risorsa determinante per abbattere i tempi di attesa.