La quadra sui nomi in posizione certa, a Roma, è stata definita questa mattina alle 4. E per Brescia, a parte la rielezione dell’uscente Alfredo Bazoli, non ci sono buone notizie. Bazoli, infatti, potrebbe essere l’unico parlamentare bresciano della prossima legislatura a fronte di tre posti che il Pd locale porterà quasi sicuramente a casa il prossimo 4 marzo.
Il secondo posto utile per la Camera, infatti, andrà a una donna catapultata da Roma, silurando così l’orlandiana Miriam Cominelli (su cui a Brescia tutto il partito aveva trovato un accordo) e anche l’altra uscente Marina Berlinghieri (che però era già fuori). A rischio anche la conferma a Roma di Guido Galperti: non andrà in Senato, ma sarà la terza scelta per la Camera. E le sue sorti politiche sono comunque legate al fatto che la donna (inizialmente si era parlato di Barbara Pollastrini, poi dell’emiliana Micheli e addirittura della Boschi, mente le ultime voci indicano la siciliana Francesca Raciti) venga eletta anche in un altro collegio, in cui il Pd risulti percentualmente meno forte: in quel caso – per la legge elettorale – sarebbe obbligata a optare per quello. Se la paracadutata fosse la Raciti (candidata anche a Catania), Galperti avrebbe però buone speranze di essere eletto (nel 2013 il Pd prese il doppio a Brescia che a Catania).
Insomma: quasi tutti fuori. E non si tratta tanto di un affonto alle minoranze interne, visto che anche i renziani di ferro (da Galperti a Antonio Vivenzi, chiamato a giocarsi una difficile sfida nell’uninominale della città) escono indeboliti da questo passaggio. Bensì si tratta di uno schiaffo a Brescia: territorio che già non era rappresentato ai vertici del partito e al governo, ed ora sarà sottorappresentato anche in Parlamento.
Le liste per Roma (mancano soltanto i riempitivi in posizioni senza speranza), poi, potrebbero avere ricadute pesanti anche sulla Loggia, dato che i tre nomi indicati a Matteo Renzi (Bazoli, Cominelli e Galperti) erano frutto di una gestione unitaria del partito. Ed ora, a cascata, potrebbero accadere molte cose. La prima, di cui già si vocifera, sono le dimissioni di Claudio Bragaglio dalla direzione regionale del partito. Ma a questa mossa potrebbe seguire la scelta di molti di lasciare il Pd, per Leu o per una posizione di dissenso esterna al partito.
E se così fosse anche in Loggia (dove già si teme per le percentuali del voto politico del Pd) le ricadute potrebbero essere pesanti. Se infatti nel Pd si consumasse l’ennesima frattura – magari con la nascita di un nuovo soggetto – un pezzo importante del partito potrebbe essere quasi costretto a non sostenere il candidato del Partito democratico in Loggia. Ma anche i rapporti con la sinistra di Leu e con Fenaroli potrebbero subire un duro contraccolpo. Risultato? Con queste premesse a stappare lo spumante è oggi solo la candidata del centrodestra Paola Vilardi.
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