Benessere e salute

Due occasioni per cambiare la sanità lombarda | di Paolo Pagani

di Paolo Pagani – Stiamo affrontando una situazione inedita, si dice. Ma è una mezza verità. Se si guarda alla lunga durata, le epidemie, insieme a carestie e guerre, sono state potenti fattori morfogenetici del mondo.

Alcune volte hanno determinato il crollo di civiltà, altre volte hanno aperto epoche nuove. Molto è dipeso dalle risposte delle classi dirigenti. Con una costante: i negazionisti hanno sempre figurato come apprendisti stregoni.

Gli odierni campioni di questo ricorso della storia stanno conducendo i loro paesi al disastro e, al contempo, schiacciano sull’acceleratore di un nuovo disordine mondiale e di una nuova guerra fredda.

Diversamente, la vecchia Europa ha colto che non poteva ripetere le politiche adottate dopo la crisi del 2008 e che è scoccata l’ora del sovranismo europeo. Non a caso i sovranisti nazionalisti arrancano e non sanno che pesci pigliare.

Si parva licet componere magnis, anche nella martoriata terra lombarda si dovrebbe trarre i dovuti insegnamenti e abbandonare le ricette, o i modelli, del passato.

Il carburante dei modelli è sempre un sostrato ideologico che fa velo alla realtà. Il modello ti fa credere di essere giunto ai confini del mondo e ti impedisce di pensare in termini di cambiamento e di innovazione.

Il modello formigoniano, peggiorato nella versione di Maroni, ha bloccato l’evoluzione della sanità lombarda; la sua camicia di forza ha offuscato la vista sui nuovi bisogni di salute, a partire dalla cronicità. La medicina di territorio e di prossimità, la prevenzione, l’integrazione tra il sociale e il sanitario, invece di essere le nuove frontiere, sono state retrocesse a retrovie.

La pandemia, benché a molti fosse già chiaro, ha messo a nudo le criticità del modello.

Non avendo gli avamposti, il sistema ha risposto utilizzando quasi esclusivamente l’unico strumento efficace disponibile: l’ospedale. Che non ha retto alla potenza del virus.

Ma il modello ha continuato a imbrigliare le menti degli amministratori. Tanto è vero che, accecati dalla hybris, hanno partorito l’idea di un grande ospedale da 400 posti. Una cattedrale nel deserto. Una fortezza isolata, in luogo di presidi diffusi.

La Lombardia ha, però, due occasioni per ridisegnare il suo sistema sanitario. Il primo è il decreto Rilancio, che consente un rafforzamento mai visto della medicina di prossimità.

Misura fortemente voluta dal ministro della salute Roberto Speranza, a cui va dato merito.

Si avvii una grande consultazione, coinvolgendo sindaci, forze sociali e ordini professionali. Non si decida nelle stanze cieche di Palazzo Lombardia.

La seconda occasione è la scadenza ad agosto della fase sperimentale della riforma di Maroni. Lungimiranza vorrebbe che fossero gli stessi amministratori lombardi ad avanzare al ministero gli ineludibili cambiamenti. Temo che non avverrà.

Credo, pertanto, che tocchi al ministero aprire una serrata interlocuzione con la giunta regionale. Questi mesi così tragici impongono che la sperimentazione si chiuda con una profonda revisione della legge che regola la sanità lombarda.

* segretario provinciale di Articolo UNO di Brescia