Non sono mancati i colpi di scena, oggi, all’apertura del processo d’appello a Massimo Bossetti, il muratore bergamasco accusato di aver rapito e ucciso la 15enne Yara Gambirasio il 26 novembre del 2010. Di fronte alla ricostruzione della pubblica accusa, infatti, Bossetti ha dato in escandescenze contestato duramente il passaggio sui possibili collegamenti tra le fibre trovate sul suo furgone e quelle degli indumenti della vittima.
L’imputato, in particolare, ha accusato il procuratore generale Marco Martani di dire “idiozie” e si è ripetutamente voltato a protestare con la moglie. Per calmarlo è dovuto intervenire il presidente della Corte dassise dappello di Brescia, Enrico Fischetti, che ha esortato limputato a restare zitto, ricordandogli comunque la possibilità rendere dichiarazioni spontanee.
Una scena che non è stata ripresa dalle telecamere (visto il divieto), ma che ha avuto numerosi testimoni, dato che l’aula era gremita. Senza contare le decine di operatori e curiosi che si sono fermati all’ingresso del palazzo di giustizia.
Uno degli elementi chiave del processo, ovviamente, sarà l’ipotesi di nuovi accertamenti sul Dna e la discussione del a perizia di Peter Grill (uno dei maggiori esperti al mondo) che indicherebbe come il profilo genetico rintracciato tra i 25mila prelevati, l’ormai famoso “Ignoto 1” poi attribuito a Bossetti, avrebbe potuto resistere all’aperto e in quelle condizioni solo poche settimane. Nel frattempo il giudice ha ammesso tra le prove una fotografia satellitare che domostrerebbe che il cadavere di Yara non è rimasto nel campo di Chignolo d’Isola per tre mesi.