Spaccio, sgominata rete della ‘ndrangheta che operava anche sul lago di Garda: 18 gli arresti (chi dice che la criminalità organizzata non esiste?)

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    Ieri 19 il Ros ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare del Tribunale di Verona nei confronti di 15 indagati per illecito traffico e detenzione di sostanze stupefacenti. Nell’ambito dell’operazione – frutto di indagini iniziate nel 2009 – il bilancio complessivo è di 18 persone arrestate (da Verona, Brescia e Reggio Calabria) con l’accusa di essere in qualche modo legate a un traffico di stupefacenti che ha portato anche al sequestro di 550 grammi di cocaina e 90 pastiglie di ecstasy.

    “L’attività investigativa”, si legge in una nota dei carabinieri, “ha consentito di accertare l’operatività di una proiezione veronese della cosca ‘ndranghetista Anello-Fumara, egemone in Filadelfia (Vv), facente capo a Francesco Bartucca, arrestato nel 1999 per estorsione, unitamente al capo della predetta cosca vibonese, Rocco Anello e nel 2003 per associazione mafiosa, omicidio ed estorsione. Già in affidamento ai servizi sociali, Bartucca aveva infatti ottenuto l’autorizzazione a lavorare presso una società veronese attiva nel settore degli autotrasporti, fissando la propria residenza in Mozzecane (Vr). In una prima fase, le indagini delineavano il ruolo del Bartucca all’interno del sodalizio, documentando altresì il pieno coinvolgimento nel narcotraffico da parte del figlio che, all’epoca, era ristretto presso il carcere di Verona per avere esploso, nel dicembre 2009, alcuni colpi di pistola all’interno di un bar”.

    “La prosecuzione dell’attività investigativa”, continua la nota dei militari, “ha permesso inoltre di accertare che il sodalizio approvvigionava periodicamente il narcotico tramite una componente albanese, il cui referente veniva individuato in Hysa Hajdar. Per realizzare gli illeciti traffici, oltre all’abitazione di Mozzecane, il Bartucca utilizzava la sede della società di trasporti intestata alla moglie Maria Anello, sorella di Rocco Anello, ritenuto capo dell’omonima cosca di Filadelfia (Vv). La sostanza stupefacente veniva poi commercializzata prevalentemente sul mercato veronese e del Garda, avvalendosi di una rete di spacciatori controllata dal Bartucca, ricorrendo a metodi intimidatori per il recupero dei narcoproventi. Al riguardo”, si legge ancora, “le indagini documentavano anche come il predetto avesse provveduto personalmente a dilazionare il credito vantato nei confronti di uno dei sodali che, non riuscendo comunque ad onorare con regolarità i pagamenti, gli aveva offerto in pagamento una fornitura di stupefacente a sua volta ricevuta in conto vendita, rinunciando così ai proventi della vendita. Proprio in tale ambito, veniva anche documentata la disponibilità di armi da parte del sodalizio, sintomatico della pericolosità dell’organizzazione”.

    Ma ad allarmare è soprattutto la conclusione del comunicato in cui si sottolinea che “nel complesso, l’indagine conferma come, tra i fattori che favoriscono il diffondersi della criminalità calabrese al di fuori dei confini regionali, via sia l’emigrazione forzata di esponenti delle cosche colpiti da provvedimenti giudiziari nelle aree di origine” e che l’attività investigativa prova “la capacità dei sodalizi di matrice ‘ndraghetista di instaurare stabili rapporti con qualificate espressioni criminali etniche per l’approvvigionamento del narcotico, controllandone con metodologie tipicamente mafiose anche la distribuzione sul mercato locale”.

     

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