⚠️ Mascherine tipo-Ffp2: quali sono sicure? | LA GUIDA COMPLETA DI BSNEWS.IT
di Giorgio Taglietti* – Al fine di contrastare la recrudescenza del Covid 19, dovuta alla variante Omicron, il governo Draghi, con il Decreto Legge 24 Dicembre 2021, n° 221, ha imposto “l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2” in diversi contesti.
L’obbligo di indossare i dispositivi “di tipo FFP2” è stato formulato, a mio parere, in modo molto preciso e restrittivo al fine di escludere quelle mascherine, come le N95 o le KN95, che, da inizio pandemia, sono state immesse sul mercato perché ritenute EQUIPARABILI.
L’esperienza maturata in quest’anno ci ha, infatti, permesso di studiare a fondo i vari tipi e di conoscerne la reale efficacia protettiva nei confronti di quelle microparticelle che veicolano il virus.
Il risultato di tutti questi studi, effettuati da diverse prestigiose Università e Organismi pubblici e privati, ci permette oggi di fare con molta chiarezza il punto della situazione.
MASCHERINE TIPO-FFP2: LE TRE TIPOLOGIE
Quando sul mercato si cercano mascherine filtranti di tipo FFP2, che abbiano superato dei test scientifici in grado di attestarne la reale efficacia protettiva, ci troviamo di fronte a tre tipi:
– Le mascherine FFP2: che hanno certificazione Europea
– Le mascherine N95: che hanno certificazione Americana
– Le mascherine KN95: che hanno certificazione Cinese
MASCHERINE FFP2
Le FFP2 sono fabbricate e testate secondo la normativa europea EN 149 del 2001 aggiornata nel 2009 e che definisce gli standard per certificare l’efficacia di “Apparecchi di protezione delle vie respiratorie” stabilendo in modo chiaro requisiti, prove e marcatura delle mascherine.
MASCHERINE N95
Le N95 sono fabbricate in conformità alla normativa americana NIOSH-42CFR84 (National Institue for Occupational and Safety Health), l’ente americano preposto alla certificazione della reale efficacia dei dispositivi facciali filtranti.
MASCHERINE KN95
Le KN95 sono certificate nella Repubblica Popolare Cinese, in base agli standard imposti dal regolamento GB2626, aggiornato alla versione 2019, che specifica requisiti tecnici, metodi di prova e marcatura dei respiratori dotati di filtro protettivo che purificano l’aria dalle particelle potenzialmente nocive.
Anche se l’intento dei tre diversi tipi è di certificare la reale capacità dei dispositivi di proteggere l’uomo dall’inalazione di sostanze o particelle potenzialmente nocive, cambiano però, anche in maniera considerevole, le modalità adottate per i test e le condizioni di prova:
FFP2 |
N95 |
KN95 |
|
Norma |
EN149:2001+A1:2009 |
NIOSH-42CFR84 |
Regolamento GB2626:2006 |
Efficienza di filtrazione |
≥ 92% |
≥ 95% |
≥ 95% |
Sostanza di test |
NaCl (Cloruro di sodio) e olio di paraffina |
NaCl |
NaCl |
Portata aria test |
95 lt/min variabile durante il test |
85 lt/min |
85 lt/min |
Resistenza espiratoria ammessa |
≤ 300 Pa |
≤ 245 Pa |
≤ 250 Pa |
Condizionamento a temperatura |
Esposizione a 70°C ±3 e -30°C ±3 per 24 ore |
NO |
NO |
I parametri esposti in tabella bisogna però saperli interpretare nel modo corretto, in quanto vi sono differenze sostanziali tra i tre tipi di mascherine.
1) La prima grande differenza che incontriamo è dovuta alla tipologia delle particelle filtrate:
– le FFP2 presentano una capacità di filtrazione superiore al 92% nei confronti di
particelle di NaCl aventi un diametro variabile fra 0,02 micron e 2 micron.
– le KN95 presentano una capacità di filtrazione superiore al 95% nei confronti di
particelle di NaCl aventi un diametro di 2,5 micron (polveri sottili PM2,5).
E’ notevole, però, la differenza fra un granello di polvere sottile PM2,5 e il coronavirus con diametro di 0,1 micron.
2) Mentre le FFP2 e le N95 hanno come riferimento una norma che impone le modalità da
adottare per i test e le condizioni di prova, le KN95 utilizzano un regolamento che consente
al produttore di compilare una semplice autodichiarazione di conformità e senza fornire il
report delle prove effettuate da uno dei laboratori indipendenti accreditati dal CNAS (China
National Accreditation Service) che ne garantisca la qualità e la rispondenza.
3) Come si evince dalla tabella, la norma Europea impone, per i test, sia l’uso di particelle
inquinanti di cloruro di sodio, allo stato solido, sia l’olio di paraffina che è un inquinante
liquido.
Questa doppia prova depone sicuramente a vantaggio della normativa europea, che si
preoccupa di testare la reale efficacia filtrante delle mascherine non solo rispetto ai
particolati inquinanti allo stato solido (tipo polvere), ma anche, e soprattutto, dei particolati
sotto forma di droplets e aerosol diffusi per via aerea.
4) Un’altra differenza, che balza agli occhi, riguarda il dato relativo alla resistenza respiratoria
ammessa che, nelle FFP2, risulta più bassa rispetto alle concorrenti americane e cinesi,
traducendosi, in tal modo, in una minore difficoltà nel respirare indossandole, a vantaggio
di una maggior comodità e durata.
5) La norma Europea EN 149:2001 è l’unica che impone il condizionamento a temperatura
delle mascherine e che prevede l’esposizione per 24 h ad atmosfera secca di 70 ± 3 °C e
per 24 h a temperatura di -30 ± 3 °C, per testarne la resistenza meccanica prima di
sottoporle alle prove successive.
Poiché, per quanto sopra esposto, risulta difficile classificare le N95 e le KN95 come equiparabili alle FFP2, concentriamo, allora, l’attenzione sulle Cinesi KN95 che sono attualmente le più diffuse sul nostro mercato.
Le evidenti difformità con la norma Europea EN149:2001 hanno accresciuto i dubbi degli esperti, Istituzioni, e degli stessi consumatori, tanto da arrivare a sequestri di ingenti quantitativi di tali dispositivi effettuati da Guardia di Finanza e Carabinieri.
E’ di questi giorni, infatti, la notizia che l’”Health and Safety Executive” (HSE), il Regolatore Nazionale Britannico per la salute e la sicurezza sul lavoro, considera la sigla KN95 solo come un indice di prestazione secondo lo standard cinese GB2626 e mette in guardia contro l’uso di tali mascherine come dispositivi di protezione individuale, esortando tutti i consumatori a non acquistarle o utilizzarle in quanto non esiste una certificazione o garanzia indipendente della loro qualità e i prodotti fabbricati secondo la classificazione KN95 sono dichiarati conformi dal produttore.
Per tale motivo HSE ha bloccato circa 25 milioni di articoli che stavano entrando nella catena di approvvigionamento del Regno Unito.
Rick Brunt, direttore della strategia operativa di HSE, ha dichiarato: “La maschera facciale KN95 non deve essere acquistata o utilizzata in quanto abbiamo scoperto che la mancanza di test indipendenti ha contribuito alla presenza sul mercato di una quantità sostanziale di maschere inadeguate e di scarsa qualità, sostenendo di essere conformi allo standard KN95”.
Analogamente in Svizzera, l’Ufficio per la Prevenzione degli Infortuni (UPI), sta ritirando dal mercato le maschere di protezione KN95 vendute nei negozi o online, perché risultate scarsamente protettive e invitando i consumatori a contattare l’ufficio per la sostituzione gratuita.
MASCHERINE, COSA SUCCEDE IN ITALIA?
Le fonti della Procura di Roma parlano apertamente di “Chinese job, la truffa che arriva dall’Oriente”, in quanto, oggi, si scopre che quasi la metà dei 553 milioni di mascherine arrivate in Italia su acquisti della Struttura Commissariale, allora guidata da Arcuri, risulta inefficace, non adeguata, costituita da materiale scadente, non conforme, inutile contro il coronavirus e pericolose per la salute pubblica.
In sintesi, “non conformi alle normative vigenti” che impongono che i facciali filtranti FFP2, classificati come DPI, per essere messe in commercio, devono essere prima analizzati da un organismo terzo che ne certifichi l’aderenza ai requisiti della norma tecnica EN 149:2001 sulla protezione delle vie respiratorie.
Se il prodotto testato soddisfa i requisiti, il produttore può apporre sulla mascherina e sulla confezione il marchio CE accompagnato da un numero di quattro cifre che identifica l’organismo notificato che ha effettuato la verifica.
Ma allora, vi chiederete, come è possibile che queste mascherine abbiano superato i controlli imposti per dei dispositivi giudicati fra le protezioni fondamentali dal contagio?
La riposta va cercata nella deroga concessa del governo Conte bis, che ha permesso l’importazione e il commercio di mascherine sprovviste del marchio CE, creando, di fatto, una sorta di zona grigia normativa, all’interno della quale i truffatori si sono mossi su due mercati paralleli: quello degli IMPORTATORI, che ordinavano in Cina grandi quantità di mascherine non conformi, e quello dei CERTIFICATORI, alcuni improvvisati e senza laboratori con macchinari specifici per testare i dispositivi e altri facilmente corruttibili.
In questa trappola delle mascherine “equiparabili” oltre alla Struttura guidata da Arcuri è finita, purtroppo, anche la Protezione Civile che ha firmato una commessa del valore di 1,25 miliardi di euro, destinati a tre consorzi cinesi e intascati in parte da imprenditori italiani.
12 di questi lotti sono stati esaminati da due laboratori italiani, uno a Torino e l’altro a Milano, e i risultati sono sconcertanti: diversi campioni sono risultati avere una capacità filtrante addirittura fino a 10 volte inferiore agli standard di sicurezza e, pertanto, dichiarati pericolosi.
IN CONCLUSIONE, SULLE FACCE DEGLI ITALIANI SONO FINITE CENTINAIA DI MILIONI DI MASCHERINE NON CONFORMI E PERICOLOSE PER LA SALUTE.
Con il Decreto del governo Draghi, che impone l’obbligo delle mascherine FFP2, diventa, allora, di vitale importanza saper effettuare una scelta sicura. Nel caotico mercato dei DPI oggi presenti in Italia, ci possiamo trovare di fronte alle seguenti tipologie di mascherine.
MASCHERINE, FACCIAMO ORDINE:
Mascherine KN95senza alcun riferimento a norme e marchio CE.
Prodotte in Cina, sono da evitare perché senza nessuna garanzia di qualità dei materiali e pericolose per la salute.
Mascherine KN95 che riportano solo la scritta GB2626:2006.
Prodotte in Cina, indicano solo che il produttore autocertifica che rispettano il regolamento GB2626 e sono presenti sul mercato in virtù della deroga concessa del governo Conte bis, che ha permesso l’importazione e il commercio di mascherine sprovviste del marchio CE previo controllo da parte dell’INAIL. Non avendo un ente terzo che ne certifica l’autenticità sono da evitare. Qualora sia presente un marchio CE, si tratta di un falso clamoroso.
Mascherine KN95 che riportano la scritta EN149:2001+A1:2009 seguita dal marchio CE e da un numero a quattro cifre che identifica l’organismo notificato.
Prodotte in Cina, indicano che il produttore ha affidato (tramite un mandatario residente in Europa) ad un ente certificatore europeo il compito di sottoporle a tutte le prove previste dalla EN149 in modo da renderle equiparabili alle FFP2 e quindi commerciabili in Europa con conseguente emissione della dichiarazione di conformità e apposizione del marchio CE.
Mascherine FFP2 che riportano la scritta EN149:2001+A1:2009 seguita dal marchio CE e da un numero a quattro cifre che identifica l’organismo notificato.
Sono prodotte all’interno dell’Unione Europea e certificate da un organismo con sede in Europa che ne attesta la rispondenza alla noma EN149. Anche in questo caso il produttore è autorizzato ad emettere la dichiarazione di conformità e l’apposizione del marchio CE.
IL PROBLEMA DELLE FALSE CERTIFICAZIONI: COME VERIFICARE SE LE MASCHERINE SONO OK?
A questo punto sembrerebbe tutto chiaro, per garantirci una protezione sicura basterebbe acquistare mascherine appartenenti a uno degli ultimi due tipi, ma, purtroppo, dobbiamo fare i conti con un altro grosso problema: LE FALSE CERTIFICAZIONI.
Data l’enorme richiesta di dispositivi, non passa giorno, infatti, senza che sul mercato non vengano messe in vendita mascherine non a norma.
Numerose sono le segnalazioni che mettono in guardia da presunti certificati o altri documenti utilizzati come base per la marcatura CE delle mascherine, obbligando i tecnici europei ad un lavoro costante per identificare i prodotti irregolari.
Chiunque di noi, però, se vuole verificare se le mascherine che stiamo per acquistare siano sicure, può utilizzare un utilissimo strumento gratuito online messo a disposizione dall’UE: il database “NANDO” dove possiamo controllare se il numero che accompagna il marchio CE della nostra mascherina corrisponde a un laboratorio autorizzato a valutare i dispositivi di protezione e a certificarli.
Entrati nel database, basta cercare il codice di 4 numeri, stampato sulla mascherina, e aprire la scheda dell’organismo dove troveremo quali prodotti può certificare.
Non tutti gli organismi notificati sono, infatti, abilitati a certificare le maschere protettive, la maggior parte opera su indumenti, occhiali, guanti, giocattoli, apparecchi elettronici etc….
Non solo, ma possiamo anche controllare se l’abilitazione è scaduta o è stata sospesa.
Nel caso delle mascherine a norma EN149 devono essere espressamente citati il “personal protective equipment” e il Regolamento EU 2016/425 e tra i prodotti valutati deve essere presente il riferimento a “Equipment providing respiratory system protection”.
Se non compare in questo elenco, il certificato che accompagna le nostre mascherine è quasi sicuramente un falso.
Per contrastare queste truffe, l’Europa si è mossa e a Bruxelles, su iniziativa di fornitori di DPI, è nata la European Safety Federation, un’associazione di categoria senza scopo di lucro, che, con l’intento di fornire informazioni certe al mercato, pubblica una lista aggiornata con tutti i certificati sospetti.
La European Safety Federation, dopo aver analizzato “certificati” su carta intestata o che utilizzano il logo o il nome di diversi istituti con sede in Europa, ha fornito il seguente elenco di istituti che non possono certificare DPI o i cui documenti sono falsi:
ICR Polska: ICR non è un organismo notificato per DPI.
CELAB: CELAB non è un organismo notificato per i DPI.
ECM (Ente Certificazione Macchine): l’ente notificato ECM 1282 non è un organismo notificato per DPI.
ISET (Instituto Servizi Europei Technologici): sul sito web ha una pagina con falsi certificati. ISET è un organismo notificato per alcuni tipi di DPI, ma non per protezione respiratoria.
NPS.
Amtre Veritas.
Ispezione e certificazione STS.
Test e certificazione VIC.
BSI Test Limited: usa il finto “certificato di conformità” emesso da “BSI Test Limited, Londra” che non è però emesso dall’organismo notificato per PPE BSI.
ISP (UK Inspec International).
NTC (Nationaux de Certification Technique – CHCS).
Ecole Supérieure du Bois: utilizzato insieme al nome Euroscene Business Solutions Limiteds, conferma di non rilasciare certificati per DPI.
Sapo (Sapo Certification & Testing Laboratory Limited).
Servizi di certificazione internazionale QCS.
TSU Slovacchia (Technicky skusobny ustav Piestany): competente per prodotti diversi ma non per DPI.
UK Global: l’indirizzo sul certificato è a Londra, Regno Unito.
In altri casi, precisa ancora la European Safety Federation, i certificati sono falsificati utilizzando il nome, il logo o il layout di alcuni organismi notificati per DPI, che però non possono essere incolpati di abuso perché loro stessi vittime di frodi. Eccoli:
BSI.
VUBP (Vyzkumny ustav bezpecnosti prace).
CSI: CSI è un organismo notificato per diversi tipi di DPI, ma non per la protezione delle vie respiratorie.
Apave Sudeurope.
Centexbel.
Inoltre, al momento, ci sono alcuni organismi della lista realmente esistenti ma non autorizzati dall’UE a certificare DPI delle vie respiratorie. Quindi tutte le mascherine FFP2 che riportano questi codici non sono a norma, poiché hanno usato il codice di un ente autorizzato a certificare tutt’altro genere di prodotti:
ICR Polska (Polonia) CE 2703.
CELAB (Italia) CE 2037.
ECM (Italia) CE 1282.
ISET (Italia) CE 0865.
TSU Slovakia (Slovacchia) CE 1299.
A queste si aggiunge il caso, molto sospetto, delle mascherine con codice CE2136 che, nonostante siano attualmente fra le più diffuse sul mercato italiano, tanto da essere presenti in tantissime farmacie, continuano ad alimentare i dubbi sulla loro efficacia in molti esperti, Istituzioni e consumatori.
A far nascere i sospetti era stata una denuncia arrivata da una società internazionale che si occupa di import export tra Italia e Cina con sede in Alto Adige.
I due legali rappresentanti, in un’intervista al “Corriere della Sera“, avevano dichiarato che dopo aver fatto eseguire, in un laboratorio indipendente, una serie di test su circa 20 modelli diversi di mascherine provenienti dalla Cina, i risultati emersi erano allarmanti: la maggior parte dei dispositivi non corrispondeva alle certificazioni, tanto da non ha superare la prova del cloruro di sodio e dell’olio paraffina (utilizzate per verificare il filtraggio) e alcune non sono state nemmeno in grado di contenere il respiro.
La maggior parte di questi dispositivi difettosi era stata certificata con il marchio CE2163, codice appartenente al laboratorio Universalcert di Istanbul in Turchia.
La notizia si era sparsa velocemente e aveva alimentato ulteriormente i dubbi, tant’è che all’inizio del mese scorso il laboratorio turco ha pensato bene di intervenire emanando una nota ufficiale in cui chiariva che “Tutti i certificati 2163 vengono emessi rispettando rigorosamente il Regolamento europeo 2016/425 per i dispositivi di protezione individuale e tutti i campioni devono superare i test secondo lo standard EN 149”.
Peccato, però, che nel database NANDO, anche nell’ultimo aggiornamento del 03-06-2021, l’organismo Universalcert appaia formalmente accreditato secondo EN ISO/IEC 17065 relativo alle costruzioni in cemento e metalliche, aggregati bituminosi, costruzioni stradali e altri prodotti similari ma NON per dispositivi della protezione delle vie respiratorie in quanto, tale accreditamento, ottenuto come laboratorio Universal, è scaduto.
Indagini a livello europeo sono allora in corso per verificare se, e da quando, l’organismo Universalcert abbia ottenuto l’accreditamento per certificare i DPI, perché quelli certificati prima di tale eventuale data non sono, evidentemente, a norma.
Analogamente si vuole capire se i dispositivi siano stati commercializzati non a norma anche dopo l’eventuale ripristino dell’accreditamento e, quindi, con regolare marcatura.
DURATA DELLE MASCHERINE FFP2
Sappiamo che le mascherine FFP2 possono essere contrassegnate con R se sono RIUTILIZZABILI o con NR se NON RIUTILIZZABILI. Le FFP2 NR sono dispositivi di protezione che, col passare del tempo, perdono progressivamente la loro efficacia perché la respirazione e l’esposizione all’umidità ne compromettono la capacità filtrante e l’integrità fisica. Per questo motivo, la loro durata si aggira attorno alle 8 ore, dopo di ché vanno smaltite.
Le FFP2 R possono invece essere riutilizzate, fino a quando non si avverte un aumento della resistenza respiratoria. A tale proposito, ho sentito in trasmissioni televisive e letto su articoli di giornali, che alcuni “presunti” esperti, al fine di aumentarne la durata, consigliano di “igienizzare le mascherine spruzzando una soluzione idroalcolica e lasciandola agire fino ad asciugatura”.
NON FATELO!!! Rischiereste soltanto di danneggiare irrimediabilmente i vostri dispositivi.
Infatti, come dimostrano le prove effettuate dal Dipartimento della scienza dei materiali dell’università di Stanford, dal laboratorio californiano 4C Air, e da altre università europee, dopo 30 minuti di esposizione ad una soluzione idroalcolica con il 75% di alcool, l’efficienza di filtrazione dello strato intermedio meltblown si riduce al 56,33%, mentre l’efficienza di filtrazione delle fibre in cotone, caricate elettrostaticamente, si riduce fino al 29,24%.
Se proprio vogliamo procedere ad una disinfezione, bisogna usare uno dei seguenti metodi:
– Riscaldamento a 70°c in forno ad aria calda per 30 minuti (per un massimo di 15 cicli).
– Introdurre in uno sterilizzatore ad UV per 30 minuti (per un massimo di 10 cicli).
– Sottoporre a getti vapore per 10 minuti (per un massimo di 3/4 cicli).
* Ex dirigente di Ats Brescia
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