Ma la Gioconda quando si rifà il trucco? Di notte? | BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

Negli ultimi anni a Brescia è cresciuto notevolmente l'interesse per arte, mostre e musei. Come mai? L'abbiamo chiesto alla psicologa...

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

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E’ un buon museo se hai più domande
quando esci che quando entri
(Fabrizio Caramagna)

intervista di Irene Panighetti a Doriana Galderisi* – Le prime giornate di bel tempo e temperature alte, seppur a fasi alterne, stimolano i pensieri su vacanze e tempo libero che, in un territorio come il nostro, ricco di beni culturali e di bellezze, includono le visite a musei, gallerie e luoghi d’arte. Da anni ormai la città è molto attenta a questo desiderio culturale e questa attenzione si è tradotta in ampi orari di apertura dei luoghi d’arte, di agevolazioni per chi è residente nel Comune di Brescia (che può entrare gratis ai musei civici), di organizzazione di eventi, laboratori per scuole e bambini, spettacoli… proprio negli spazi museali.

Dottoressa Galderisi, secondo lei come mai negli ultimi 10 anni c’è stato questo boom di interesse, e, quindi, di investimenti, sul settore musei/mostre?

Buongiorno e grazie per questo stimolo su un tema così interessante! Perché piace andare per mostre e musei? Beh, innanzi tutto entrare in un museo è un po’ come entrare in un Paese delle meraviglie, in un luogo magico, in un ambiente incantato e questo già ci permette di intuire come mai, negli ultimi anni, si stia dando sempre più importanza al settore. Infatti il boom di accessi non è stato solo nel 2023, anno in cui Brescia, con Bergamo, è stata Capitale della Cultura e che ha visto la presenza di oltre 300mila persone nei cinque musei civici, con un forte incremento di quasi dell’80% rispetto al 2022. Già nel 2016 c’era stato un record di presenze, in controtendenza, allora, con ciò che succedeva per altri luoghi della cultura come teatri e cinema. Quell’aumento del 2016 riflette anche l’avvio, in quegli anni, di un programma particolare, promosso dalla Direzione Generale Musei dell’allora Ministero della Cultura e denominato “sleeping beauty”, bellezza dormiente. Si trattava di un programma il cui obiettivo principale era proprio quello di risvegliare “la grande bellezza addormentata” attraverso la valorizzazione (con restauri, digitalizzazione, informazione diffusa) dell’immenso e variegato patrimonio artistico del nostro Paese. Da allora i musei sono diventati protagonisti di tale “risveglio”, con una forte spinta pulsante di vita.

Alla base di questa tendenza propulsiva che negli ultimi 10 anni connota le proposte dei musei, ci sono inoltre altri aspetti, che non riguardano solo l’attivazione di questi piani nazionali. Uno di questi è la pubblicazione, una decina di anni fa di un libro che ben si può definire “pionieristico” in tale contesto, scritto da  Helen Chatterjee e Guy Noble dal titolo: Musei, salute e benessere. Tale pubblicazione afferma un vero e proprio cambio di paradigma. Da allora i musei non sono più visti esclusivamente come luoghi in cui ci si forma, si aumentano le proprie nozioni e conoscenze, ma sono considerati soprattutto come luoghi dove è possibile vivere un’esperienza di benessere. Tale passaggio da un’ottica di cultura ad un’ottica di salute viene indicato come un approccio che transita dal modello Object oriented a quello Experience oriented.

Anche le tipologie di allestimento, la struttura narrativa dei musei, hanno diverse forme: pensiamo ad esempio ai musei di arte antica e di arte contemporanea. Un dato molto interessante ci proviene da studi di Gabriella Bartoli e Stefano Mastandrea che mettono in correlazione la tipologia di musei con la tipologia di visitatori, evidenziando come le strutture narrative dei musei di arte antica tendano ad attrarre persone orientate alla cultura e alla conoscenza, mentre quelle dei musei di arte contemporanea tendano ad attrarre soprattutto le persone orientate alla sensorialità, all’emozione, alla percezione attiva.

Proprio questa seconda tipologia di visitatori sembra avere in sé un maggiore bisogno di sensazioni, e, quindi, una ricerca più marcata di emozioni (sensation seeking). Tutto ciò è molto interessante perché fa capire come la psicologia, e in questo caso la psicologia dell’arte e della percezione estetica, non abbia solo la funzione di consentire un allestimento che attivi tutto il “network cerebrale” legato ai sistemi di ricompensa, del piacere, della percezione ecc… ma studia anche i correlati a livello di funzionamento di personalità che meglio rispondono ad alcuni tipi di input, in questo caso museali.

C’è quindi una lettura psicologica al modo in cui i luoghi d’arte negli ultimi anni si offrono al pubblico?

Certamente! Già alla fine degli anni Novanta con le neuroscienze (uno studioso molto famoso nel settore è Semir Zeki) gli studi di psicologia dell’arte, di neuroestetica e gli studi di psicologia cognitiva facevano affiorare come l’esperienza percettiva in un museo avesse delle fortissime ripercussioni sulla sensazione di benessere; addirittura gli studi dimostrano come questo benessere si associa ad una sensazione di felicità.

Ecco dunque che le proposte museali sono diventate nel tempo sempre più immersive e multisensoriali. A ciò si aggiunga che in seguito alle restrizioni della pandemia, le visite a musei, gallerie e mostre d’arte hanno sperimentato anche forme diverse da quelle tradizionali, ovvero i tour virtuali, a loro volta immersivi e interattivi, il tutto grazie a soluzioni innovative e supportate dalle tecnologie più avanzate. Soluzioni che, a pandemia terminata, non sono e devono essere abbandonate bensì ulteriormente sviluppate, soprattutto utilizzandole come esperienza preliminare alla visita vera e propria, in presenza, all’interno dei musei.

Sempre dalla psicologia e dalle neuroscienze abbiamo riscontri di come venga accresciuta la sensazione di star bene nelle persone che visitano i musei. Ce lo dicono molto bene gli studi di scienziati come Stephen e Rachel Kaplan, che evidenziarono il cosiddetto  Restorative Effect, ovvero l’effetto ristorativo che i musei hanno sulle condizioni psico fisiche della persone. Kaplan & Kaplan dimostrarono proprio come il tono dell’umore, la sensazione di avere una mente più leggera, la sensazione di avere a disposizione più energie e addirittura una maggiora propensione ad una relazione positiva con gli altri, quindi effetti legati alla dinamiche dell’empatia, erano riscontrabili nelle persone esposte a forme artistiche e quindi alle visite dei musei. A questo effetto di rigenerazione psichica, di “ristoro”, contribuisce anche la strutturazione dei musei così come viene pensata al giorno d’oggi, in quanto si assiste ad una strutturazione dell’ambiente museale che rivoluziona la base narrativa del museo, creando delle e delle esperienze non più statiche, osservative, contemplative, bensì dinamiche e partecipate.

Tutto ciò ha un valore, fors’anche maggiore, nei piccoli, dal momento che, come si diceva poc’anzi, i musei negli ultimi anni si sono dati ampi orari di visita e attrezzati con laboratori e proposte per il pubblico delle scuole?

Per i piccoli il valore è ancora più grande, come dimostra Alberto Oliviero, che, nel suo libro dal titolo: Il cervello che impara. Neuropedagogia dall’infanzia alla vecchiaia, ci dice che “educare ha la funzione di dare una forma al cervello”.

Questo vuol dire che tanto prima educhiamo i piccoli alla bellezza, alle situazioni che predispongono al bello (e anche attivano tutta una serie di circuiti legati alla ricompensa e al benessere), tanto più avremo le probabilità di far crescere dei futuri adulti felici.

In altre parole al bello si educa, il bello non è un valore assoluto. Non solo, educando sin da piccoli al bello, si ha la possibilità di far crescere persone portate ad apprezzare ciò che di unico, irripetibile, importante, saliente meraviglioso e positivo c’è nella propria realtà di vita e nelle realtà passate.

Tutto questo, a sua volta, porta con sé la costruzione della ricerca e della comprensione delle radici dell’identità. In altre parole, educare al bello consente di creare una coscienza della storia personale e dei popoli.

Ed è proprio l’attenzione all’infanzia a dare una grossa spinta alla trasformazione della “architettura di visita” dei musei, nel senso che per i piccoli, per le scolaresche che visitano mostre e musei, l’esperienza è sotto forma di gioco, di laboratorio, di sperimentazione. Questa “modalità di visita” è poi diventata un potentissimo trampolino per tutti al fine di creare la motivazione, la curiosità, il piacere della conoscenza dell’arte e del nostro patrimonio culturale.

La ricaduta di tutto questo è ancora più ampia, perché va ad intercettare, modificandolo, quello che talvolta è un imbarazzo, un senso di inferiorità, di insicurezza che alcune persone provano nel decidere se visitare, o meno, un museo. Non di rado si può provare la sensazione di non essere all’altezza perché non ci si sente preparati, ci si percepisce privi delle necessarie competenze: in una sorta di “circolo vizioso”, quindi, un pubblico impreparato, tenderebbe a visitare il museo trattenendo molto poco, non costruendo una solida memoria e una adeguata coscienza dell’esperienza fatta. Da qui dunque l’importanza di avvicinare una platea di visitatori sempre più ampia ed eterogenea, attraverso la costruzione di “ganci” di interesse, che consentano di vivere l’arte e di ricordarla e di imparare a comprenderla. “Un museo non sostituisce un libro, né una lezione in classe né una conferenza né un paesaggio però può cambiare l’attitudine del cittadino rispetto a tutto questo”, sostiene Fabrizio Caramagna con una frase che ben sintetizza questo mio contributo.

Nel ringraziarvi per l’attenzione vi rimando al prossimo appuntamento che tratterà, da nuovi punti di vista, questa stessa tematica.

(Rubrica a cura della dottoressa Doriana Galderisi, nella forma di dialoghi con la giornalista bresciana Irene Panighetti).

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. Esperta in psicologia dello sport iscritta nell’elenco degli psicologi dello Sport di Giunti Psychometrics e del Centro Mental Training. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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