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Perché Brescia è meglio di Parigi

di Manuel Venturi* – Parigi. È sempre Parigi. Splendida, monumentale, baciata da un sole che non ci ha praticamente mai abbandonato per una settimana. Quando si vedono certe piazze immense, certi panorami mozzafiato, verrebbe voglia di trasferirsi all’istante, anche solo per l’idea di poterli assaporare tutti i giorni. Di percorrere a piedi i vialoni infiniti. Di giocare a scovare la Torre Eiffel che si nasconde dietro ai palazzi. Di riconoscere il profilo dei monumenti più famosi. Ma anche di trovare angoli poco frequentati, lontani dal turismo di massa, da cui ammirare la città dall’alto, i suoi tetti, i tesori nascosti che ogni zona sa regalare.

Ma c’è sempre il rovescio della medaglia. A volte basta spostarsi di pochi metri e la magnificenza lascia spazio al degrado. Parigi non è solo il volto scintillante della Torre, di Notre Dame, il bianco sfavillante del Sacro Cuore, i palazzi ottocenteschi, la simmetria e l’ordine degli Champs-Élysées, i balconi fioriti e curati, l’opulenza dell’Opéra. Parigi è anche vissuta da centinaia di senzatetto, che si arrangiano come possono. Centinaia (se non migliaia) di persone che vivono per strada, nelle stazioni e sui treni della metropolitana, nei parchi, sui marciapiedi, anche in prossimità delle grandi vie (ci sono persone accampate, con tanto di tende e transenne, ai piedi degli Champs-Élysées). Se ne vanno in giro imprecando, spesso ubriachi, cantano per qualche centesimo di euro, magari per comprarsi l’ennesima birra. Sono soli, ma non sempre: nella settimana in cui ho vissuto la città ho visto almeno dieci famiglie al completo, non “zingari” ma probabilmente francesi, appoggiate a un muro nella speranza che non piovesse e che qualcuno lasciasse qualche centesimo per potersi sfamare. Bambini e ragazzini senza futuro, lasciati sui marciapiedi nell’indifferenza quasi totale.

Ecco, l’indifferenza. Sembra un sentimento comune, in una città così grande. Forse è “normale”, per una metropoli. Forse è il segno dei tempi che stiamo vivendo, della paura che serpeggia anche a Parigi, che non si mostra in volto ma che si scorge nelle transenne che delimitano i monumenti principali e nelle decine di poliziotti per strada, con mitra in bella vista e sguardo perennemente vigile. Ieri, per una semplice manifestazione antifascista che coinvolgeva forse duecento persone, la stazione metro di Place de la Republique, in cui si intersecano ben 5 linee della metropolitana, è stata completamente chiusa, con un dispiegamento di forze apparentemente sproporzionato rispetto all’evento (ma comprensibile, visto la minaccia terroristica perenne).

La metro. La metropolitana bresciana è piccola, breve, avrà difetti, ma confrontata con quella di Parigi ne esce alla grande. Ovviamente fare paragoni sensati è impossibile, visto il numero di passeggeri parigini e il numero di linee che percorrono la città, ma mi chiedo come chi ha un passeggino (o, ancora peggio, una sedia a rotelle) possa utilizzare quotidianamente la metropolitana parigina. Gli ascensori sono pressoché inesistenti, anche nelle stazioni che si collegano a quelle ferroviarie. C’è una quantità infinita di scale da percorrere su e giù, lunghissime camminate apparentemente verso il nulla, molti treni sono vecchi e sporchi. Ci sono i tornelli, ma moltissimi li scavalcano senza ritegno o passano dalle porte d’uscita, quasi travolgendo chi sta effettivamente uscendo dalla stazione. Soprattutto, manca ciò che a Brescia diamo per scontato, ma che così scontato non è: esclusa la linea 1, tutte le altre sono sprovviste di barriere tra la banchina e i binari e il senso di insicurezza, soprattutto se si hanno due bambini piccoli, è parecchio alto. E quasi tutti se ne fregano degli altri: basta passare avanti, e se hai un passeggino, peggio per te. A nessuno viene in mente di farti sedere, nemmeno se in braccio hai una bambina che dorme e devi mantenere l’equilibrio in mezzo a una carrozza affollata. C’è anche chi regala un sorriso e ti saluta, ma mi sembra che la vita nella grande metropoli sia totalmente scollegata dalla dimensione umana. La nostra metropolitana è piccola, allungabile e migliorabile, ma è un gioiello che non dobbiamo dare per scontato.

In ultimo, la pulizia. Soprattutto su Facebook ci si lamenta della sporcizia di Brescia, in particolare in relazione alla raccolta differenziata. Anche qui, fare paragoni è arduo, ma vedere certi angoli di Parigi dà quasi il voltastomaco. Puzza di urina, muri completamente scritti, bivacchi, sporcizia in ogni dove, lasciata non solo dai “cattivi”, ma da chiunque. Anche francesi “doc” che non si preoccupano di lasciare sul prato, nei parchi, sulle rive del fiume o per strada qualunque tipo di rifiuto, dalle bottiglie di plastica che navigano placidamente su Canal Saint-Martin a sacchetti abbandonati ovunque. Allora ripensi a Brescia, alle (a volte giuste) polemiche per qualche sacchetto abbandonato, alle segnalazioni dell’inciviltà (di pochi) e metti tutto in prospettiva. Nel suo piccolo, la nostra città è bellissima. Molto più vivibile e umana di tante altre. E, allora, Parigi rimane sempre la città di cui io e mia moglie ci siamo innamorati (e in cui siamo andati 5 volte in 13 anni) e se ci pensi, ti manca sempre. Siamo tornati stamattina, e già ci manca e la voglia di tornarci è molta. Una parte del nostro cuore è là e lo sarà sempre. Ma il resto è qui. E probabilmente lo sarà sempre.

Ps Dimenticavo una cosa fondamentale. Si parla tanto dell’evasione fiscale in Italia, dei danni all’economia ecc ecc. In un settimana, tra supermercati, creperie, bar, ristoranti, negozi, in tutte le zone di Parigi, ci hanno rilasciato due scontrini, e probabilmente uno nemmeno era fiscale. E l’unico “giusto” arriva da Montmartre, considerata una delle zone turistiche più a rischio truffe e borseggiamenti. Così, per dire.

  • Testo da Facebook su gentile concessione dell’autore
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Published by
Redazione BsNews.it

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