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Elezioni Brescia, hanno vinto i ricostruttori e non i demolitori

di Claudio Bragaglio – Attendiamo pure i ballottaggi. Ma alcune valutazioni possono essere fatte partendo dal “caso Brescia”, all’indomani della straordinaria vittoria del Sindaco Del Bono. I riflettori nazionali hanno già puntato sul valore di tale vittoria. Il ruolo della leadership del Sindaco e la presenza d’una politica inclusiva dell’intero Centro Sinistra. La risposta d’un PD orgoglioso ed unito, all’indomani d’una lacerazione indotta da improvvide  scelte nazionali in fatto di liste e d’una penalizzazione di Brescia. Il coinvolgimento di tutte le componenti, in termini di corresponsabilità e di mobilitazione. Il forte messaggio di Del Bono per un “Pd non arrogante”, rivolto a mio parere a 360 gradi, pure in casa PD.

Ma un voto così importante è frutto più della tradizione bresciana o del cambiamento? A mio parere sono due facce della stessa medaglia.

Infatti il buon governo, interpretato in modo alto ed innovativo da Del Bono, è il frutto d’un “continuum storico”, oltre che un progetto del futuro. E’ l’idea d’un Palazzo Loggia che rappresenta anche un modello di “Governance” allargata. Infatti per il cittadino bresciano è la qualità dei servizi, da ASM-A2A ad una ottima Centrale del Latte. Dal trasporto innovativo di Brescia Mobilità- Metrò ai beni culturali valorizzati dalla Fondazione Musei. Dai rifiuti, che son la croce di molte città, trasformati in raccolta differenziata, energia e teleriscaldamento. Per non dire poi della rete dei Servizi sociali. O dei grandi Parchi urbani. Scuole, Università, Ospedali. E così via.

Si riflette in questa “Governance” municipale l’orgoglio del bresciano che si confronta con altre città. E che nell’opposta candidatura di Paola Vilardi – vittima sacrificale –  non ha trovato riscontro, se non come il volto della modesta  parentesi della Giunta di Adriano Paroli, già bocciata nel 2013.

Lo stesso vano inseguimento di candidati civici – a partire dall’ing. Enrico Zampedri – è stato vissuto “en plein air” come lo spasmo irrisolto della ricerca d’un “sindaco straniero”. E gli on. Gelmini e Paroli come una volonterosa coppia di rabdomanti, un po’ spaesati, nei meandri d’una riluttante società civile.

Ma il valore di questa vittoria emerge ancor più dai valori assoluti dei voti, nel confronto tra elezioni politiche del 4 marzo e le amministrative di giugno.

Pur in presenza d’un calo di votanti, scesi al 57%, l’insieme del Centro Sinistra passa da circa 37 mila a 44 mila voti, guadagnando 7 mila voti. Il Centro Destra da 42 mila scende invece a 31 mila voti. Mentre il M5S tracolla dai 18 mila voti ai 4,5 mila. In sostanza Centro Destra e M5S perdono 24 mila elettori, pari a circa il 30% dell’elettorato. Un terremoto.

Si può altresì ipotizzare che gran parte dei 7 mila voti aggiuntivi del Centro Sinistra provengano dal M5S. Oltre che una parte dalla Civica di Francesco Onofri.

Segnali forti e chiari anche su scala nazionale emergono da tale analisi. Il primo ci dice che, pur in presenza d’una diversa linea nazionale, basata sull’autosufficienza d’un PD che desertifica il campo delle alleanze, nella realtà bresciana, viceversa, Del Bono ha allargato il campo delle alleanze e del civismo a livelli mai raggiunti in passato. Il PD bresciano ha inoltre fatto leva sul pluralismo interno. Anche in termini di candidature. Sinistra riformista politica e sociale inclusa. Promuovendo quindi uno spirito di lealtà, corresponsabilità, mobilitazione. Ha perseguito inoltre l’obbiettivo d’un partito coalizionale, perno dell’intera e più ampia alleanza.

E’ questo un esempio reale di “rigenerazione” del PD e del Centro Sinistra. E non già illusioni di Fronti Repubblicani, brutte copie di Macron,  funerali del PD, rottamazioni o scissioni.

“Ricostruttori e non demolitori”, dice Del Bono. L’anima della speranza d’un partito per la Città. E, sul piano nazionale, d’un PD per il Paese.

Questa vittoria mi riporta alla mente quella di Mino Martinazzoli, quando all’indomani della sconfitta elettorale del ‘94, vinse contro il ministro leghista Vito Gnutti, non con le “macchine da guerra”, ma con il Centro Sinistra ricostruito ed allargato. Fu il segno nazionale della riscossa che portò alla nascita dell’Ulivo. Una Città che parla al Paese – allora come oggi – non con presunzione, ma con convinzione.

La vittoria di Del Bono è di grande valore. Porta il segno inconfondibile della migliore storia dei riformismi, della sinistra laica, del cattolicesimo democratico e popolare, del civismo, dell’ambientalismo. Non come formule astratte, ma come politiche praticate.

Persino sui temi più complicati della immigrazione, che hanno portato il ministro Salvini in piazza Mercato ad urlare “cacciate Del Bono come tutti i sindaci PD”. Ma che nell’esperienza bresciana vedono invece Sindacati e Chiesa, Comuni ed Associazionismo in prima fila per la soluzione dei problemi dell’integrazione.

Ma quel “cacciate Del Bono”, è risuonato in una città civile come l’urlo primitivo d’una foresta nera. O d’un alieno. Ed è stato un buon viatico per il Sindaco stesso.

Si riflette sul voto di astensione. Sono convinto che una parte di quel “non voto” sia esso stesso…un voto. Il “voto” d’una Brescia moderata che, pur non volendo cambiar campo, non si è però sentita attratta da quell’urlo salviniano, da una chiamata alle armi. Nessun pericolo alle porte, la Loggia è affidabile. Da qui il voto del “non voto” d’una Brescia moderata, rassicurata dal modello sperimentato di buon governo e di coesione sociale. Di chi dice: non voto, tanto so che vince Del Bono e…mi  sta pure bene così.

*Presidente della Direzione Lombarda del PD

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