Per una vera consulta degli stranieri…

 

La proposta avanzata con i colleghi Albini, Cantoni e Cosentini, per costituire una “Consulta stranieri”, è stata oggetto di varie considerazioni. Il Presidente Bonardi, della Circoscrizione Centro, ha proposto in alternativa un “gruppo di lavoro”, inteso come punto d’incontro tra associazioni ed istituzioni interessate all’immigrazione, sostenendo la necessità di avere non un “ghetto”, bensì uno spazio interculturale. Un intento di per sé condivisibile, riguardante però una cosa diversa dalla Consulta e motivato con argomenti per nulla pertinenti. Stante il fatto che la Consulta nasce proprio per realizzare l’interazione con i soggetti sociali ed istituzionali.

Il vero ghetto è dovuto all’attuale muro che divide tra loro due città, di cui una è parte ancora “invisibile”, e magari si vorrebbe ancora mantenerla tale. C’è solo da augurarsi che tale “gruppo di lavoro” non faccia la stessa fine del “tavolo istituzionale”, richiesto per la “vicenda gru” da Cgil, Cisl, Centro migranti, Acli, Arci ed arenatosi per responsabilità della Prefettura e della Giunta municipale.

 

In primo luogo va posto il problema, del tutto irrisolto, della rappresentanza di circa il 20% d’una popolazione residente in città. E’ questo un problema reale? A giudizio della Lega, no. Tant’è che s’è opposta persino al voto dei residenti stranieri per la Consulta della Stazione, pur essendo stata questa una scelta unanime della Circoscrizione.

Il Segretario generale della Loggia ha legittimato, a posteriori, tale interpretazione con un eccesso di motivazioni, appese però al chiodo sbagliato. Infatti le Consulte di quartiere sono a tutti gli effetti “consulte” che a norma di Statuto sono momenti di partecipazione e non di amministrazione, quindi non soggette per il voto al requisito della cittadinanza italiana.

 

A seguito del mancato recepimento d’un capitolo della Convenzione di Strasburgo (L. 203/94), oggi in Italia non è possibile il voto amministrativo per gli immigrati residenti. Per questo, diverse realtà – tra queste la Regione Toscana, in un convegno di fine 2010 – hanno rilanciato il ruolo delle Consulte come organi di rappresentanza e di partecipazione. Analogamente a quanto è emerso in un recente Convegno del PD bresciano, concluso dall’on. Livia Turco, sulla base d’un importante lavoro della Commissione provinciale, cominciato mesi fa con l’iniziativa di Rezzato.

Nella sua introduzione Giovanna Benini ha sottolineato come “integrare…significa arricchire la democrazia e non trasformarla in una specie di riserva indiana: per questo…Brescia deve fornirsi di una struttura che possa essere luogo di rappresentanza e partecipazione delle comunità e dei cittadini stranieri che vivono nel nostro territorio, ed è necessario colmare un deficit di rappresentanza che ha dimostrato tutto il suo limite nell’episodio della “gru”… con una Consulta che dovrebbe essere legittimata dalle istituzioni”. Anche al fine di “promuovere luoghi di rappresentanza, per migliorare la vita partecipativa dei nuovi cittadini, garantire possibilità di dialogo e di collaborazione con il Volontariato, con le Forze sociali, le Istituzioni locali”.

 

La Consulta cittadina può essere un organo elettivo o espresso dall’associazionismo degli stranieri, in ogni caso è uno strumento destinato ad assolvere alcune funzioni sociali, non certo da porre in alternativa ad altri percorsi partecipativi. Neppure agli auspicabili spazi partecipativi nei trenta consigli di quartiere, da promuovere con le elezioni del 2013.

Varie sollecitazioni, compresa quella autorevolmente espressa dal vescovo mons. Monari, incoraggiano la città intera a promuovere politiche di integrazione e di accoglienza.

Abbiamo bisogno di estendere, non di limitare, reti di partecipazione.

Le Consulte possono rappresentare percorsi di sintesi cittadina tra le diverse anime della presenza straniera. Al tempo stesso, un ponte che interagisce con istituzioni e associazionismo proprio per uscire dal ghetto oggi esistente e per promuovere fin d’ora “cittadinanza sociale”.

 

Il punto ineludibile è se si ritiene, o meno, che questa parte di città possa darsi un’autonoma rappresentanza. Penso che quanto sostiene Franco Valenti, della Fondazione Piccini, sia il punto cruciale: “è venuta l’ora di riconoscere gli immigrati come cittadini e partners sociali che siano in grado di rappresentarsi e di rappresentare le istanze collegate alla propria condizione sociale, in modo da favorire la convivenza e di eliminare alla radice “la maledizione dei dualismi”.

Da ciò deriva la necessità d’una Consulta o di analoghi strumenti di rappresentanza, autonomamente espressi da cittadini e lavoratori immigrati, da anni residenti a Brescia.

 

Claudio Bragaglio (consigliere comunale Pd)

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Redazione BsNews.it

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