di Elio Marniga – A quella domanda volevo rispondere subito ma, se al momento non ti funziona il pc, finisce che te ne scordi. A rammentarmi l’impegno che mi ero preso ha pensato Claudio Bragaglio, il mio osservato speciale tra i politici di casa, e l’ha fatto con una lettera al giornale della “Leonessa”.
Ma qui devo ricostruire, per farmi capire. La “Leonessa”, agli inizi di marzo, sottolineò che, in occasione del congresso del PD, i maggiorenti bresciani di quel partito misero la testa sotto l’ala, come fanno le galline, e non svelarono il nome del loro preferito come segretario. Prudenza? Incertezza? Equidistanza? Rispetto dell’opinione degli elettori che non vanno troppo incalzati? Indifferenza? O tatticismo per non compromettere future possibilità agognate? Alla domanda della “Leonessa” (“Se non si esprimono i leader perché mai la base dovrebbe riconoscerli come tali?”), Bragaglio dà la sua impietosa risposta, prettamente politica, ch’io non voglio, almeno per ora, commentare.
Il mio interesse si focalizzò sul sostantivo “leader” perché lo trovai fuori posto; in quella locuzione avrei usato il termine, più riduttivo e meno impegnativo, di “capo”. Ha leader il PD bresciano? Direi proprio di no, come non ne ha neppure, oggi, quello nazionale. Capi in abbondanza, qui e là; magari uno più capo di altri.
Poi il mio pensiero traslò dal PD alla realtà sociale ed economica della nostra città e mi posi la domanda: Brescia ha un leader? In Brescia c’è una personalità che, per storia personale, carisma, preparazione, cultura, capacità oratoria, magari espressa anche con cinguettii, vede le necessità della città larga e sa come soddisfarle coagulando, attorno a sé, forze politiche, sociali ed economiche locali e nazionali? C’è? Ne ha avuti? Si sa, con l’età si diventa miopi e io non ne vedo; con l’età si perde anche un po’ di memoria e, per il passato, vedo solo il sindaco Boni.
Ma Brescia ha necessità di un leader? E’ prospera e grassa, tanto che non c’è necessità di fare la guerra alla povertà; è in crescita, anche di bar e ristoranti, oltre che di abitanti; la squadra di calcio promette di gareggiare con le grandi; ha la metropolitana. Insomma, nessun bisogno di un leader a Brescia, dove tutto va per il meglio.
Però, se non un leader, almeno di una personalità che abbia un po’ di autorevolezza Brescia ne abbisogna se vuol far cessare due situazioni che la fanno arrossire di vergogna, specie con i vicini. Due situazioni che si trascinano da decenni e sulle quali nessuno ha il coraggio di recitare il de profundis: la fiera e l’aeroporto. Si, sono faccende “private”, (oddio, private fino ad un certo punto!) ma che imbarazzo a parlarne con qualche forestiero! Secoli fa, c’era tutta la volontà di farne grandi cose ma…Nessun “mea culpa”, ma l’Autorevole dica chiaro che la fiera di Brescia si trova a Montichiari e che l’aeroporto ha due piste: a Orio e a Villafranca.
Elio…e poi sarei io l’impietoso, nei giudizi! Condivido molto di ciò che hai scritto sull’assenza (limiti, carenza… se vogliamo attenuare) di leadership bresciane. Citi Bruno Boni. Anche su questo condivido. Ma dopo la lettura della biografia – generosa – di Paolo Corsini mi son convinto che in Boni vi fossero indubbia intelligenza politica, ma pure una gran fortuna – unica – d’un tiraggio economico dal dopoguerra in poi in fatto di economia e di industria (siderurgica…), fino appunto a metà degli anni ’70. Con i nomi noti dei capostipiti industriali. Un modello “autarchico”, passami la voluta esagerazione, in fatto di leadership politiche e economiche. Ed anche di soluzioni economiche. Poi cambia tutto. Ma proprio tutto. Con il mondo democratico cristiano che mette in campo il meglio che c’è. Trebeschi, Padula, Martinazzoli… E sul fronte opposto, ma non troppo fino al ’90, Prandini. Alcune cose grandi del passato reggono, ma perché ci si proietta oltre: ASM con A2A, ed è stato un grande, anche se contrastato, merito di Corsini sindaco e dell’ing. Capra. Altre cose che son partite con successo dal modello autarchico di ASM – vedi il Metrò – ma per reggere bene devono ora inserirsi in un sistema finanziario più ampio di trasporto (TPL). Altre – proprio il fallimento delle due che citi: Aeroporto e Fiera – non si sono inserite nel sistema più ampio. Regionale ed oltre. Come invece ha fatto Orio di Bergamo. Noi invece, fermi al palo, con un misto di autarchia e di insostenibili presunzioni. In tutto questo io però non parlerei di una “assenza”, ma di errori veri e propri che investono direttamente anche le leadership di AIB e di altre Associazioni, con annessi e connessi in campo economico, e di Camera di Commercio. Oggi il problema è come venirne fuori. Programma vasto….anche per lo spazio di Bsnews. Penso, però, che la Loggia di Del Bono, con la nuova fase che si è aperta dopo la sua vittoria, possa esercitare un grande ruolo. Ovvio che penso non al ritorno ad un modello autarchico – una follia – ma ad un ruolo di riaggregazione politico-istituzionale in Lombardia, a partire da quella orientale, ma non solo, di forze, progetti,…Che debbano andare – obbligatoriamente – al di là degli stessi schieramenti politici. Questo il punto vero dove si cimenta e si forma una vera leadership. Infatti se guardiamo al meglio del nostro passato, questo han fatto le leadership migliori di Brescia. Come quelle democristiane. Ed io posso testimoniarlo direttamente, provenendo proprio da una forza – il PCI – che a Brescia era alla opposizione. L’idea dell’autosufficienza e della contemplazione del proprio ombelico – così tipica della presunzione maggioritaria del PD che fu – rappresenta ancora oggi il nostro peggior… nemico.
Non ho mai sentito Bragaglio esprimersi su un tema che comunque attiene, e non poco, alla dissertazione su nostrane autarchie, annessi e connessi: la storia del nostro sistema bancario. Bazoli che va a salvare, su richiesta di Andreatta, il Banco Ambrosiano del dopo-Calvi con un manipolo di sanpaolini (quelli della Banca S.Paolo fondata dal beato Tovini a sua volta fondatore prprio dell’Ambrosiano). Poi il crack della Bipop, che fu ad un passo per acquisire per incorporazione la S.Paolo. Poi, fallito il matrimonio con Bipop, nel 1998 il laico e zanardelliano CAB di Corrado Faissola che incorpora clamorosamente proprio la S.Paolo (spiritosamente soprannominata un tempo la Kyrie Eleison Bank) con la nascita della Banca Lombarda con effetti pesanti che pochi ricordano sulla gestione del credito in ambito territoriale. E poi nel 2007 l’ennesima fusione per incorporazione stavolta della Banca Lombarda da parte dei bergamaschi di BPU con la nascita di Ubi. Una storia con morti e feriti per l’economia e per la storia bresciana. In molti affermarono (cito Tino Bino su tutti) in particolare che entrambe le fusioni fossero, col senno di poi, improvvisate, azzardate, inopportune e persino dannose per Brescia ed il suo sistema economico. Ma nessuno ha mai scavato a fondo invece sul sistema personale di potere immenso, da spartirisi equamente di volta in volta tra vari protagonisti, che ha manovrato il tutto. Basti pensare alle decine di poltrone (come in A2A…) inutili assegnate con il sistema cosiddetto duale ed alla perdita progressiva e drammatica delle quote di mercato a Brescia di UBI rispetto alle originarie S.Paolo e CAB per finire con il bagno di sangue (come in A2A…) del management bresciano. Il tutto perchè la leadership, in questo caso, è sempre stata di fatto e solo in mano a Giovanni Bazoli che nell’ambiente, guarda caso, viene tuttora chiamato…l’Onnipotente. Una leadership dunque autorevole, apparentemente tutta bresciana, ma alla fine dei conti…(vedasi puntata di domenica scorsa su Report).
Tu dai troppa impartanza alle mie parole, Claudio. Io volevo solo controllare se Brescia ha un Autorevole capace di dire, almeno per i due “errori” che è ora di smetterla di giocare. Non c’è? Verrà? Boh!