Brescia, l’appello del sindacato: situazione aberrante, serve il nuovo carcere
“Il progetto sul nuovo carcere a Brescia non cada nell’oblio più assoluto nel rispetto della dignità professionale e umana di tutte le persone che a vario titolo accedono nella struttura penitenziaria”. A rilanciare l’appello è, con una lunga nota, Funzione pubblica Cgil della Lombardia, guidata da Calogero Lo Presti.
“Le condizioni lavorative delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria all’interno della struttura del Nerio Fischione – si legge nel comunicato – sono drammatiche e degne di attenzione da parte degli organi istituzionali e politici derivate dalla ormai cronica carenza di personale che consta di meno 60 unità tra Agenti e Assistenti; ancora più grave la carenza dei sottufficiali che sfiora il 95% della pianta organica; su 25 ispettori ne sono presenti 2; su 32 sovrintendenti ne è presente appena 1. Molto più drammatica la situazione che riguarda il personale dirigente della Polizia penitenziaria, su 4 previsti, nessuno presente se non un Commissario in missione proveniente dal altro istituto Penitenziario con le funzioni di Comandante”.
“Alla situazione drammatica degli organici – continua il sindacato – bisogna aggiungere anche le condizioni lavorative fortemente precarie ed insicure derivate dal fatto che sovente i poliziotti sono costretti ad intervenire, in occasione di disordini, rivolte, risse, aggressioni, senza mezzi di protezione individuali mettendo a rischio la propria incolumità personale. Non si contano poi le minacce, gli insulti e le aggressioni a cui i poliziotti sono costretti a subire da detenuti violenti non inclini al rispetto di questi servitori dello Stato, delle regole penitenziarie e delle leggi pregiudicando l’ordine e la sicurezza della struttura carceraria”.
La Cgil, ancora, evidenzia come “la condizione strutturale del carcere di Canton Mombello, come anche il grave sovraffollamento, (attualmente si contano oltre cento detenuti in più dei 186 previsti come capienza regolamentare), non permettono di rieducare o trattare i detenuti, ragion per cui molto spesso viene a mancare la funzione rieducativa del carcere. Basti pensare l’obbligo di convivenza forzata, anche in spazi angusti, tra soggetti di nazionalità, culture, religioni diverse diventa arduo, se non impossibile, rieducare questi soggetti”.
Lo Presti, invoca “un maggior ricorso alle pene alternative alla detenzione, (di competenza del giudice), e delle misure alternative durante la detenzione, (di competenza del Magistrato di Sorveglianza), come anche la depenalizzazione di taluni reati minori, prevedendo dei lavori socialmente utili, potrebbero costituire una forma di misura deflattiva delle carceri”. Ma nel contempo pone l’accento sulla “presenza, e quindi la gestione, di numerosi detenuti psichiatrici, tossicodipendenti farmacofiliaci”. E conclude: “una situazione davvero aberrante da un punto di vista professionale e fortemente penalizzante anche dal punto di vista umano dal momento che le lavoratrici e i lavoratori prestano la loro opera in un contesto obsoleto e non a passo con i dettami normativi e i precetti costituzionali”.