Quelli che… gli piace il Pirlo | BARBERA & CHAMPAGNE/7
di Stefano Bergomi* (stefano.bergomi@tin.it) – La sempre maggiore difficoltà di trovare posti in cui ti fanno un pirlo buono è stato lo spunto dal quale sono partito per questo nuovo articolo.
La sottolineatura è doverosa per rimarcare che sto parlando di pirlo e non di spritz e del fatto che sono due cose molto diverse. Un po’ come la Coca-cola e la Pepsi, per intenderci, o gin e jenever, o ancora il barolo e il barbaresco.
Da estimatore del vero pirlo “bresciano” noto sempre più spesso errori grossolani o facilonorie che mi lasciano perplesso e mi indispongono.
Di seguito una breve carrellata degli orrori, riscontrata in diversi bar di Brescia e Provincia:
- bicchiere sbagliato. Lasciando perdere il vasetto di marmellata che va tanto di moda, trovo improponibile il bicchiere quadrato da amaro. Impedisce una corretta miscelazione e quindi la perfetta amalgama dei diversi componenti. Negli esercizi d’antan ci si spinge addirittura sulla “cristalleria della nonna”, con l’inevitabile insorgere di soggezione per la paura di far cadere il bicchiere e spaiare la collezione da pezzi unici e ormai introvabili.
- troppo ghiaccio. Il pirlo non è un cocktail. La base campari, robusta ma non da superalcolico, dà adito alla possibilità di essere consumata ad una temperatura non troppo bassa, anche perché la leggera tendenza amarognola della bevanda regala una confortevole persistenza, non è quindi richiesta l’inutile anestetizzazione da freddo.
- colore tenue e trasparente. Fondamentale per la soddisfazione della beva è la giusta proporzione dei componenti. Il pirlo perfetto è quello non troppo forte dal punto di vista alcolico, deve infatti consentirti di poter ordinare anche il secondo giro, lasciandoti la sufficiente convinzione di riuscire a tornare a casa sulle tue gambe. Ma certo non può essere nemmeno scialacquato, pena il confinamento della discussione con i tuoi compagni di pirlo in scialbe conversazioni, quasi come quelle sul tempo meteorologico con i colleghi d’ufficio.
Come per il vino, la bontà del pirlo si riconosce a partire dal colore. E’ quindi sconsigliato affidarsi a barman che prediligono composizioni pallide, soffuse e tenui.
Meglio allora ripassare la ricetta del Vero Pirlo Bresciano… Nel malaugurato caso in cui non riusciate a trovare appagamento in giro, potrete sempre ripiegare su un buon pirlo casalingo di vostra produzione.
LA RICETTA DEL VERO PIRLO BRESCIANO
– bicchiere a tulipano (stelo alto) con ballon ampio
– inseriteci max 2 cubetti di ghiaccio
– versate il campari (1/3)
– quindi vino bianco fermo (1/2 bicchiere), meglio se di produzione locale e non particolarmente aromatico
– aggiungete acqua gassata
– tocco finale, inserite una fettina di limone.
Le principali differenze con lo spritz sono nell’uso del campari al posto dell’aperol e del vino bianco fermo in luogo del lusingatore prosecco.
Ancora un paio di constatazioni sul nostro caro pirlo.
Lo sdoganamento anche fuori dalla Provincia di Brescia è ormai generalizzato, lo sapete che perfino il New York Times l’ha definito “bu fess”?
Nato come bevanda privilegiata per il momento dell’aperitivo, si sta sempre più imponendo come piacevole compagnia anche nel dopo cena, in sostituzione di cocktail più modaioli, e magari più costosi…
Perché il pirlo non è moda, ma sempre più uno stile di vita.
* sommelier per passione